Il processo vaticano sulla gestione dei fondi della Santa Sede va avanti: nell’udienza di ieri, 5 ottobre, nell’aula polifunzionale dei Musei vaticani, sembrava paventarsi una battuta d’arresto o, meglio — usando le parole degli avvocati sia di accusa che di difesa — un «azzeramento» dell’intero procedimento giudiziario. Ma la decisione del Tribunale presieduto da Giuseppe Pignatone è stata diversa. I difensori dei dieci imputati (laici ed ecclesiastici, tra cui l’ex sostituto della Segreteria di Stato, il cardinale Angelo Becciu) eccepivano l’«omesso deposito degli atti» da parte dei promotori di Giustizia e altre «carenze» nella fase istruttoria, come il mancato interrogatorio dei loro assistiti, chiedendo pertanto la «nullità» del decreto di citazione a giudizio. D’altra parte, il promotore aggiunto, Alessandro Diddi, aveva avanzato una richiesta da lui stesso definita «sorprendente» e cioè la «restituzione degli atti» all’Ufficio del promotore di Giustizia per procedere al «corretto interrogatorio» di alcuni imputati.
Pignatone, con a latere i giudici Venerando Marano e Carlo Bonzano, ha voluto prendere tempo e ha rimandato tutto a oggi alle 9.30. In una seduta di circa venti minuti, dinanzi ad avvocati e giornalisti e solo il cardinale Becciu tra gli imputati, ha letto un’ordinanza con la quale ha di fatto accolto le istanze di entrambe le parti. Da un lato, il presidente del Tribunale vaticano ha stabilito la parziale restituzione all’Ufficio del promotore degli atti, limitatamente ad alcuni imputati e ai reati loro ascritti; dall’altro, l’obbligo entro il 3 novembre di depositare la documentazione mancante, in primis le registrazioni audio-video degli interrogatori a monsignor Alberto Perlasca, considerato il principale testimone del processo. Nell’ordinanza si chiede di chiarire la posizione del monsignore: «Se sia imputato in questo o in altri procedimenti e per quali reati».
Per dodici anni responsabile dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, il prelato comasco figurava inizialmente tra gli indagati; per cinque volte lo scorso anno è stato interrogato dai magistrati, le ultime tre come persona informata dei fatti. Ad agosto si era presentato spontaneamente per rendere delle dichiarazioni senza l’avvocato Rita Claudia Baffioni, alla quale successivamente ha revocato l’incarico. Di questi interrogatori, al momento risulta agli atti solo un verbale di sintesi.
Nella prima udienza del processo del 27 luglio scorso, Pignatone aveva ordinato ai promotori di Giustizia di consegnare entro il 10 agosto tutte le registrazioni di Perlasca. Ma i magistrati, il giorno prima, hanno comunicato che non avrebbero depositato il materiale motivando la decisione con il rischio di una divulgazione indebita dei file audio e video che avrebbe «irreparabilmente compromesso il diritto alla riservatezza delle persone coinvolte». Un fatto «inaccettabile» che avrebbe «impedito il corretto esercizio della difesa», secondo i legali difensori, che nell’udienza di ieri hanno affermato insistentemente che si sarebbero opposti fino a quando non avrebbero potuto visionare tale materiale considerato la «prova regina». Nell’ordinanza di oggi i giudici affermano che «non si comprende come la tutela della privacy possa essere messa a rischio dalla pubblicità, propria della sede dibattimentale» di interrogatori per loro natura non sottoposti a segreto, tantomeno si comprende come si possa violare la riservatezza di dichiarazioni che l’accusa stessa ha indicato come «fonti di prova» per la citazione a giudizio degli imputati. Stesse considerazioni valgono anche per intercettazioni o supporti informatici, di cui le parti hanno diritto di prendere completa visione presso il luogo dove sono tuttora custodite, cioè i locali dell’Ufficio del promotore di Giustizia.
Allo stesso tempo, Pignatone ha disposto la parziale restituzione degli atti al promotore di Giustizia per gli imputati: monsignor Mauro Carlino, per tutti i reati ascritti; Enrico Crasso, per alcuni reati; Tommaso Di Ruzza, ex direttore dell’Autorità di informazione finanziaria (Aif), per alcuni reati; Raffaele Mincione, Nicola Squillace, Fabrizio Tirabassi per tutti i reati ascritti. Per il cardinale Becciu si procederà invece a un nuovo interrogatorio limitatamente ai reati di subornazione (il tentativo di far ritrattare Perlasca da quanto dichiarato) e peculato (i versamenti di importi attinti dai fondi della Segreteria di Stato alla cooperativa Spes Coop Social, rappresentata legalmente dal fratello Antonino).
Con questa ordinanza, il presidente Pignatone ha quindi accolto le istanze di entrambe le parti.
La prossima udienza è fissata per il 17 novembre.
di Salvatore Cernuzio