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Il tempo dello Spirito

 Il tempo dello Spirito  QUO-234
14 ottobre 2021

«Adsumus Sancte Spiritus, stiamo davanti a te, Spirito Santo, riuniti nel tuo nome». La giornata di riflessione del 9 ottobre, l’Eucaristia di domenica 10 ottobre nella basilica di San Pietro, presieduta dal Santo Padre, e l’apertura nelle diocesi di domenica 17, segnano l’inizio dell’itinerario sinodale, antico come realtà fondata sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione della Chiesa, e nuovo nella sua impostazione e nel metodo di lavoro.

Papa Francesco ha inaugurato il Sinodo; la fase preparatoria è già un Sinodo. È un errore ridurre la sinodalità all’assemblea del Sinodo dei vescovi. È la Chiesa che è sinodale e non solo i vescovi. Abbiamo iniziato un itinerario che culminerà, tra qualche anno, nell’assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi, e poi i risultati saranno restituiti alle diocesi per essere sviluppati nella fase di attuazione. Questo itinerario cerca di rivitalizzare nella Chiesa la dimensione sinodale, che appartiene alla sua essenza. E ci offre una chiave per comprendere le quattro note ecclesiali: unità, santità, cattolicità e apostolicità. Non aggiunge qualcosa di nuovo, ma è il modo di essere Chiesa.

Così, la sinodalità non è un’invenzione o un concetto, diciamo, innovativo. Appartiene alla dimensione costitutiva della Chiesa perché in essa camminiamo tutti insieme; si riferisce al dinamismo della fede vissuta nell’unità pluriforme. Camminare insieme, syn-odós.

Camminare. Il Battesimo ci incorpora a Cristo, ci coinvolge nella sua opera salvifica, ci rende partecipi e testimoni della Buona Novella e ci chiama a collaborare attivamente con lui. Cristo non è un ricordo del passato, né un mero oggetto di culto; non possiamo ridurlo a un’idea o farne un mero concetto dottrinale. È una persona viva che conosciamo per esperienza personale. E questa esperienza ci porta alla necessità sia di conoscerlo meglio sia di condividerlo e comunicarlo, mettendo in pratica il Vangelo con un entusiasmo traboccante. Questa dimensione dinamica della fede è ciò che chiamiamo «camminare sulla via» con Cristo.

Insieme. Non in solitudine, ma in comunità, in famiglia. Viviamo la fede condivisa, insieme agli altri, nella relazione e nella partecipazione. Il cristianesimo non è un esercizio di egoismo, ma un’esperienza di carità. Dall’io passiamo al noi. Nessuno è sopra o sotto. Tutti siamo corresponsabili, tutti siamo protagonisti, tutti mettiamo al servizio degli altri i doni che abbiamo ricevuto e la vocazione a cui siamo stati chiamati. Senza laicizzare il clero o clericalizzare i laici. In questo cammino sinodale, non si tratta di consultare o ascoltare “il” popolo di Dio, ponendoci al di fuori di esso. Ma “nel” e “dal” popolo di Dio, di cui facciamo parte. La fede cristiana è comunione. Questo è ciò che intendiamo quando diciamo “insieme”.

Ecco perché la sinodalità appartiene all’essere della Chiesa e tutti i cristiani sono synodoi (compagni di strada). Questo implica una grande responsabilità. Partecipare, essere coinvolti o meno in questo processo, ha un impatto comunitario. Siamo tutti necessari in questo evento dello Spirito, questo soffio d’aria fresca che porta speranza certa in un’epoca segnata, in gran parte, dalla paura, dalla vergogna e dal dolore. Abbiamo la possibilità di essere canali della grazia di Dio, strumenti dello Spirito in una Chiesa viva, portando una testimonianza credibile di Cristo nel nostro mondo e nella nostra storia.

Il Sinodo è un tempo abitato dallo Spirito Santo, ha ricordato il Papa. Questo ha due importanti conseguenze. La prima è che la dimensione spirituale è la garanzia di non prendere la strada sbagliata, la garanzia contro la paura: sia di tutto ciò che rimane uguale, con la conseguente frustrazione, sia di una deriva verso l’assemblea, con il conseguente confronto. E la seconda è che, come tutto ciò che ha a che fare con Dio, richiede una conversione da parte nostra. Questa è la chiamata fatta oggi a ogni cristiano per vivere questa opportunità di grazia, questo kairos che ci è dato.

Conversione in umiltà. Solo il cuore umile è capace di essere aperto alle meraviglie di Dio, con le quali ci sorprende e ci stupisce. L’umiltà ci dà occhi per vedere e orecchie per sentire; solo gli umili possono capire. «Umile, umile: è la virtù cristiana che tocca tutti», diceva Papa Giovanni Paolo i .

Conversione all’amore. Questo è il più importante, l’unico comandamento. Ciò che è Dio (cfr. 1 Gv 4, 16). L’amore è ciò che dà senso alle azioni, nutre le verità e impedisce che siano parole vuote (cfr. 1 Cor 13, 1-3). L’amore è il fondamento della comunione fraterna e ci spinge a testimoniare radicalmente e coraggiosamente il messaggio del Vangelo. Se abbiamo perso il nostro amore primordiale, dobbiamo recuperarlo. Se lo abbiamo, siamo chiamati ad approfondirlo.

La Chiesa sinodale non è la Chiesa degli attivisti o dei funzionari, ma dei testimoni; non è la Chiesa del potere o dell’ambizione, ma del servizio; non è la Chiesa dello scontro o dell’esclusione, ma dell’accoglienza e dell’integrazione; non è la Chiesa della morte, in tutte le sue realtà, ma della vita. «Convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1, 15). La conversione è un cambiamento di mentalità e, di conseguenza, di comportamento, che si concretizza in una nuova condotta. È orientare la propria vita da una prospettiva diversa, verso ciò che conta veramente.

L’inizio del cammino sinodale ci invita a fermarci per alcuni momenti, nella preghiera, nel dialogo con Colui che è la ragione della nostra vita, per rafforzare o forse recuperare il nostro primo amore. E così ci mettiamo in cammino per «incontrare», «ascoltare» e «discernere», assumendo con gioia traboccante il dono dello Spirito, che si comunica a noi, imprevedibile e imprevisto, Signore e datore di vita. Il Sinodo inizia. «Ecco, io faccio una cosa nuova; sta già nascendo, non lo vedete?» (Is 43, 18).

*Vescovo sotto-segretario del Sinodo dei vescovi

di Luis Marín de San Martín*