· Città del Vaticano ·

L'OSSERVATORE ROMANO
160 anni di storia guardando il futuro

Uno schiaffo per pensare
anche contro noi stessi

A video grab shows migrant survivors of a deadly shipwreck siting on a sandy beach on the coast of ...
01 luglio 2021

«Lasciatevi schiaffeggiare dalla realtà». Questo invito ai giornalisti, lanciato da Papa Francesco il 24 maggio scorso, in occasione di una visita alla vostra sede, ci ha ricordato un altro comandamento ben noto agli studenti delle nostre scuole di giornalismo, e che noi abbiamo tante volte ascoltato nei corridori di «Le Monde»: quello di “pensare contro se stessi”. In entrambi i casi si tratta della stessa pressante ingiunzione: un giornalista non deve mai esitare a cambiare punto di vista, ad accettare che la realtà stravolga i suoi a priori, anche quando il prezzo di quello sforzo è il disagio, e persino una certa sofferenza morale.

Non si tratta naturalmente di rinunciare a ciò in cui si crede, né di transigere sul fondamento dei nostri valori. A essere in gioco qui è piuttosto il nostro rapporto con i fatti, che ci fa cercare continuamente di raccontare e di analizzare il più onestamente possibile, anche quando ciò potrebbe far vacillare le nostre convinzioni e le nostre certezze. In questa esigenza condivisa, due media così diversi come «L’Osservatore Romano» e «Le Monde» possono perfettamente ritrovarsi.

Migliaia di donne e di uomini muoiono ogni anno nel tentativo di attraversare il Mediterraneo, ed è stato fatto tutto il possibile affinché questo dramma si svolga senza testimoni. Come regolare le migrazioni e porre fine a questa tragedia? La risposta a tale domanda è infinitamente complessa, e nessuna soluzione semplicistica basterebbe a rispondere a questa sfida centrale per le nostre società. Ma tale constatazione non può autorizzarci a guardare dall’altra parte: dall’inizio del suo pontificato, nel 2013, Papa Francesco non ha mai smesso di ricordare questa esigenza che s’impone a tutti gli uomini di buona volontà, siano essi credenti o non credenti.

«L’Osservatore Romano» celebra i suoi 160 anni e tale ricorrenza non può non colmarci di profondo rispetto. In questo lasso di tempo, il papato, e con esso l’insieme della Chiesa, è profondamente cambiato. Dolorosamente, ma in modo irreversibile, il cattolicesimo si è riconciliato con l’idea di democrazia, si è aperto alla scienza e infine si è impegnato sulla via del dialogo interreligioso, senza tuttavia voltare le spalle a ciò che è… «L’Osservatore Romano» ha accompagnato, senza mai venir meno, ogni tappa di questo cambiamento lento e profondo.

Al tempo stesso, è riduttivo dire che il mondo è cambiato. Il xx è stato il secolo della lotta delle democrazie contro i totalitarismi che hanno tutti, in un qualche momento, cercato di attaccare la religione per controllare meglio le menti. Ora è dai fondamentalismi e dagli estremismi identitari che viene la minaccia esistenziale più grande per le nostre società aperte. Di fronte a tale sfida, le parole di pace e di apertura delle gerarchie religiose sono più che mai necessarie. Anche per questo, in questo incerto xxi secolo, la parola del Papa, riportata da «L’Osservatore Romano», è indispensabile.

Il mondo è stato sconvolto in questi ultimi 160 anni, ma per il nostro mestiere, il giornalismo, la rivoluzione più profonda è avvenuta nell’ultimo quarto di secolo, con l’irruzione di Internet. Prima di allora, l’informazione era scarsa e dunque preziosa. Mezzi come la televisione e la radio, nati nel xx secolo, permettevano di raggiungere le masse, molto più della carta stampata, ma i cittadini continuavano a disporre di un numero limitato di fonti. Oggi avviene l’opposto: l’informazione è ovunque, spesso non filtrata, e il giornalismo ha come missione principale selezionare, gerarchizzare e analizzare.

Per rispondere a tale sfida «Le Monde», come gli altri media, ha dovuto avviare una rivoluzione profonda, non scevra di sofferenze e di preoccupazioni. Ormai il centro del nostro universo è la nostra attività digitale, che mobilita più di 500 giornalisti dai profili molto diversi, i quali si adoperano a mantenere viva la nostra testata con gli strumenti attuali, senza però voltare le spalle al reportage e all’analisi, che restano al centro del nostro mestiere. Ci siamo trasformati, ma senza rinunciare a ciò che siamo. Ci siamo modernizzati, ma collegando ogni evoluzione alla nostra storia, alla nostra identità, al nostro ruolo nella società. Abbiamo stretto legami con lettrici e lettori, ma senza mai transigere sul nostro ideale: la libertà di uno sguardo rivolto al mondo, che illumini i cittadini, che arricchisca il dibattito pubblico, condizione indispensabile per il funzionamento della nostra democrazia e, poiché l’epoca la minaccia, per il mantenimento della pace civile.

Ma parlare a tutti, attraverso i mezzi ampliati dalla rivoluzione digitale, non vuol dire essere d’accordo con tutti. La nostra ambizione è di essere un pungolo, che stimola il dibattito, che stuzzica la curiosità, e non un piumino che favorisca il rammollimento nel conformismo e nel ripetersi di quanto atteso. Nell’editoriale pubblicato sul vostro giornale il 25 marzo scorso, in risposta all’esortazione di Papa Francesco, il vostro direttore, Andrea Monda, si è impegnato a dare uno schiaffo al «lettore permettendogli uno sguardo nuovo, fresco, inedito e inusuale sulla realtà». Senza arrivare a tanto, potremmo perfettamente fare nostro questo bello e nobile obiettivo. In occasione del presente anniversario rendiamo perciò fraternamente omaggio all’apporto originale e all’impegno dimostrato da tutti i giornalisti de «L’Osservatore Romano».

di Jérôme Fenoglio e Jérôme Gautheret,
rispettivamente direttore e corrispondente dall’Italia di «Le Monde»