· Città del Vaticano ·

La storia

Quando il tatuaggio
è un segno di devozione

 Quando il tatuaggio è un segno di devozione  QUO-250
03 novembre 2021

L'originale iniziativa dell'organo educativo cattolico tedesco degli adulti
in una chiesa di Francoforte sul Meno


Nulla di proibito, di sacrilego, anzi una secolare tradizione cristiana, un segno di devozione, che «ci plasma per tutta la vita»: Markus Breuer, presidente della Katholischen Erwachsenenbildung (Keb) di Francoforte sul Meno, organismo educativo (collegato alla Chiesa) che lavora con gli adulti, si affretta a sgomberare il campo da qualsiasi dubbio: tatuare la propria pelle non è incompatibile con la religione cristiana ed effettuare un tatuaggio davanti all’altare non può essere considerato un atto di profanazione. Qualche settimana fa, nella navata gotica della Liebfrauenkirche della città tedesca, si è potuto assistere a una scena insolita (che ai cattolici più “ortodossi” è sembrata quasi una provocazione): Silas Becks, 39 anni, artista-tatuatore di Stoccarda, circondato da cameraman televisivi e fotografi, ha dato il via, con il sostegno della diocesi di Limburg (nel cui territorio Francoforte si trova), alla campagna Tätowieren vor dem Altar, “Tatuare davanti all’altare”, organizzata dalla Keb. E a benedire gli utensili è intervenuto addirittura il frate cappuccino Paulus Terwitte, 62 anni, a capo del monastero di Liebfrauen, personaggio noto in Germania in virtù del suo impegno nelle questioni sociali, autore di libri e presentatore televisivo, ma soprattutto “anima” della Fondazione Franziskustreff che si occupa di assistere poveri e senzatetto.

«Nell’antichità decorare o marchiare il corpo per testimoniare la propria fede era una caratteristica dei cristiani» e tale tradizione può essere considerata in definitiva un “segno di devozione”, ha affermato il religioso, precisando che «ovviamente dipende anche dal tatuaggio»: un teschio insomma susciterebbe delle domande, ma non certo una croce o la scritta “Fede” o “Cielo”, fra gli otto piccoli motivi calligrafici di carattere religioso che, chi si è sottoposto al tatuaggio di Becks, ha potuto scegliere.

Quasi un tedesco su cinque è tatuato e fra i giovani adulti uno su due, precisa Breuer, osservando che «portare queste immagini eterne sul proprio corpo è cosa ancora molto diffusa, soprattutto nei luoghi di pellegrinaggio, come una sorta di timbro nel libro di viaggio». Si possono trovare molti resoconti da Gerusalemme, Loreto, Santiago de Compostela o nei Balcani, dove si legge che «i francescani in particolare tatuavano i pellegrini» e collegamenti fra tatuaggio e battesimo. Soprattutto nel Medioevo — dice ancora il presidente della Katholischen Erwachsenenbildung — i francescani cercarono di imitare le sofferenze di Cristo e di renderle tangibili, anche con i tatuaggi (usando spesso il “Tau” o le stimmate del santo di Assisi come simboli). Cita inoltre il Catechismo della Chiesa cattolica: «Il sigillo è un simbolo vicino a quello dell’unzione. Infatti su Cristo “Dio ha messo il suo sigillo” (Giovanni, 6, 27), e in lui il Padre segna anche noi con il suo sigillo. Poiché indica l’effetto indelebile dell’unzione dello Spirito Santo nei sacramenti del Battesimo, della Confermazione e dell’Ordine, l’immagine del sigillo (sphragis), è stata utilizzata in certe tradizioni teologiche per esprimere il “carattere” indelebile impresso da questi tre sacramenti che non possono essere ripetuti» (698).

Con questa campagna, che è solo all’inizio, l’Educazione cattolica degli adulti tedesca vuole dimostrare che la Chiesa è vicina al suo popolo, in particolare ai giovani. E se teologicamente il battesimo ha un character indelebilis, perché non considerare una croce o una preghiera tatuata, il volto di Gesù o il cuore della Madonna Addolorata trafitto da sette spade come sigillo “per sempre” di appartenenza alla fede cristiana? «Non spaventarti dei tatuaggi», ha risposto Papa Francesco il 19 marzo 2018 a un giovane del Pontificio collegio internazionale Maria Mater Ecclesiae: «Gli eritrei, da anni, si facevano la croce qui (sulla fronte), anche oggi li vediamo. Si tatuavano la croce. […] Il tatuaggio indica appartenenza». E ancora, all’udienza generale del 20 febbraio 2019: «Oggi è di moda il tatuaggio: “Sulle palme delle mie mani ti ho disegnato” (Isaia, 49, 16). Ho fatto un tatuaggio di te sulle mie mani. Io sono nelle mani di Dio, così, e non posso toglierlo».

Tanto è stato il successo che l’evento Tätowieren vor dem Altar nella Liebfrauenkirche di Francoforte si ripeterà. «Non ci saremmo aspettati una risposta così grande», ha detto Markus Breuer: «Fuori della chiesa c’erano più di trenta persone che volevano essere tatuate e altre duecento si sono già prenotate per la prossima volta».

di Giovanni Zavatta