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La Provvidenza di un imprevisto

 La Provvidenza di un imprevisto  QUO-292
23 dicembre 2021

Il cristianesimo si poggia su una serie fortunata di imprevisti. Il primo è la nascita di un bambino in una sperduta regione della Giudea. Nascere al tempo di Gesù era un gran rischio. È lo stesso rischio che corrono ancora oggi tutti quei bambini che vengono al mondo in quelle regioni della terra dove una certa globalizzazione ha solo tolto le risorse senza però lasciare nessun confort e nessun segno di quella che noi oggi chiamiamo civilizzazione. I bambini poveri nascono non nelle cliniche, ma dove capita. Vengono al mondo per espulsione della natura e non per decisione di qualche parto cesareo. Gesù nasce così. Nasce povero, in uno sperduto villaggio della Giudea di nome Betlemme (Mic 5, 1). E questo bambino non solo fin da subito combatte per restare in vita, nonostante sia nato in una stalla e adagiato in una mangiatoia (Lc 2, 7). Questo bambino nasce già con addosso la taglia dei potenti del tempo (Mt 2, 1-16).  Erode fin da subito manda il suo esercito a sterminarlo, e per sicurezza fa ammazzare tutti i bambini del contado dove si dice sia venuto al mondo. Ma “imprevedibilmente” si salva. Già “imprevedibilmente” era nato da una fanciulla Vergine (Is 7, 14). Poi “imprevedibilmente”, protetto dalla dedizione di un uomo che credeva ancora al valore dei “sogni”, Giuseppe, riesce ad espatriare, divenendo ancora piccolo, profugo (Mt 2, 13-15). Oggi si chiamerebbe “rifugiato politico”, ma alla gente piace chiamarli semplicemente stranieri.

L’Onnipotente ha un Figlio. E questo figlio è un bambino debole, povero e profugo. È improbabile che possa compiere quello per cui è venuto al mondo. Eppure “imprevedibilmente” ce la fa.

Molte volte la nostra vita, ci suggerisce che forse è improbabile che ci sia davvero un senso a tutto. Che esista davvero qualcosa che ci renderà felici. Che esista giustizia per tutti gli oppressi della storia. Consolazione per chi soffre in maniera innocente. Pace per chi vive l’inquietudine delle cose brutte. Eppure la nostra fede ci ricorda che “imprevedibilmente” questo può accadere. Ecco perché il Natale è una festa di immensa speranza, perché ci fa attendere a occhi spalancati l’arrivo di quell’“imprevisto” che cambia il finale di una partita quasi persa. Ma questo imprevisto non viene nella “gloria”, ma nella “fragilità” e nella “povertà” della nostra condizione umana. Per questo auguro a tutti di tener sempre da conto la propria umanità, anche se fragile, anche se ferita, anche se debole, anche se a volte indegna, perché in essa Cristo è voluto na-scere.

di Luigi Maria Epicoco