· Città del Vaticano ·

Tra i bambini avvelenati di Cerro de Pasco, in Perú

Così si annienta una generazione

 Così si annienta una generazione  QUO-001
03 gennaio 2022

I bambini di Cerro de Pasco si stanno ammalando, e si stanno ammalando gravemente. Che la causa sia da ricercare nei metalli pesanti presenti nel loro organismo non lo sostiene uno sparuto gruppo di attivisti o l’associazione locale delle vittime; lo certifica lo studio pubblicato da Nature, la settima rivista più citata al mondo, riportando i risultati frutto delle analisi degli scienziati dell’ong italiana “Source International”, da 10 anni impegnata a seguire il caso di Cerro de Pasco. «La pubblicazione dei nostri studi sulla testata di riferimento della ricerca scientifica mondiale è un passo importante perché la comunità di Cerro ottenga giustizia. In particolare, i bambini, perché una società che non si cura di loro, è senza futuro», afferma il biologo Flaviano Bianchini, fondatore e direttore di Source International. Dalle analisi preliminari della scorsa estate è emerso che il quoziente intellettivo medio dei bambini di Cerro de Pasco è 18 punti inferiore a quello dei bambini di regioni limitrofe. «Il piombo blocca lo sviluppo del QI, che avviene nei primi 5 anni di vita; i risultati mostrano che l’inquinamento provoca un danno permanente e irreversibile sulla loro crescita cognitiva. Perfino nei capelli di questi bambini abbiamo riscontrato concentrazioni di piombo 42 volte superiori a quelle dei coetanei tedeschi», spiega Bianchini. Questo significa che tanti minori avranno ritardi nell’apprendimento, difficoltà di concentrazione, fragilità rispetto a dipendenze da droghe o alcool e comportamenti più facilmente violenti. «Non solo stanno privando i bambini di Cerro della loro salute, ma anche della possibilità di un futuro, destinandoli all’emarginazione e all’esclusione sociale. Anche quei pochi minori ancora in salute fisica, si trovano davanti un futuro negato con un inquinamento che sta di fatto sottraendo loro la possibilità di crescere», denuncia il biologo. Tutto ciò è la deriva della prospettiva in cui siamo immersi, secondo cui la tutela dell’ambiente è cosa a sé rispetto alla salute delle persone; tuttavia, il collegamento tra consumismo, inquinamento e qualità di vita è più che diretto. In questo senso, Cerro de Pasco è l’emblema della società moderna: «Il 100% dei minerali estratti dalle cave di Cerro, la cui miniera è controllata da una compagnia multinazionale con sede in Svizzera, viene esportata. In Perú non rimane nulla della ricchezza prodotta, solo scorie e inquinamento, che fanno ammalare i bambini. Noi riceviamo rame, oro e argento a basso prezzo, loro si ammalano e muoiono», sottolinea Bianchini, spiegando che «l’obiettivo è ottenere giustizia e risarcimenti per le popolazioni locali, oltre ad un piano di bonifica dell’area, per la quale occorreranno anni, visti i livelli di inquinamento». A questo scopo Source International si sta battendo con l’appoggio di altre organizzazioni, locali e internazionali, per sottoporre il caso di Cerro alle corti di giustizia sovranazionali (che, per altro, hanno già riconosciuto la correlazione di causa-effetto tra inquinamento e patologie sviluppate). La storia di Cerro, ubicata a 4.400 metri sul livello del mare, avrebbe potuto raccontare ben altro: annoverata tra le città più alte al mondo, avrebbe potuto figurare tra le località più suggestive e fiorenti dell’America Latina. I 70.000 abitanti di Cerro convivono, invece, con una miniera a cielo aperto che, nel corso di un secolo, ha visto alternarsi una dozzina di proprietà, nessuna delle quali mai interessate a investire in processi di estrazione e trasformazione dei minerali minimamente rispettosi della salute e dell’ambiente. Le scorie prodotte nella lavorazione dei minerali vengono accatastate per la città, l’acqua di scarico riversata all’aperto senza alcun trattamento preventivo e le polveri emesse tutt’attorno l’area delle cave. Le ricerche di Source International sui capelli dei bambini hanno rilevato concentrazioni elevatissime di 17 differenti metalli pesanti, molti dei quali tossici e cancerogeni, tra cui arsenico, piombo, mercurio e tallio. «Degli effetti a lungo termine sulla salute di questi piccoli ancora poco si sa, dal momento che, ad ora, la maggior parte degli studi sono stati condotti su intossicazioni acute da singolo elemento e non su forme croniche dovute a più di una dozzina di sostanze, ognuna delle quali con differenti effetti sull’organismo» sottolinea Bianchini, motivando la finalità delle indagini, uniche nel loro genere, condotte proprio a questo specifico scopo. Lo studio, infatti, non solo analizza le concentrazioni dei diversi livelli di tossicità, ma fornisce anche un’accurata analisi clinica. Un’équipe delle Università di Madrid, Santiago de Compostela e Coimbra, coordinata sempre da Source International, ha parallelamente concluso un’anamnesi clinica completa sia dei bambini della città mineraria, che di un secondo gruppo di Carhuamayo, una città a circa 40 chilometri di distanza, caratterizzata da condizioni climatiche e socioeconomiche simili, ma non direttamente esposta all’attività mineraria. La lettura degli esiti non lascia spazio ad alcuna interpretazione: specifiche patologie si manifestano nei bambini di Cerro in misura incredibilmente maggiore rispetto ai bambini di Carhuamayo. Costanti perdite di sangue da naso, ad esempio, colpiscono oltre la metà dei bambini di Cerro, rispetto al 6% di quelli di Carhuamayo. L’incidenza delle macchie bianche sulle unghie (segnale apparentemente non grave, in realtà, campanello di allarme di diffuse forme di leucemia) nei bambini della città mineraria è ben 12 volte maggiore che in quelli del gruppo di confronto; e ancora, il 20% dei bambini di Cerro presenta macchie sclerotiche sulla pelle, del tutto assente nei bambini di Carhuamayo, che, come per le unghie, è spia di gravi patologie. Non si contano, poi, i casi di pesanti disturbi gastrointestinali e comportamentali, incluse forme gravi di depressione infantile, collegate all’accumulo di elevate quantità di manganese e mercurio. Di fronte a tutto ciò, fino a che punto la nostra può dirsi “civiltà”, quando non protegge la vita delle creature più innocenti?

di Silvia Camisasca