· Città del Vaticano ·

Dall’universo femminile un contributo fondamentale nei settori della sanità, dell’educazione, della coesione sociale e della cura della casa comune

Donne e pandemia: le sfide
e la resilienza

 Donne e pandemia: le sfide e la resilienza  QUO-149
05 luglio 2021

La crisi globale dovuta alla pandemia da covid-19 ha colpito indistintamente persone, famiglie, comunità e organizzazioni nel mondo intero. Tuttavia vi è stato un particolare impatto sulla vita delle donne in ambito familiare, comunitario e sociale.

Caritas è impegnata a rispondere alla crisi in più di 160 Paesi nel mondo e sperimentiamo quotidianamente il grande contributo delle donne nei settori della sanità, dell’educazione, della sensibilizzazione, della coesione sociale, dell’impegno comunitario e della cura della nostra casa comune.

Il covid-19 ha avuto un notevole impatto negativo sulle donne, sia a livello fisico che psicologico. Possiamo parlare di una “femminilizzazione della povertà” su tre livelli: famiglia, salute e occupazione.

Si è registrato un incremento importante degli abusi e delle violenze subiti nelle case. Caritas Sud Africa riferisce come il solo Centro di controllo governativo sulla violenza contro le donne ha registrato più di 120.000 vittime nelle prime tre settimane di lockdown.

Per le donne impegnate in prima linea nel settore sanitario, oppure nella cura delle persone più deboli come anziani e malati, il rischio di contrarre il virus è stato altissimo e molte di loro non hanno avuto mezzi per proteggersi adeguatamente. Molte donne che invece erano già affette da altre patologie si sono aggravate a causa dei ritardi nell’accesso alle cure, mentre nei Paesi poveri il mancato accesso a condizioni igieniche di base e all’assistenza medica durante la gravidanza e nel periodo post-natale ha provocato danni a volte irreparabili.

A livello psicologico, la pandemia ha portato a un deterioramento della salute mentale, nonché, in alcuni contesti, alla negazione dei diritti fondamentali. In India la crisi sanitaria e socio-economica ha colpito le donne in modo particolare, aumentando del 33% le violenze domestiche, limitando l’accesso alle cure e all’istruzione e provocando perdita del lavoro, diminuzione del reddito familiare e un generale peggioramento delle condizioni di vita.

A livello occupazionale, numerosi fattori legati alla pandemia hanno avuto un impatto importante sulla partecipazione della donna al mondo del lavoro e ancor più sulle sue possibilità di accesso a posizioni di leadership. Fattori come l’aumento della disoccupazione e del ricorso alla cassa integrazione o a modalità di lavoro part-time, l’incremento dell’impegno delle donne in ambito domestico e nell’educazione dei figli, nonché il persistente e accentuato divario salariale tra uomini e donne. In Nigeria, ad esempio, con la chiusura di molte attività, i licenziamenti e le riduzioni dei salari hanno avuto maggiori conseguenze per le donne anche a parità di competenze specifiche rispetto agli uomini. Una testimonianza importante arriva anche dal Bangladesh, con particolare rifermento alla situazione dei profughi Rohingya, che, già in un contesto di particolare vulnerabilità, hanno subito gli effetti del periodo di chiusura prolungato, sia a livello della convivenza familiare e comunitaria, che nel lavoro.

Tuttavia, è fondamentale sottolineare anche il ruolo cruciale svolto dalle donne in questo periodo di pandemia, nell’offrire un contributo notevole in termini di relazioni, supporto, assistenza, solidarietà, sensibilizzazione, tutela e promozione dei diritti. In ogni parte del mondo gruppi di donne si sono mobilitate per organizzare sessioni di sensibilizzazione ed informazione nelle comunità. Ad Aliwal North, nel Capo orientale del Sud Africa, il dipartimento di salute pubblica e la Caritas locale hanno collaborato assumendo 270 operatori sanitari con l’obiettivo di fornire a persone e famiglie, soprattutto le più difficili da raggiungere, informazioni basilari per prevenire la diffusione del virus. In India, nelle aree rurali e semi-urbane, le donne “attiviste socio-sanitarie” sono state le interlocutrici privilegiate tra comunità e sistema sanitario, operando senza sosta per informare, sostenere e curare le persone, vistare le famiglie, tracciare contatti, effettuare screening e riportare casi sospetti ai centri medici. In Ecuador, l’80% dello staff Caritas impegnato con le popolazioni più vulnerabili è composto da donne. In un contesto di instabilità socio-politica come quello siriano la Caritas ha organizzato ad Aleppo numerose sessioni di informazione e sensibilizzazione ricevendo una risposta sorprendente anche laddove non vi era acqua corrente, né elettricità, e mantenere l’igiene era una sfida enorme per tenere le famiglie al sicuro.

Nell’aprile 2020 la Caritas delle Filippine, con la convinzione che l’unico modo per contrastare gli effetti del covid fosse la solidarietà, la generosità e la compassione, ha creato delle “stazioni della gentilezza”, empori comunitari gestiti per la maggior parte da volontarie, in cui tutti sono invitati a prendere ciò di cui hanno bisogno e a condividere qualcosa in cambio.

Papa Francesco ha sottolineato più volte come “il flagello della pandemia” abbia «messo alla prova tutti e tutto, ma solo una cosa potrebbe essere più grave di questa crisi, il rischio di sprecarla e di non imparare la lezione che da essa deriva». La pandemia ha messo in evidenza le fragilità e le disuguaglianze che feriscono la nostra intera società, ma ci ha fornito anche una luce per i passi futuri: uguaglianza, cultura dell’incontro, riconoscimento dell’unicità del contributo di ciascuno e della ricchezza nella diversità, rinnovamento. Abbiamo la missione di continuare a lavorare insieme, donne e uomini, e rafforzare il nostro impegno per dare voce a chi non ne ha.

di Moira Monacelli
Caritas Internationalis