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Il riconoscimento delle virtù eroiche di uno dei padri fondatori dell’Europa unita

Robert Schuman:
il realista mistico

 Robert Schuman: il realista mistico Robert Schuman:  il realista mistico  QUO-138
21 giugno 2021

Robert Schuman sta nella storia come uno dei padri fondatori dell’Europa, al pari di Adenauer e De Gasperi. Fondamentale il suo ruolo nella creazione del primo nucleo della comunità europea, la Ceca , che evolverà volta a volta in Mercato Comune, Comunità Economica Europea e infine Unione Europea.

A capo del governo francese nel 1947, e ministro degli Esteri dal 1948 al 1953, Schuman possedeva una doppia cultura, tedesca e francese. Come i maggiori promotori dell’idea europea, era uomo di frontiera. Se Adenauer era renano, e De Gasperi trentino, Schuman era lorenese. Il padre, soldato francese nel 1870, all’annessione tedesca dell’Alsazia-Lorena diveniva cittadino del Reich, ma si trasferiva successivamente a Lussemburgo, non contento di risiedere in terra germanica. Robert, nato cittadino tedesco, studierà diritto nelle maggiori università germaniche divenendo avvocato. Nel 1918 Alsazia e Lorena ritornano alla Francia e lui, che padroneggia il francese (con qualche accento teutonico), intraprende la carriera politica come deputato del dipartimento della Mosella. Seggio che avrebbe mantenuto, si può dire, tutta la vita.

Investito di alte responsabilità governative, Schuman sentiva molto la necessità di una riconciliazione tra Francia e Germania, dopo che le tre guerre del 1870, 1914-1918 e 1939-1945 avevano radicato una profonda inimicizia tra i due Paesi. Era la questione cruciale di lui ministro al Quai d’Orsay. Quale attitudine verso la Germania? Il corso naturale della politica francese stava portando a replicare l’attitudine punitiva verso la Germania sconfitta praticata all’indomani della prima guerra mondiale, con tutto ciò che ne era conseguito fino all’ascesa di Hitler. Schuman vedeva l’irrompere della guerra fredda e la necessità di coinvolgere la Germania nel fronte occidentale, ma al tempo stesso constatava come il suo Paese remasse contro la riabilitazione del nemico storico e lo contrastasse in numerosi contenziosi (carbone della Ruhr, sovranità sulla Sarre, riparazioni di guerra, controlli sui provvedimenti legislativi, ricostituzione di una forza militare).

L’idea fu quella di integrare la Germania in un comune progetto europeo, per stemperarne il grande potenziale ma anche per operare una riconciliazione. Per la sua doppia cultura, Schuman era credibile sia a Parigi sia a Bonn. Propose ad Adenauer il piano di quella che sarà la Ceca (Comunità Europea del carbone e dell’acciaio) per mettere in comune le maggiori risorse strategiche di cui l’Europa occidentale disponeva allora, e il cancelliere, che gli dava fiducia, reagì con entusiasmo. La proposta di Schuman consisteva in una generosa condivisione di sovranità (Gleichberechtigung). Il carbone della Ruhr veniva reso disponibile per la ripresa industriale europea occidentale, la Francia si garantiva da un uso nazionalistico dell’industria pesante tedesca, la Germania si vedeva internazionalmente riabilitata in un quadro occidentale e soprattutto allontanava l’incubo di un dopoguerra simile a quello, vendicativo da parte francese, sofferto dalla Repubblica di Weimar.

Il progetto della Ceca — suggerito a Schuman dal genio di Jean Monnet — veniva dopo il fallimento del primo tentativo di procedere verso un’Europa federale mediante il Consiglio d’Europa, che aveva dimostrato la sua inefficacia. Verificata l’improponibilità di cessioni di sovranità sul piano politico, si voleva tentarla sul piano economico. Schuman si assunse la piena responsabilità del progetto e riuscì con grande abilità a condurlo in porto. Fu la famosa Dichiarazione del 9 maggio 1950, rimasta negli annali, con termine improprio, come “bomba Schuman”. La storia successiva avrebbe attestato l’importanza della Ceca , che instradò le relazioni franco-tedesche in una inimmaginata direzione irenica e funse da pietra miliare della costruzione europea.

Sognatore di pace, toccato dagli orrori della Grande guerra, idealista della riconciliazione fra i due popoli carolingi alle cui culture apparteneva, mosso dall’universalità della sua fede e dalla profondità delle sue convinzioni spirituali, Schuman rigettò il facile e populistico nazionalismo antitedesco alla Clemenceau.

Fu tutta la vita un militante cattolico, con il senso di una missione. Uomo austero e pio, concepiva l’impegno politico come un servizio assoluto. Non dava materia per pettegolezzi, non avendo vita privata. Non si sposò. Al di fuori della scena pubblica visse con sobrietà, fedele alla sua Mosella dove mantenne la residenza, mentre per decenni visse a Parigi da affittuario di un modesto appartamento al sesto piano senza ascensore in rue de Bac.

«Umile, falso ingenuo, grigio, appartato» lo definisce il biografo Poidevin che ne segnala le mediocri qualità oratorie e lo scarso fascino della sua figura fisica («pareva un uomo nato vecchio») ma anche la tenacia nell’argomentare, l’abilità nell’avviare processi e costruire strategie, la semplicità di vita, la tensione ideale del grande statista. Schuman era un provinciale ma anche un cosmopolita, lettore appassionato di libri di teologia, filosofia, storia. “Realista mistico”, capace di ascolto e di riflessione, aperto a soluzioni nuove, non si lasciava intimidire dalle critiche e perseguiva la sua missione essenzialmente di pace.

di Roberto Morozzo della Rocca