· Città del Vaticano ·

Si riorganizza l’islam in Francia

La sfida
del decentramento

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07 giugno 2021

Si ritorna a discutere del tema del decentramento dell’islam in Francia, fortemente incoraggiato dalla classe politica, mentre il sistema attuale, molto centralizzato, è oggi segnato una crisi interna di gravità senza precedenti. Nelle ultime settimane e fino ad oggi, in ogni dipartimento, imam, responsabili di moschee, associazioni e altre figure musulmane si sono incontrate alla presenza e su invito delle autorità locali. Gli scambi si sono concentrati sulla formazione dei dirigenti religiosi, sul finanziamento delle moschee e sulle modalità di organizzazione del culto. I partecipanti hanno risposto così all’appello del ministro dell’interno Gérald Darmanin, che mira a far emergere «gruppi rappresentativi del culto musulmano a livello territoriale». Non si è trattato della prima iniziativa del genere: due precedenti edizioni erano già state organizzate nell’autunno del 2018, e poi tra il 2019 e 2020, avviando un processo di ristrutturazione delle istanze islamiche per «un contatto più diretto con le realtà locali».

Da tante parti si vuole ripartire dalla base ed abbandonare le strutture troppo centralizzate, che non riescono più a federare i musulmani francesi. A metà gennaio, tre delle nove federazioni del Consiglio francese di culto musulmano (Ccfm) — di cui due di origine turca — hanno rifiutato di firmare la «Carta dei principi per l’islam di Francia» voluta dal presidente Emmanuel Macron per lottare contro il separatismo religioso. Due mesi dopo, altre quattro organizzazioni, tra cui la Grande moschea di Parigi, hanno annunciato il loro ritiro dall’“ufficio esecutivo” del Cfcm.

Alcuni partecipanti a questi incontri hanno voluto mettere in guardia il governo, accusato di voler in modo eccessivo sulla questione dell’islam in Francia. «Lo Stato ha troppo spesso confuso organizzazione e rappresentanza, insistendo nel cercare soprattutto interlocutori ufficiali», ritiene Abdelali Mamoun, imam nella periferia di Parigi, intervistato da «La Croix». «Ciò di cui abbiamo bisogno oggi — afferma il responsabile musulmano — sono organizzatori, che lavorino e che conoscano il la realtà concreta».

Molto più vive sono state le proteste dei musulmani in Austria dopo la presentazione da parte del governo di una “mappa nazionale dell’islam” su Internet. Questo strumento interattivo, che permette di trovare i nomi di oltre 600 moschee e associazioni, i loro indirizzi, l’identità dei loro leader e i loro possibili collegamenti con l’estero, «testimonia una chiara intenzione del governo di stigmatizzare tutti i musulmani come potenziale pericolo», ha reagito il Consiglio rappresentativo dei musulmani. La mappa, risultato di una collaborazione tra l’Università di Vienna — che successivamente ha preso le distanze dal progetto — e il Centro di documentazione sull’islam politico, un’organizzazione creata lo scorso anno dalla coalizione tra conservatori e verdi, non intende lanciare un «sospetto generalizzato sui musulmani», ha invece assicurato il ministro dell’integrazione Susanne Raab, ma di smascherare «ideologie» che mettono in discussione «i valori della democrazia liberale». Sulla “mappa dell’islam” è intervenuto anche il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, segnalando il pericolo «che una delle comunità religiose del paese sia oggetto di un sospetto generale». «Il nostro diritto penale — ha assicurato il porporato in un articolo pubblicato sul quotidiano «Heute» — è abbastanza chiaro da perseguire movimenti terroristici ovunque si manifestino».

di Charles de Pechpeyrou