Dai migranti «che sono morti nel Canale della Manica» a «quelli ai confini della Bielorussia, molti dei quali sono bambini»; da «quelli che annegano nel Mediterraneo» a «quelli che sono rimpatriati, a Nord dell’Africa» venendo «catturati dai trafficanti, che li trasformano in schiavi: vendono le donne, torturano gli uomini». È una vera e propria “mappa” con le coordinate del drammatico fenomeno migratorio, quella “disegnata” da Papa Francesco all’Angelus domenicale; una “carta geografica del dolore” che il Pontefice indica a quanti «possono contribuire alla risoluzione di questi problemi, in particolare alle autorità civili e militari, affinché la comprensione e il dialogo prevalgano finalmente su ogni tipo di strumentalizzazione e orientino le volontà e gli sforzi verso soluzioni che rispettino l’umanità di queste persone». Una riflessione, quella al termine della preghiera mariana, ispirata ancora una volta dagli organizzatori del Giavera festival, ricevuti in udienza sabato e “ripresentatisi” spontaneamente domenica con una enorme bandiera formata da quelle “cucite” insieme delle tante nazionalità che partecipano al progetto di inclusione e integrazione portato avanti da un sacerdote trevigiano. E “accoglienza” è anche la parola chiave del messaggio inviato dal vescovo di Roma all’Organizzazione internazionale per le migrazioni in occasione del 70° anniversario di attività. Letto oggi dal cardinale segretario di Stato, il testo papale ricorda che i migranti non sono moneta di scambio ma persone reali, e che non si possono sfruttare sofferenza e disperazione per fini politici.
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29 novembre 2021
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