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Il 2 luglio 1961 moriva Ernest Hemingway

«È stato proprio
in gamba lassù»

 «È stato proprio  in gamba lassù» Il 2 luglio 1961 moriva Ernest Hemingway  QUO-147
02 luglio 2021

La Crocifissione e il senso della croce


«È stato piuttosto in gamba, oggi, lassù». Dice così, nella traduzione di Vincenzo Mantovani, il leit motiv di uno dei più interessanti esperimenti letterari di Ernest Heming-way. Un minuscolo dramma semiserio, un atto unico di quattro pagine in cui il futuro premio Nobel si cimenta con la scrittura teatrale e si cala alle radici del cristianesimo. Oggi è venerdì (l’italiano non rende come l’originale Today is Friday) fu pubblicato per la prima volta nel 1926, lo stesso anno del “cinico” e fortunatissimo romanzo d’esordio Fiesta, e venne poi inserito nella raccolta Uomini senza donne del 1927. In italiano si può leggere nell’edizione de I quarantanove racconti realizzata da Mondadori. Nel testo la Crocifissione è rappresentata nel modo più dimesso e irriverente che si possa immaginare: il dialogo senza fronzoli fra tre soldati romani, alticci in una bettola. Hanno partecipato all’esecuzione di Gesù e adesso, a tarda sera, sfogano fatica e tensione nel vino. Li serve un vinaio ebreo assente sul Golgota, poco interessato alle “imprese” del Cristo e molto di più al conto che i soldati tardano a saldare.

Non è giorno di paga, tagliano corto i militari in un dialogo vivido malgrado qualche luogo comune: l’oste cala la testa e si arrende all’arbitrio dei conquistatori. Uno dei soldati, il terzo, accusa uno strano malessere, più forte dell’intruglio curativo che il vinaio gli porge; il secondo è deluso di non aver visto il «figlio di Dio» scendere dalla croce; il primo invece ammira la condotta di Gesù nel supplizio, dice di averlo trafitto con la lancia per accorciargli l’agonia e continua a ripetere «è stato proprio in gamba oggi lassù».

Il modello del dialogo ingannevolmente semplicistico e apparentemente irrisolto, tipico di Hemingway, si arricchisce qui di un evidente anacronismo. Lo slang americano moderno dei personaggi può sminuire l’accuratezza della ricostruzione storica, ma funziona per comunicare ai lettori l’atteggiamento spontaneo e irriguardoso che i soldati hanno nei confronti di Cristo. Qualcuno ha fatto notare che i soldati si comportano come se commentassero una partita di baseball o un incontro di boxe, probabilmente a causa della familiarità che avevano con le esecuzioni sulla croce. Tutto è osservato dalla prospettiva dell’uomo semplice che è un soldato, romano per giunta, non esattamente abituato a considerazioni religiose o filosofiche.

Il dialogo resta sul piano umano, accentuato dall’ambientazione e dalle circostanze della sbronza. Ma i contorni di questo piano umano sono tratteggiati con grande abilità: il bisogno di distaccarsi dall’orrore della sofferenza abbandonandosi all’euforia del vino, i riferimenti a Maria Maddalena come «la ragazza» di Gesù e agli apostoli come la sua «banda», i tratti di «gioco» che la crocifissione assume per occhi e menti abituate allo «spettacolo». Lo straordinario, il soprannaturale, si affaccia nei dettagli, quanto più sono incongrui e misteriosi. Il mal di pancia del terzo soldato, che adombra un disagio più profondo della sbronza e strappa all’uomo un «Gesù Cristo!» a metà tra lo scherno e l’invocazione, l’insistenza del primo soldato su quanto il condannato sia stato «bravo lassù». «Mostrami uno che non vuol scendere dalla croce. (...) Mostramene uno che quando viene il momento — quando viene il momento, dico — non vuol scendere dalla croce, e mi arrampicherò sulla croce insieme a lui»: il secondo soldato, quello più scettico, che definisce Gesù un «falso allarme», spreme pure il succo della storia.

Anche in questo piccolo monstrum della produzione di Hemingway è presente il nocciolo della sua concezione filosofica: l’idea che la resistenza nella sconfitta esprima la dignità umana a un più alto livello rispetto allo sfolgorio della vittoria. Cristo è «sovrumano» perché porta la resistenza alle estreme conseguenze, oltre il limite di fronte a cui si arrenderebbe ogni uomo, fino alla morte. Forse perché con la morte ha un rapporto speciale: della morte sa qualcosa che gli altri non sanno. «È stato piuttosto in gamba, oggi, lassù». Nelle parole di ammirazione del terzo soldato c’è tutto Hemingway: geniale da cogliere il fondo della grandezza umana e tuttavia umano, troppo umano, troppo immerso nella vita, troppo ossessionato dalla scrittura, per vivere quella grandezza appieno. Il 2 luglio del 1961, sfibrato dalla lotta con sé stesso, sarebbe sceso dalla sua croce.

di Leonardo Guzzo