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I racconti della domenica

Hulda la profetessa

 Hulda  la profetessa  QUO-242
23 ottobre 2021

Tutti i pellegrini che visitano la spianata del Tempio a Gerusalemme hanno familiarità con le Porte di Hulda che danno accesso al santuario. La memoria di una profetessa è legata al luogo sacro.

Non sono molte le donne chiamate profetesse nell’Antico Testamento. Accanto a Miryam, sorella di Mosè (Es 15, 20), che fa ballare le donne uscite dall’Egitto, e Debora (Gdc 4, 4) moglie di Lapidot, che pronuncia un canto in onore di Giaele che ha ucciso il generale dei Cananei di nome Sisara, abbiamo solo Hulda che merita questo qualificativo (2Re 22, 14). Hulda vive sotto il regno del re Giosia. Il re devoto è rimasto nella memoria collettiva del popolo, in contrasto con i re che lo avevano preceduto, dei quali si dice «egli fece ciò che era male agli occhi del Signore» (2Cr 33, 2.22). Fin dall’inizio del suo regno, Giosia decide di fare ciò che è giusto agli occhi del Signore (2Cr 34, 2). Purifica la terra dagli idoli eretti dai suoi predecessori. Demolisce, abbatte, rompe gli altari e le colonne idolatriche in tutta la terra d’Israele. Dopo di ciò, è importante per lui riparare la casa del Signore, il Tempio. È durante i lavori nel tempio che il sommo sacerdote Hilkija trova il libro della legge del Signore. Rendendosi conto dell’importanza di questo libro, lo invia al re. Shaphan, lo scriba, non sembra essere della stessa opinione. È solo dopo aver riferito sullo stato di avanzamento dei lavori di riparazione del tempio che dice: Hilkija mi ha dato un libro. Il re Giosia gli chiede di leggerlo. Sentendo le parole della legge di Dio, il re è costernato, si strappa le vesti in segno di profonda umiliazione.

Giosia si rende conto che tutto ciò che ha fatto finora non ha alcun valore di fronte al peccato d’Israele. I suoi padri non hanno osservato la parola del Signore di fare secondo tutto ciò che è scritto in questo libro. La sua angoscia è grande: «Va’, consulta il Signore per me e per il resto del mio popolo», grida.

Non è da Hilkija, anche se sommo sacerdote, che si cerca la parola del Signore. La sua condizione spirituale non lo qualifica per questo servizio. Anche il profeta Sofonia che vive in quel tempo (Sof 1, 1) non è consultato, nemmeno il profeta Geremia. Si rivolgono a Hulda, la profetessa, che Dio ha preparato per questo servizio.

Chi è Hulda? Hulda significa “donnola”. La donnola è un animale piccolo e molto discreto che vive di notte. Il suo comportamento è caratteristico. Spesso si siede sulle zampe posteriori e si alza per osservare ciò che lo circonda, girando la testa da entrambi i lati. Hulda ha ricevuto il suo nome perché è stata discreta, non si è fatta avanti. Era sempre attenta a discernere in tutto ciò che vede qual è la mente di Dio, come Dio le parla.

Anche suo marito chiamato Shallum (“retribuzione”) ha un nome simbolico. È il guardarobiere del palazzo reale (2Re 22, 14) ed è per questo motivo che Hulda è nota al re. La sua è un’attività regolare, forse non molto gratificante né molto varia, ma sempre al servizio degli altri. L’esercizio della sua professione testimonia la sua lealtà e probità.

Vive a Gerusalemme, nel cuore del Paese. Partecipa ai dolori e alle gioie di tutti come residente di questo luogo. Il suo interesse per il popolo è evidente. Non occupa una posizione di rilievo, abita nel secondo quartiere della città (2Cr 34, 22).

In sintesi, Hulda si presenta discreta, sempre in ascolto, attenta a discernere come il Signore vuole parlarle, a comprendere la mente di Dio. Cerca la sua approvazione in tutto ciò che fa. Possiede una forza interiore che la caratterizza come una donna degna e virtuosa. La sua bellezza non risiede nel suo aspetto esteriore, ma nello splendore di colei che vive nascosta nel suo cuore. La sua umile professione la mette al servizio degli altri, che le danno totale fiducia.

Quando Hilkija e il popolo le spiegano la situazione, Hulda, la profetessa, afferra immediatamente la mente di Dio e dice loro senza aspettare un attimo: «Così dice Dio». Lei sa che risposta dare. Non chiede un periodo di riflessione di qualche giorno, e nemmeno una notte, dà spontaneamente la risposta del Signore. È pronta a comunicare la risposta di Dio alla situazione di crisi vissuta in quel momento. L’attenzione e l’ascolto del pensiero di Dio in ogni momento, la disponibilità a comunicarlo in una situazione critica la caratterizzano. Annuncia in modo perentorio il castigo divino, visto che il popolo non mette in pratica quello che è scritto nel libro, probabilmente il centro del libro del Deuteronomio. Poi annuncia al Re che non avrebbe visto la sciagura conoscendo la sua pietà.

La profetessa e il profeta che hanno ricevuto lo Spirito di Dio non sono quelli che annunciano eventi futuri. Sono in grado di leggere e interpretare i segni dei tempi. I profeti non sono affatto indovini, né cortigiani. Parlano in nome di Dio.

Nel trattato Megilla 14a del Talmud di Babilonia si afferma che il re Giosia prevedeva che Geremia non avrebbe provato alcun risentimento per essere stato posposto a una persona della sua famiglia. Il motivo per il quale Giosia manda i suoi ufficiali a lei, è perché, essendo donna, è più sensibile alla sofferenza per ciò che il Signore ha compiuto. L’obbedienza dei capi maschi alla parola di Dio trasmessa da una donna ha innescato quello che è forse il più grande risveglio nella storia d’Israele (2Re 22, 14 - 23, 25).

di Frederic Manns