· Città del Vaticano ·

Sul rapporto tra la famiglia e le serie televisive

Un grido d’aiuto

Una scena tratta dalla  serie televisiva «Peaky Blinders» cominciata  nel 2013 e ancora  in produzione
11 giugno 2021

Nell’anno che stiamo vivendo, Papa Francesco ha invitato la comunità ecclesiale a riflettere e riprendere in mano i temi di Amoris laetitia. Per evitare che l’invito faccia la fine delle grida manzoniane, occorre agganciare i temi così importanti e belli che il documento propone al vissuto degli uomini e delle donne del nostro tempo, cosa che la stessa esortazione fa abbondantemente, descrivendo la situazione di crisi e di mutamento in cui si trova la famiglia nel contesto contemporaneo.

Un aiuto insperato per creare un ponte che sia significativo tra la cultura e i temi dell’esortazione post sinodale può venire dall’analisi di numerose serie televisive, che occupano i palinsesti delle maggiori case produttrici e distributrici di questi ultimi anni. Chi ha che fare con i giovani sa che se oggi si vuole agganciare un tema ad un vissuto personale loro, oltre alle canzoni, ci si può, o meglio ci si deve, riferire a queste serie, che hanno proprio nelle giovani generazioni i maggiori fruitori.

Le serie televisive, indipendentemente dalla loro qualità, hanno un potere di riconfigurazione dell’esperienza per molti versi maggiori del singolo film, paragonabile solo all’influenza della grande letteratura. Entrambe infatti hanno un rapporto privilegiato con il tempo, essendo in quanto serie ripetitive. Fanno compagnia, sono presenti nello svolgersi del quotidiano e diventano per molti un appuntamento irrinunciabile. Tutto questo è dovuto al fatto che ciò di cui trattano veramente sono relazioni affettive profonde, come quelle famigliari, che, per essere rilevate, fatte emergere e comprese, necessitano di tempo. Paradossalmente nell’era in cui i motori di ricerca ci hanno messo a disposizione in tempo reale tutto lo scibile umano, le serie televisive allungano i tempi della fruizione per sintonizzarsi su quella dell’anima dello spettatore.

Se questo è uno degli ingrediente della loro fortuna, l’altro che ci interessa mettere in evidenza è la centralità del tema della famiglia che emerge in ogni dove. Occorre però sapersi accostare alle modalità offerte dalle serie televisive senza pregiudizi. Non ci si può aspettare le domande che forse albergano nel cuore del formatore o del genitore cristiano. Al contrario, si possono trovare descritte quelle situazioni che invece sono il tessuto connettivo della Bibbia e che a suo modo Amoris laetitia ed ora anche Fratelli tutti riprendono. Il fenomeno è molto diffuso e lo si ritrova nelle serie più disparate, dai famigerati Peaky Blinders, serie creata da Steven Knight cominciata nel 2013 e ancora in produzione, che presenta la storia di una famiglia criminale nella Birmingham post prima guerra mondiale. I guai prodotti dalla guerra si mischiano alle scelte malavitose dei protagonisti, entro cui però emergono continuamente la forza e le ferite delle vita familiare. Lo stesso si può vedere anche in altre serie di successo come Sons of Anarchy, ideata da Kurt Sutter e andata in onda dal 2008 al 2015, che ha anch’essa come protagonista una famiglia criminale americana prigioniera dei miti dell’età dei fiori e dei bikers californiani degli anni ‘70 del secolo scorso, alle contemporanee Bloodline, nata nel 2015 dalla penna di Todd e Glenn Kessler, in cui vediamo ancora una famiglia alle prese con le difficili relazioni parentali, o l’inquietante Mr. Robot, creata da Sam Esmail e andata in onda con grande successo di pubblico dal 2015 al 2020, in cui il protagonista, interpretato da Rami Malek, è un genio dei computer coinvolto in complotti internazionali, ma ossessionato dalla figura del padre.

Le citazioni si potrebbero allungare, ma non è questo il nostro intento quanto piuttosto attirare l’attenzione su un fenomeno che rischia di non essere colto nella sua portata. A modo loro tutte queste serie contengono un grido di aiuto. Se tanti sentono la necessità di non mollare queste serie e di sostare immedesimandosi su questi temi è perché a un qualche livello lì trovano quella elaborazione che non trovano altrove, ovvero in quelle agenzie educative che tradizionalmente dovrebbero assolvere a questo compito: la famiglia, la scuola, la comunità ecclesiale. È interessante poi notare quali sono i temi che vengono posti in rilievo. Non si parla della famiglia ideale o felice ma di una famiglia in cui le relazioni fondamentali sono difficili, ferite, a partire dal rapporto con i genitori, e in molte di esse proprio in riferimento specifico alla figura del padre, ora assente, o violento, disturbato, o come in molti casi, deceduto. Altrettanto viene descritta la fatica della fraternità che non è riducibile al dato biologico, ma deve essere costruita nelle trame delle relazioni reali.

di Marco Tibaldi