Trasmettere «attraverso documenti e immagini» una storia lunga trentasei anni «di lavoro svolto da diplomatici, da entrambe le parti, per favorire un dialogo reciproco». Così l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, ha riassunto l’obiettivo della mostra «Serbia e Vaticano 1878-1914», inaugurandola nel tardo pomeriggio di ieri, 18 ottobre, alla Pontificia università Lateranense. Un dialogo, ha detto il presule, che come ha scritto Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti, «richiede perseveranza; comporta momenti di silenzio e di sofferenza».
Alla presenza del ministro degli Affari esteri della Repubblica di Serbia, Nikola Selaković, monsignor Gallagher ha evidenziato l’importanza dei rapporti tra le due realtà «all’interno del complesso quadro politico di quella regione», ripercorrendone gli sviluppi tra la fine del xix e l’inizio del xx secolo. Un periodo segnato da difficili circostanze internazionali, in cui «sia Belgrado che il Vaticano cercarono di migliorare le loro relazioni, affrontando diverse sfide derivanti dalle differenze politiche e religiose» ha spiegato Gallagher.
Curata dall’archivio di Stato serbo, l’esposizione ripercorre la questione, spesso delicata e impegnativa, relativa alle relazioni dei popoli dei Balcani con il Vaticano, a partire dal Trattato di Berlino firmato il 13 luglio 1878, quando la Serbia ottenne l’indipendenza dalla Turchia. La mostra si sarebbe dovuta svolgere lo scorso anno ma era stata rimandata a causa della pandemia di covid-19. Nel 2020, infatti, ricorreva il centenario delle relazioni, instaurate ufficialmente nel marzo 1920 con l’apertura delle missioni diplomatiche a Belgrado e a Roma, dopo la fine della prima guerra mondiale. La notizia della nomina di monsignor Francesco Cherubini, nunzio apostolico «presso il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni» il 2 marzo 1920 da parte di Benedetto xv , venne riportata su «L’Osservatore Romano» del giorno dopo. Sul giornale del 14 marzo poi, sempre su “Nostre Informazioni”, veniva comunicata ufficialmente l’udienza del Papa al «Dott. Luigi Bakotic, Ministro Plenipotenziario e Inviato Straordinario di S. M. il Re dei Serbi-Croati-Sloveni, il quale ha presentato le lettere che lo accreditano in tale qualifica presso la S. Sede».
Proprio Lujo Bakotic, pochi anni prima, era stato il rappresentante diplomatico e negoziatore effettivo della Serbia per il raggiungimento del Concordato con la Santa Sede, siglato il 24 giugno 1914 — alla vigilia del primo conflitto mondiale — dal cardinale Raffaele Merry del Val, segretario di Stato e Milenko R. Vesnić, in qualità di «Plenipotenziario di Sua Maestà Pietro i Re di Serbia». La foto che ritrae i due firmatari nell’appartamento del porporato è stata scelta come locandina della mostra. Alla firma dell’accordo erano presenti i monsignori Eugenio Pacelli, all’epoca segretario della Congregazione per gli affari ecclesiastici straordinari e principale negoziatore per il Vaticano, e Nicola Canali, sostituto della segreteria di Stato. Un Concordato che — come ha ricordato Gallagher — «purtroppo non venne attuato, né raggiunse gli obiettivi sperati», sebbene contribuì notevolmente all’avvio delle relazioni diplomatiche.
Infine il segretario per i Rapporti con gli Stati ha concluso auspicando che «lo studio continuo della storia delle relazioni internazionali possa ispirare le nuove generazioni, affinché contribuiscano a costruire una società sempre più caratterizzata dalla cooperazione reciproca e dalla ricerca del bene comune».