Giosuè appare come l’esecutore degli ordini di Mosè e suo aiutante. La sua figura viene modellata su quella di Mosè. Egli viene definito come il prosecutore della sua opera. In qualità di servo egli si alza con Mosè quando questi ritorna sul Monte Sinai per ricevere le leggi definitive dell’alleanza con Dio (Es 24, 13). Nella battaglia vittoriosa contro gli Amaleciti a Rephidim (Es 17, 9) egli viene presentato come condottiero militare. Egli sarà il rappresentante della tribù di Efraim come inviato con altri undici uomini — uno per ogni tribù — per esplorare la terra di Canaan (Nm 13, 8). In questo ultimo episodio Giosuè è indicato come Osea, figlio di Nun. Successivamente Mosè lo denominerà Giosuè: Yhwh salva (Nm 13, 16).
Tuttavia il ruolo principale di Giosuè è quello di successore designato da Mosè morente mediante l’imposizione delle mani (Nm 27, 18-23). Di fatti egli porterà a termine la missione intrapresa da Mosè, attraversando il Giordano e conducendo il popolo nella terra promessa (Dt 31, 3-23). Le vicende relative alla conquista della terra promessa sono narrate nel libro di Giosuè, cap. 1-12. Nella Bibbia greca Giosuè viene tradotto Iêsous. Per l’omonimia e per le sue azioni (l’approdo nella terra promessa) Giosuè viene considerato dagli autori cristiani come prefigurazione di Cristo già nell’Epistola di Barnaba 12, 8 e nel Dialogo di Giustino 75; 89; 113. Origene consacra un commentario allegorico al libro di Giosuè (Om. sul libro di Giosuè 1, 3; 2, 1).
Tuttavia nella Lettera agli Ebrei 4, 8 viene ribadito che fu Gesù e non Giosuè che conduce alla vita eterna. Un’altra interpretazione tipologica vede in Giosuè che porta a compimento l’opera di Mosè la figura della nuova alleanza che succede alla vecchia alleanza. Così Ireneo, in Demonst. 46.
I singoli episodi della vita di Giosuè sono stati commentati: Rahab diventa figura della Chiesa, il passaggio del Giordano prefigura il battesimo, la caduta di Gerico diventa la figura escatologica della fine del mondo. Nella basilica di Santa Maria Maggiore i pannelli musivi che decorano il lato destro della navata raffigurano gli episodi della storia di Giosuè in collegamento con le scene relative a
Mosè.
Giosuè è uno dei pochi eroi impeccabili della Bibbia. Dio, che non gli rifiuta mai il suo aiuto, rivela a lui la causa della sconfitta davanti ad Ai e il modo per scoprire il colpevole (Gs 7, 10-15). Dio ferma il sole e la luna per permettergli di raggiungere la vittoria totale contro gli Amorrei. È l’unico caso di tutta la storia biblica in cui Dio ha obbedito a un uomo (10, 12-15; cfr. v. 14). La conquista è totale (11, 12-15.23; 12, 16.20; 21, 43-45) e Giosuè subisce una sola sconfitta, del resto presto riscattata (7, 2-5). È una delle poche epoche in cui Israele si mostra di una fedeltà totale (24, 31; Gdc 2, 7). Il libro termina con una scena straordinaria in cui tutto il popolo conclude un’alleanza con Giosuè e promette di servire solo Yhwh. Questo è davvero un periodo ideale della storia d’Israele. Accanto a questa descrizione positiva, il libro contiene altre affermazioni negative.
Tuttavia è altamente significativo che, nel discorso tenuto al termine del suo incarico, Giosuè — senza escludere il servizio molto immediato e concreto reso da Mosè agli uomini — riconduca tale valore, in termini che più chiari non si potrebbe, al suo fondamento costituito dall’amore verso Dio: «Soltanto abbiate gran cura di eseguire i comandi e la legge che Mosè, servo del Signore, vi ha assegnato oltre il Giordano, amando il Signore vostro Dio, camminando in tutte le sue vie, osservando i suoi comandi, restando fedeli a lui e servendolo con tutto il cuore e con tutta l’anima» (Gs 22, 5). E con invidiabile concisione: «Abbiate gran cura, per la vostra vita, di amare il Signore vostro Dio» (Gs 23, 11).
di Frederic Manns