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Tema del mese

Alla ricerca
di una Chiesa plurale

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04 settembre 2021

La sfida delle grandi amicizie spirituali tra uomini e donne


L’affinità elettiva appartiene culturalmente a un rapporto alla pari. Per questa ragione grandi storie di amicizie, come pure di inimicizie, troppo spesso sono state declinate solo al maschile. Eppure, paradossalmente, e con una ricorrenza più forte, le affinità elettive hanno legato e legano uomini e donne nella Chiesa. Le incrementano la medesima sensibilità, il medesimo retaggio di sapere, la medesima condizione sociale e, soprattutto, una identica passione ecclesiale.

Sappiamo che nel mondo antico non era pensabile un’amicizia tra uomini e donne, tant’è che manca addirittura il termine al femminile. La svolta cristiana, la comune appartenenza a Cristo, il medesimo impegno per il suo corpo che è la Chiesa, rompono questo tabù, sicché l’amicizia, l’affinità, conoscono anche una flessione duale che oltrepassa il pregiudizio legato alla disparità, culturalmente insanabile, costituita dal sesso.

La storia della Chiesa corre dunque sul filo rosso di coppie costituite anche da uomini e donne accomunati dalla medesima fede, dal medesimo zelo, dalla medesima scelta di vita. A volte la leadership appartiene alle donne; a volte esse mantengono nei confronti del partner “spirituale” un atteggiamento consono al comune sentire e, dunque, sottolineano la loro inadeguatezza e minorità. Resta comunque spesso come caratteristica del rapporto un sovvertimento della gerarchia pure dovuta all’essere uno dei due maschio, marito, presbitero, vescovo, insomma qualcuno “naturalmente” deputato all’esercizio della “autorità”.

Giganteggiano queste donne e influenzano – e come! – i loro partner, addirittura incrinando il pregiudizio culturale e guidandoli saldamente verso una sequela di Cristo più forte e radicale.

Quelle che chiamiamo “coppie ascetiche” — il legame familiare facilita il rapporto tra i sessi — sono costituite da madre e figlio, sorella e fratello, moglie e marito, addirittura da suocera e genero (è il curioso rapporto di Sulpicio Severo e  Bassula, madre della moglie venutagli meno prematuramente). Spesso il rapporto matrimoniale evolve in continenza, assecondando l’idea che la castità per il Regno valga molto di più del vissuto nuziale. Ma troviamo anche — e numerose — amicizie del tutto sganciate da un legame familiare e radicate invece in una comune vocazione e servizio ecclesiale.

Si tratta di una trama che dall’età apostolica e martiriale cresce sino a noi. Ciò dimostra che nella Chiesa le donne ci sono sempre state e che hanno saputo transignificare i rapporti di sangue come pure intesserne di nuovi nella prospettiva di una inusuale amicizia, oltre il pregiudizio, oltre la diseguaglianza, oltre la minorità in cui sono state lungamente iscritte.

Già la Passio Perpetuae et Felicitatis mostra a fianco della prima il catechista Saturo, e gli apocrifi Acta Pauli et Teclae affiancano all’Apostolo questa straordinaria figura femminile che, appassionatamente, ne fa proprio lo stile e la missione. Più avanti, elitari cenacoli familiari mostrano come l’essere legati da vincoli di sangue diventa pretesto per un legame altro e intenso, che genera alla fede e poi introduce alle arditezze dell’esperienza mistica – il caso più eclatante è quello di Monica e del figlio Agostino. In Oriente Macrina è compagna e sorella nella scelta di vita e nella dedizione agli ultimi dei fratelli Basilio e Gregorio.

Coppie quali quelle di Melania “la giovane” e Piniano, di Terasia e Paolino da Nola e altre consimili probabilmente evolvono il rapporto in chiave ascetica a ragione della difficoltà a procreare che pare segnare il loro tempo. Ma, davvero, sarebbe impensabile l’ansia fondativa di Melania o quella di Paolino senza la presenza attiva e complice di chi ne compartisce la vita.

Un medesimo impegno, quello diretto alla intelligenza della Scrittura anche nei suoi aspetti tecnico-ermeneutici, accomuna Girolamo e Paola che lo segue in Terra Santa e lì prosegue il discreto servizio di trascrizione e forse revisione di quella traduzione della Bibbia che chiamiamo Vulgata.

Coppie quali quelle di Crisostomo e Olimpia sono invece segnate dall’impegno ministeriale. A unirle è il servizio alla medesima Chiesa, quella di Costantinopoli. Le sue vicende drammatiche li segnano profondamente e costituiscono la chiave di volta delle lettere che il primo le indirizza.

E più avanti nel tempo troveremo altre coppie fraterne — Benedetto e Scolastica; altre coppie elettive — Radegonda e Venanzio Fortunato. E via via passando al secondo millennio: Francesco e Chiara; Caterina da Siena e Raimondo da Capua;    Francesco di Sales e Giovanna di Chantal, Teresa d’Ávila e Giovanni della Croce… Giganti della carità come Luisa di Marillac  e Vincenzo de’ Paoli. 

Nel secolo passato, a riprova di un modulo che mai è venuto meno, troveremo affiancati in una concreta idealità condivisa: Adrienne von Speyr e Hans Urs von Balthasar; Romana Guarnieri e Giuseppe De Luca; Raïssa Oumançoff  e Jacques Maritain; Armida Barelli e Agostino Gemelli e tanti e tante ancora.

Spesso il rapporto amicale evolve in appassionato e reciproco amore, vissuto consapevolmente, nel rispetto della scelta di vita. Talora al contrario, lo avvertivamo già, è il rapporto coniugale che evolve in amicizia dandogli una valenza nuova che non manca, tuttavia, di complicità o affetto reciproco. Il caso più manifesto dell’amore come confessione estrema che sigilla il rapporto l’abbiamo nell’Epitaffio che Girolamo scrive in morte di Paola. In esso si definisce «un vecchio cadente che l’ama». Un sentimento analogo troviamo in Francesco di Sales che mette fine agli scrupoli della sua interlocutrice dicendole di non chiedersi quale sia il nome vero del loro rapporto: quello che importa è che viene da Dio e tanto basta. Una esperienza analoga lega Romana Guarnieri e Giuseppe De Luca. Nella storia della comunità ecclesiale le donne di cui abbiamo fatto il nome contano e davvero tanto. Sono fondatrici di innovative esperienze di vita (Macrina, Scolastica, Chiara, Giovanna di Chantal); sono compagne nell’esercizio di un ministero (Paola, Olimpia,  Adrienne von Speyr, Armida Barelli); sono mistiche possenti che creano interlocuzione e sequela (Caterina da Siena); sono fini interlocutrici nella produzione intellettuale, vista anch’essa come un  ministero o quanto meno come contributo forte al ripensare e ridire la fede (Vittoria Colonna, Romana Guarnieri, Raïssa Maritain).

Certo la storia ci consegna anche donne sconfitte. Per loro l’amore, che evolve poi in interlocuzione amicale, ha il sapore amaro di una totalità relazionale mutilata. Il caso più sensazionale è quello di Eloisa e Abelardo. Ma sappiamo quanto giganteggi Eloisa rispetto al suo fragile e ferito maestro/amante/ marito, al punto tale che per tanto tempo le si è negata la paternità (sic !) dei suoi scritti: troppo colti per poter essere attribuiti a una donna!

Sì, perché una nota amara riguarda proprio la scrittura. Del primo millennio non ci restano scritti di donne che attestino questi legami di amicizia. E se Paolino pone sempre nell’incipit delle sue lettere Therasia et Paulinus peccatores , non sappiamo davvero se le abbia scritte insieme alla sposa/sorella. Allo stesso modo niente abbiamo delle donne dell’Aventino; nessuna lettera ci è giunta di Paola o delle altre interlocutrici di Girolamo. E abbiamo solo le lettere di Crisostomo, non quelle di Olimpia a lui… Pure il tenore di quelle a noi giunte illumina la statura delle destinatarie. La testimonianza scritta — e non si tratta solo di quella epistolare — invece, è presente e si incrementa nel secondo millennio.

Se Giovanna di Chantal distrugge le lettere che ha rivolto al confessore/padre/ amico  — che alla fine se ne dice figlio —  di Chiara, Caterina, Vittoria Colonna, Romana Guarnieri, Raïssa Maritain, Armida Barelli, Adrienne von Speyr  e altre ancora abbiamo lettere e scritti, diversissimi nello stile e nei contenuti, ma tali da attestarci la loro presenza autorevole, la loro passione per la Chiesa.

L’affinità elettiva, l’amicizia testimoniano così, con tessitura ardita, l’impegno incessante per una Chiesa in cui interagiscono, fianco a fianco e da sempre, uomini e donne.

di Cettina Militello
Direttrice della Cattedra Donna e Cristianesimo
della Pontificia Facoltà Teologica Marianum