“L’anno 1589 si monacò la detta zitella, suor Faustina Fioravante. Con dote di scudi 350 e scudi 100 pagò per non fare offitii, trenta scudi di entrata l’anno e quanto voleva e sapeva chieder di casa sua. Si era questa giovine gonfiata di superbia […] Volze la detta giovine vestirsi alla romana: una tonica di rascia finissima tenta, bertina, soprietto di tela di Olanda con la salda, pianelle di legno e tele finissime per servitio della sua persona; lettiera secolaresca, tavolino e casse di noce, e sgabelli per l’appoggio”.
L’annotazione non è peregrina: in quegli anni le monache del monastero di Santa Rosa di Viterbo infatti non se la passavano bene.
“Il monasterio altro non era che un casalino disfatto, le mura aricciate, il pavimento parte con il calcestruzzo e parte terraccio, senza soffitto, poco riparate dal sole e dal acqua. In tutto avevono diciannove celle e tutte con il cammino, tanto brutte e cattive, che fa compassione i ricordarsene. Il vestire assai rapezzato, acquato la magior parte dell’anno, l’estate qualche poco di vino. Dormivano in letti piccoli a modo di cataletti e tutte in un dormitorio: ammalate, morte e sane con molto incomodo e patimenti”.
E’ per merito di una monaca di cui non conosciamo il nome, ma che scriveva benissimo, se abbiamo uno straordinario spaccato di vita monastica di cinque secoli fa in presa diretta : dopo aver riportato vicende apprese da un precedente quaderno, come quella della suora ricca e viziata, dal 1591 l’autrice scrive solo di quanto ha visto personalmente. Per questo Memorie segrete – Una cronaca seicentesca del monastero di Santa Rosa di Viterbo, a cura di Eleonora Rava (dirige l’Archivio Generale delle Monache Clarisse Urbaniste d’Italia), è una cronaca monastica speciale, sottolinea nella prefazione Gabriella Zarri, storica, direttrice della collana Scritture nel chiostro per Edizioni di Storia e Letteratura, che pubblica il volume.
Ma speciale lo è anche per come racconta la vita quotidiana di un monastero, le abitudini, i bilanci, la descrizione dei possedimenti, e decine d vicende piene di particolari. Un secolo di storia di una comunità italiana, dalla metà del Cinquecento alla metà del Seicento raccontato con precisione e, sì, anche con verve; un libro che si legge come un romanzo, lettura che corre veloce.
Sembra di vederle quelle monache che “si levavano dui hore avanti giorno, dicevano Matutino, poi si posavano fino al levar del sole o verso alba chiara, dicevano Prima e seguivano l’Ore; unitamente in quella posata facevano oratione, altre dormivano, altre si partivano per negotiare”.
Autrice sconosciuta: una monaca che probabilmente nel 1591 aveva sedici anni perché, all’epoca. a quell’età si faceva la professione religiosa. Forse Margherita da Cipro o forse Maria Maddalena Pollioni entrambe abbadesse del monastero. O, forse, tutte e due.( dcm )