Storia e beni culturali della Chiesa tra passato, presente e futuro

L’intelligenza del tempo

 L’intelligenza del tempo  QUO-156
13 luglio 2021

Un individuo dall’apertura internazionale, curioso, destinato a rivolgersi da Roma al mondo: questo lo studente della facoltà di Storia e Beni culturali della Chiesa, originale specialità della Gregoriana. Ce ne ha parlato don Roberto Regoli, direttore del Dipartimento di storia della Chiesa.

Nel 2005 il Corso superiore per i beni culturali della Chiesa, istituito trent’anni fa, si è unito all’antica facoltà di Storia ecclesiastica, fondata nel 1932, dando origine alla facoltà di Storia e Beni culturali della Chiesa, un “unicum” fra gli atenei pontifici. Ce la può presentare nel suo insieme e quali sono gli obiettivi?

È una realtà sicuramente originale, non essendoci altre facoltà ecclesiastiche di questo genere nel mondo. È costituita dal dipartimento di Storia della Chiesa e da quello di Beni culturali della Chiesa. Vuole fornire una vasta conoscenza ai suoi studenti: storica, storico-artistica, filosofica, teologica e dei beni culturali. Sono previste anche esperienze pratiche di stage, tirocini, laboratori e visite sui luoghi della storia studiata. La facoltà ha l’obiettivo di valorizzare le diverse tipologie di fonti, così da rendere gli studenti sempre più consapevoli dell’espressione storica e artistica della Chiesa. Tramite tutto ciò si mira a formare i futuri docenti di Storia della Chiesa per le università e i seminari e i responsabili di istituzioni culturali (dai musei alle biblioteche, dagli archivi agli uffici diocesani).

Non si può dire che lo studente che si iscrive al baccalaureato rischi di annoiarsi. Addirittura trenta i corsi offerti (dalla storia al latino, dall’archeologia all’iconografia, alla biblioteconomia). Ci può fare un identikit del vostro allievo tipo?

Uno studente dall’apertura internazionale, che nel soggiorno romano vuole prendere familiarità con le diverse espressioni comunicative dell’uomo nel corso dei secoli, senza nulla escludere (dal documento diplomatico alla miniatura, dall’epigrafe al film). È uno studente curioso, che pone domande di fronte alla complessità della realtà e che vuole conoscere la Chiesa nelle sue espressioni storiche. Con il privilegio di risiedere a Roma, cuore della cattolicità, può confrontarsi con tutte le tipologie delle tracce lasciate lungo i secoli: dalle catacombe alle chiese barocche, dagli archivi vaticani alle cerimonie papali (che sono una fonte immateriale). Con i piedi radicati a Roma, pensa al mondo.

E qual è la sete di conoscenza che spinge questo tipo di studente?

È una conoscenza che nulla vuole escludere dalla sua riflessione per capire la complessità della Chiesa nella storia. D’altra parte la storia è l’intelligenza del tempo. Tempo passato, ma anche presente e futuro. È dunque una intelligenza e una conoscenza che non si accontentano e che vogliono capire e anticipare la realtà.

Alla facoltà fanno capo due dipartimenti (Storia della Chiesa e Beni culturali della Chiesa) con le relative licenze e i dottorati. Quanto è importante oggi, in una città come Roma ma non solo, formare figure professionali chiamate a dedicarsi alla conservazione, alla tutela e alla valorizzazione dei beni culturali ecclesiastici?

La Chiesa cattolica ha ingente e diffuso patrimonio culturale costituito da quei beni il cui valore sta nell’assolvere la missione della Chiesa: culto, catechesi, carità. Beni che non è sempre facile gestire e comprendere. L’interpretazione di ciò che testo non è richiede uno sforzo speciale. Studiare da noi permette di ricevere un sostegno in questa fatica del pensare. Se non ci sono le competenze scientifiche, questo patrimonio culturale viene disperso, banalizzato e ignorato. È successo in passato e purtroppo accade ancora oggi. Una persona formata da noi sa gestire questo patrimonio senza limitarlo al museo, ma rendendolo fruibile ancora ai fedeli in maniera intelligente. Quel patrimonio indubbiamente è da conservare, ma anche da usare, perché il destinatario rimane sempre tutto il popolo di Dio.

di Giovanni Zavatta


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