· Città del Vaticano ·

L’indicazione di Papa Francesco nell’intervista pubblicata nell’ultimo libro di monsignor Dario Edoardo Viganò

Dopo la pandemia, servono occhi nuovi per guardare la realtà

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19 luglio 2021

«Una pedagogia per gli occhi che cambia il nostro sguardo miope avvicinandolo allo sguardo stesso di Dio». Così il Papa torna su quella che lui stesso ha definito «catechesi di umanità»: il cinema. L’occasione è un nuovo libro di monsignor Dario Edoardo Viganò, vice-cancelliere della Pontificia Accademia delle scienze e della Pontificia Accademia delle scienze sociali — Lo sguardo: porta del cuore. Il neorealismo tra memoria e attualità (Effatà Editrice) che sarà presentato mercoledì prossimo all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede. Le pagine si aprono con un’intervista a Francesco sul grande schermo, che conduce a un percorso «di memoria e contemplazione». Come sfogliando un album di ricordi il Santo Padre torna indietro negli anni, alla sua infanzia in Argentina, quando con i genitori ascoltava, in radio, le opere liriche o andava a vedere i film nella sala del suo quartiere a Buenos Aires.

La catechesi dello sguardo

È qui che il Papa conosce il racconto autentico del neorealismo, «tra i dieci e i dodici anni — ribadisce — credo di aver visto tutti i film con Anna Magnani e Aldo Fabrizi». Pellicole molto importanti che hanno permesso a quei bambini di capire in profondità, oltre ai racconti dei migranti, la grande tragedia della guerra mondiale. Per il Papa i film del neorealismo hanno formato e formano tutt’oggi il cuore, perché «hanno insegnato a guardare la realtà con occhi nuovi». E proprio lo sguardo, nelle parole del successore di Pietro, è lo strumento per affrontare anche la piaga della pandemia che in questo tempo «sembra moltiplicare le bancherotte dell’umanità» e «genera preoccupazione, paura, sconforto: per questo — afferma — servono occhi capaci di fendere il buio della notte». E in questo senso anche il cinema diventa ambito, mezzo e opportunità di una «catechesi dello sguardo», perché abbiamo bisogno di «una pedagogia per i nostri occhi spesso incapaci di contemplare in mezzo all’oscurità la “grande luce” (Is 9, 1) che Gesù viene a portare».

Il cinema che può insegnare
a guardare

Per il Papa il neorealismo, seppur raccontando la drammatica realtà italiana seguita alla guerra mondiale, ha una valenza senza tempo. Da qui la sua riflessione sullo sguardo che apre alla trascendenza ed il cinema che può insegnare a guardare. «Come sarebbe bello — sostiene — riscoprire attraverso il cinema l’importanza dell’educazione allo sguardo puro. Proprio come ha fatto il neorealismo». Cita espressamente La strada di Fellini e I bambini ci guardano di Vittorio De Sica. Sottolinea che in «tanti film lo sguardo neorealista è stato lo sguardo dei bambini sul mondo: uno sguardo puro, capace di captare tutto, uno sguardo limpido attraverso il quale possiamo individuare subito e con nitidezza il bene e il male». Ritorna poi indietro con la memoria al viaggio sull’isola di Lesbos, agli occhi dei piccoli che vivono nei campi profughi: «In molte occasioni e in tanti Paesi diversi, i miei occhi hanno incontrato quelli dei bambini, poveri e ricchi, sani e malati, gioiosi e sofferenti. Essere guardati dagli occhi dei bambini — ribadisce — è un’esperienza che tutti conosciamo, che ci tocca fino in fondo al cuore e che ci obbliga anche a un esame di coscienza», poi rilancia la domanda: «Che cosa facciamo perché i bambini possano guardarci sorridendo e conservino uno sguardo limpido, ricco di fiducia e di speranza? Che cosa facciamo perché non venga rubata loro questa luce, perché questi occhi non vengano turbati e corrotti?»

Uno sguardo
che trasforma la realtà

In un mondo attraversato dai media digitali, che «possono esporre al rischio di dipendenza, di isolamento e di progressiva perdita di contatto con la realtà concreta», Francesco indica il grande valore sociale del cinema, quale strumento di aggregazione ed educativo e guarda al neorealismo come ad una lente d’ingrandimento che «tocca la realtà così com’è», se ne prende cura e, dunque, «mette in relazione».

«Vedere è un atto che si compie solo con gli occhi — evidenzia —, per guardare occorrono gli occhi e il cuore». Francesco spiega che i film neorealisti non sono dei documentari che restituiscono una semplice registrazione «oculare della realtà; la restituiscono sì, ma in tutta la sua crudezza, attraverso uno sguardo che coinvolge, che muove le viscere, che genera compassione». Per il Papa è «la qualità dello sguardo a fare la differenza, allora come oggi. Quello neorealista — aggiunge — non è uno sguardo da lontano, ma uno sguardo che avvicina, che tocca la realtà così com’è, che se ne prende cura e, dunque, che mette in relazione». Uno sguardo — dice — che «la realtà la trasforma», perché «non è uno sguardo che ti lascia dove sei, ma è uno sguardo che ti porta su, che ti solleva, che ti invita ad alzarti», vicino agli ultimi. Uno «sguardo che nelle tenebre custodisce il gusto e il senso della luce. È uno sguardo di svelamento»: capace di mostrare passaggi «dove noi non vediamo che un limite», «apre brecce negli sbarramenti, scorge i segni di una realtà più bella e più grande».

Custodire la memoria
per immagini

Il Papa sottolinea infine la necessità di essere bravi custodi della  memoria per immagini  per trasmetterla ai nostri figli, ai nostri nipoti; e allarga il discorso oltre all’ambito più propriamente cinematografico per includervi le fonti audiovisive nel loro complesso quali preziose testimonianze del passato. «Si tratta — afferma — di documenti dal carattere intrinsecamente universale perché trascendono i confini linguistici e culturali e possono essere compresi con immediatezza da tutti». E annuncia di stare pensando a «un’istituzione che funzioni da Archivio Centrale per la conservazione permanente e ordinata secondo i criteri scientifici, dei fondi storici audiovisivi degli organismi della Santa Sede e della Chiesa universale. Potremmo chiamarla una Mediateca, accanto all’Archivio e alla Biblioteca, per la raccolta e la custodia del patrimonio di fonti storiche audiovisive di alto livello religioso, artistico e umano».

di Massimiliano Menichetti