· Città del Vaticano ·

La Buona Notizia Il Vangelo della ii Domenica dopo Natale (Giovanni 1, 1-18)

La luce del Verbo

28 dicembre 2021

Ci vuole un po’ d’incoscienza a commentare il Prologo del vangelo di Giovanni, perché ogni sua parola sprigiona mistero. Se ci si libera della preoccupazione di spiegarlo o di renderne conto in modo completo, è il testo stesso a venirci incontro con una buona domanda: “Dove credevi che fosse e cosa pensavi che facesse il Verbo prima di farsi carne e di venire ad abitare in mezzo a noi?”.

Nel Prologo si trova la risposta: il Verbo lasciava delle tracce di luce nella creazione. Secondo Giovanni, infatti, il Verbo si trova in mezzo alla tempesta del gesto creativo di Dio e vi si trova coinvolto in modo così stretto che nulla al mondo può dirsi estraneo al suo influsso.

Il testo non descrive in modo esplicito queste tracce, ma è molto chiaro nel mostrarne l’incertezza del destino: fin troppo facili da rifiutare, da strumentalizzare e persino da cancellare, eppure estremamente potenti per chi le riconosce e vi si affida. Lo si può intuire da ciò che è accaduto storicamente al Verbo incarnato.

Guardando alla vicenda di Gesù, si può dire che i semi del Verbo si trovino in tutti i processi in cui la vita nasce, si riprende o si sbilancia verso un bene appena sbocciato.

Se ne fa esperienza contemplando la natura nella sua forza vitale: così Mosè ha guardato il fuoco del roveto, Elia ha avvertito il mistero di un vento leggero, Geremia ha visto il ramo di mandorlo, Agar si è accorta della sorgente d’acqua in mezzo al deserto; così Giobbe ha provato a ri-vedere le sorgenti del mare, l’aurora che esce dal buio della notte, la pioggia sul deserto, la rugiada del mattino, il parto delle cerve, il vigore dei cavalli, lo sparviero che migra verso il sud, il canto del gallo che annuncia il giorno; così noi vogliamo guardare gli uccelli del cielo e i gigli del campo, il sole che sorge sui buoni e sui cattivi e la pioggia che bagna i giusti e gli ingiusti, il granello di senapa da cui nasce una pianta enorme e ogni seme che muore portando frutto.

Se ne fa esperienza vivendo. La luce del Verbo, infatti, illumina ogni essere umano che viene nel mondo e ci raggiunge singolarmente, nella contingenza spirituale, culturale, sociale e affettiva delle nostre piccole storie. Un elemento di grazia viene inscritto in noi fin dall’inizio e fa sì che ogni nostro vissuto sia già una risposta — consapevole o inconsapevole — alla sua presenza.

Dai vangeli impariamo che alcune esperienze ne rivelano le tracce in modo particolare: sono quelle in cui amiamo in modo sconfinato e gratuito, attraversiamo o incrociamo il dolore senza maledire la vita, speriamo nella pace dentro i conflitti o scommettiamo sulle possibilità di chi non ha credenziali. Questi vissuti ci accomunano, in un modo o nell’altro. Le tracce del Verbo si presentano dunque come passaggi capaci di avvicinare gli esseri, come sorgenti di prossimità.

In questo senso il Verbo — in cui il cristianesimo riconosce il volto femminile della Sapienza ebraica e l’identità originaria del Cristo incarnato — brilla come raggio vivo in tutte le religioni e in tutte le culture. È questa meravigliosa e affidabile presenza diffusa a farci sperare che possiamo davvero essere fratelli e sorelle in un mondo da abitare con cura.

di Lucia Vantini