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I racconti della domenica Dal periodo dei giudici alla regalità in Israele

Samuele e il prezzo dell’intercessione

 Samuele e il prezzo dell’intercessione   QUO-259
13 novembre 2021

Figlio di Elkana e Anna, Samuele appartiene alla tribù di Efraim. Elkana ha un’altra moglie chiamata Penina che gli ha dato figli, mentre Anna non ha figli. La sterilità è considerata come una maledizione. Ella si reca presso il santuario di Silo dove è custodita l’arca dell’alleanza e prega in cuor suo. Ne ottiene un figlio che chiama Samuele e che consacra al Signore lasciandolo vivere presso Eli nel Tempio di Silo (1 Sam 1-2).

Prima di ritornare a casa, Anna piena di gioia ringrazia Dio perché il suo potere abbassa i superbi e solleva i deboli e gli indifesi. Egli dà alla sterile la fecondità, mentre la ricca di figli è sfiorita (2, 1-10). Maria la madre di Gesù conosce il cantico di Anna e lo cita nel suo Magnificat.

Nel santuario di Silo, nonostante la presenza del giusto sacerdote Eli, vivono i suoi due figli Ofni e Fines, che sono perversi e abusano delle donne che prestano servizio all’ingresso della tenda del convegno (1 Sam 2, 22). Di più non sono onesti nella ripartizione delle porzioni degli animali offerti. Gli piace approfittare della loro situazione e mangiare molta carne.

Samuele cresce nel Tempio e già da piccolo porta la veste sacerdotale. Sua madre si reca al tempio ogni anno portandogli in dono una piccola veste, quasi per assicurarlo della sua presenza. Anche Maria ogni anno fa il pellegrinaggio al Tempio benché non fosse un obbligo per le donne.

La parola di Dio in quell’epoca è rara, però Dio si manifesta al fanciullo. Per tre volte lo chiama di notte. Samuele pensa che il suo maestro Eli lo chiami. È il sacerdote ad istruirlo come rispondere se viene chiamato di nuovo: «Parla Signore, perché il tuo servo ti ascolta» (1 Sam 3).

Alla quarta chiamata, Dio nominandolo suo profeta, gli predice la punizione di Eli, per la debolezza dimostrata verso i figli degeneri. Al mattino Samuele rivela la profezia ad Eli, il quale da quel momento diventa un suo discepolo e dice: «Egli è il Signore. Faccia ciò che è bene ai suoi occhi».

«Il giovane Samuele cresceva davanti al Signore e agli uomini» (2, 26) — ritornello che Lc 2, 52 riprende per Gesù —, ma «Samuele non aveva ancora conosciuto il Signore e la parola del Signore non gli era ancora stata rivelata» (3, 7). Da ragazzo che ascolta, Samuele diventa uomo che parla: «Tutto Israele seppe che Samuele era stato costituito profeta del Signore» (3, 20). Come nuovo Mosè, Samuele è liberatore dell’oppressione filistea e intercessore presso Dio per chiedere la vittoria (1 Sam 7, 2-14).

Alcuni anni dopo Israele deve affrontare l’invasione dei Filistei. Gli ebrei subiscono una prima sconfitta ad Afek e poi una seconda più grave. I figli del sacerdote sono uccisi in guerra e l’arca dell’Alleanza portata nella battaglia come pegno della protezione divina è catturata dai Filistei e messa nel Tempio di Dagon. Ogni giorno la statua di Dagon giace con la faccia a terra davanti all’arca.

Eli è rimasto nel santuario di Silo. La notizia della perdita dell’arca lo fa cadere per il dolore dal seggio. Si fracassa il cranio e muore. La città di Silo viene poi distrutta, avverandosi del tutto la profezia di Samuele.

L’arca in mano dei Filistei causa loro molte sventure. Non c’è altra soluzione che di restituirla agli ebrei; ma non essendoci più il santuario, l’arca è tenuta per venti anni in vari posti. Al tempo del re Davide è riportata a Gerusalemme da Kyriat Yearim.

Samuele in questo periodo svolge il suo ministero profetico riportando gli israeliti al culto di Yhwh. Li raduna a Masfa e con preghiere, digiuni e confessioni dei peccati, li prepara alla guerra contro gli oppressori.

I filistei attaccano di nuovo Israele ma sono sconfitti e cacciati fino a Bet-Kar. Da allora non entrano più in Israele fino a quando Samuele è giudice.

Dopo la distruzione di Silo Samuele si trasferisce a Rama, suo paese natale. Ogni anno gira per il territorio d’Israele giudicando nelle vertenze e presiedendo adunanze.

I propri figli Ioel e Abijah non seguono le sue orme causando un malgoverno e la minaccia di nuova invasione filistea. Il popolo chiede a Samuele di rinunciare alla carica e di nominare un re, per marciare alla testa dei soldati.

Dopo alcune reticenze è convinto da Dio, a cui si è rivolto con la preghiera. Samuele consacra re Saul. Due tradizioni sono note. Nella prima l’unzione avviene in tre momenti: prima in privato a Rama, poi con il sorteggio a Masfa e finalmente a Galgala dove viene presentato al popolo. Samuele scrive il codice del diritto del Re, quindi si dimette da giudice.

Un’altra tradizione vuole che Samuele ha incontrato a Rama Saul che cercava le asine di suo padre e gli ha conferito l’unzione (1 Sam 9-10). «Samuele, amato dal suo Signore, di cui fu profeta, istituì la monarchia e consacrò i principi del suo popolo», riconosce il Siracide 46, 13.

Il profeta si reca da Saul dopo la grande battaglia contro gli Amaleciti per rimproverarlo di non aver adempiuto lo sterminio totale di quel popolo e di aver invece salvata la vita al Agag loro re. Di più ha preso per bottino tutti gli armenti migliori. Poi Samuele informa Saul che il Signore lo ha ripudiato come re. Passa la notte a pregare (1 Sam 15, 11), come lo fa Gesù in Lc 6, 12.

Su indicazione di Dio, Samuele si reca poi da Iesse il betlemita. Arrivato a Betlemme fa condurre davanti a sé i sette figli di Iesse, ma nessuno di loro gli viene indicato da Dio come il futuro re. C’è un ottavo figlio, Davide, il più piccolo che pascola le pecore. Fattolo venire, Samuele riconosce in lui il prescelto e con il corno dell’olio, alla presenza dei fratelli, lo consacra re d’Israele, poi ritorna a Rama. Samuele muore verso i novanta anni tra il compianto di tutti gli israeliti e viene seppellito nella sua proprietà di Rama.

Nello sviluppo della storia ebraica, Samuele rappresenta il periodo di transizione dall’ordinamento dei giudici a quello monarchico, e l’inizio della divisione dell’autorità religiosa-sacerdotale da quella laico-politica.

Samuele ha appreso dalla propria madre Anna come «stare davanti al Signore» e dal sacerdote Eli come ascoltare la parola di Dio. Più tardi, anch’egli conosce il prezzo dell’intercessione: «Quanto a me, non sia mai che io pecchi contro il Signore, tralasciando di supplicare per voi e di indicarvi la via buona e retta» (1 Sam 12, 23). Gesù ha imparato dalla propria madre a pregare e diventa l’intercessore per eccellenza. È normale che Samuele sia chiamato dai Padri della Chiesa typus Christi a partire da san Cipriano (PL 4, 689).

di Frederic Manns