· Città del Vaticano ·

Ignorati dai media i vincitori dei più importanti concorsi internazionali di violino e pianoforte

Campioni del mondo
ma nessuno lo sa

 Campioni del mondo ma nessuno lo sa  QUO-251
04 novembre 2021

Tutti campioni d’Europa. Che poi che significherà di preciso se non sei stato tu a scendere in campo quella sera? Comunque siamo tutti campioni d’Europa. Seguono riconoscimenti dalle cariche istituzionali, pubblicità più o meno edificanti, giro turistico su bus aperto in tempo di Covid. (Si può fare, se sei campione d’Europa). E poi cento metri piani, staffette, salto in alto, ciclismo, pallavolo. Eccezionale. E gli inglesi? Disperati. Che bello! Ma poi perché? Ah giusto, perfida Albione. Allora va bene. Quindi siamo campioni, praticamente di tutto.

Pare pure di violino e di pianoforte. Seguono anche qui riconoscimenti dalle cariche istituzionali? Meno. Giro turistico su bus scoperto? No, c’è il Covid e poi non ci sono i soldi per il bus. Pubblicità, magari di formaggini? No, non li comprerebbe nessuno. Intervista al telegiornale? Troppo pieno. Edizione della notte? Troppo tardi.

Peccato per Giuseppe Gibboni, 20 anni, primo classificato al concorso violinistico Paganini di Genova. Non succedeva da 24 anni che vincesse un italiano. Certo l’europeo di calcio mancava da più tempo, è vero. Se ne potrebbe dedurre che i violinisti della Penisola sono stati più bravi dei calciatori. «E quanto sei noioso».

Magari però a Gibboni non interessa. Ha una carriera internazionale assicurata, ha vinto praticamente il mondiale di violino: un virtuoso come Maradona ma con il collo sempre girato da una parte. Non guadagnerà come Ronaldo, ma un po’ di più dei centometristi e dei saltatori in alto. Un risultato eccezionale lo hanno ottenuto anche altri due italiani, questa volta pianisti, finalisti al Concorso Chopin di Varsavia. Leonora Armellini, 29 anni, è arrivata quinta, mentre il secondo premio è andato al ventisettenne Alexander Gadjiev. Anche per loro si apre una carriera in tutto il mondo, con tanti complimenti dagli addetti ai lavori e poca visibilità sui media. Perché non interessa.

E allora possiamo parlare all’infinito di cultura come “petrolio dell’Italia”, o aprire splendide piattaforme online come ItsArt, piene di capolavori a bassissimo costo, continueremo comunque a riversarci in massa su Dazn, sperando che funzioni, perché ci troveremo quello che conosciamo meglio: i campioni d’Europa, bravissimi per carità, e qualche tennista quando vince. Della maggior parte dei geniali musicisti che produce il Paese continueremo a ignorare non lo stile, ma il nome. Tranne quello di un paio di direttori d’orchestra che per fortuna hanno rotto il muro del silenzio. Non ci esalteranno gli acuti dei cantanti, non ci farà piangere il concerto per clarinetto e orchestra di Copland, non ci immalinconirà una Ballata di Chopin, e non ci sentiremo ancora più europei ascoltando l’ultimo movimento della Nona di Beethoven. Evidentemente roba noiosa.

È andata così, bisogna farsene una ragione. Si potrebbe sperare almeno in una sensazione di mancanza, di un buco nella conoscenza se non proprio nell’anima. Purtroppo non accade nemmeno questo, almeno da quando abbiamo deciso che chi non ha letto Manzoni è ignorante e chi non ha ascoltato Verdi è solo troppo impegnato.

È la solita predica. È vero. E poi se certe notizie non appaiono sui notiziari è perché i direttori pensano che la maggior parte degli spettatori cambierebbe canale se si parlasse di violini e di pianoforti, mentre alzerebbe il volume per sapere cosa ha twittato l’aspirante fidanzata di un terzino sinistro.

Forse è anche vero, però non è così ovunque. In qualche Nazione di grande tradizione musicale c’è chi va ai concerti più spesso che in Italia, chi è interessato a conoscere il nome del vincitore del Paganini e vorrebbe anche che fosse un suo connazionale, chi segue il Concorso Chopin, e se proprio è appassionato pure il Busoni, che magari non sarà il mondiale di pianoforte, ma l’europeo sì, e si svolge a Bolzano. Ma quelli sono Paesi dove insegnano musica a scuola, dove hanno un passato glorioso, dove hanno inventato il melodramma.

Ma il melodramma non era nato in Italia? «E quanto sei noioso».

di Marcello Filotei