Per Roma serve una figura eccezionale, che non faccia calcoli politici. Una persona, di qualunque partito essa sia, «che abbia visione e che sappia trascinare i romani», che non aspettano altro. Perché governare la Caput mundi non è cosa che si possa improvvisare. Roberto Corbella, 71 anni, segretario generale dell’associazione Per Roma e dell’omonimo Osservatorio parlamentare, riassume così il pensiero e l’analisi maturati nel corso di anni dedicati a interrogare i politici di ogni schieramento sulla nuova, scomodissima, questione romana. La quale non ha niente a che vedere, naturalmente, con i rapporti fra potere temporale e spirituale. Anche se, di questi tempi, spiega Corbella (padre di Chiara, per la quale è in corso una causa di beatificazione), la voce della Chiesa a Roma servirebbe tanto.
Corbella, di associazioni nella Capitale oggettivamente ce ne sono già tante, come nasce, e perché, l’associazione “Per Roma”?
“Per Roma” nasce alla fine del 2015 per iniziativa di alcuni amici che dopo aver discusso tanto sulle problematiche della città, ricordando la famosa frase di Kennedy, «Non pensare a cosa può fare l'America per te ma pensa a cosa puoi fare tu per l'America» si sono chiesti se fosse stato possibile migliorare la situazione. C'è sembrato di sì… Ci muoviamo su vari fronti. Uno, classico delle associazioni culturali, è quello delle iniziative per favorire la conoscenza della città nei suoi aspetti meno noti, invitando magari un ospite esterno e con supporto dal punto di vista storico del nostro presidente, Marco Ravaglioli, ex giornalista. Più in concreto poi abbiamo cominciato a occuparci per esempio del problema della mobilità. Abbiamo riscoperto un progetto concepito per il Giubileo del 2000, il
A questo proposito: secondo lei il problema di Roma è burocratico, amministrativo o economico?
Direi che è un problema politico-burocratico. Spesso ci si lamenta dei pochi fondi, spesso si rivendicano poteri speciali. In questi anni abbiamo ospitato molti dibattiti politici, con parlamentari o amministratori comunali. Tutti ci hanno detto che così com'è strutturata la normativa vigente anche il miglior sindaco avrebbe serie difficoltà a governare bene la città. Tanto che nel 2019 abbiamo chiesto ai parlamentari: “Ma se tutti siete d'accordo nel dire la stessa cosa, perché non provate a rivedere le norme per Roma e fare in modo che il futuro sindaco, chiunque esso sia, abbia almeno gli strumenti ottimali per operare”? Da questo spunto è nata un'altra associazione, che si chiama “Osservatorio parlamentare per Roma”, i cui componenti sono tutti parlamentari o ex parlamentari. All'inizio erano 5 e ora sono 44, rigorosamente di tutti i partiti. Al momento alla Camera sono presenti 6 progetti di legge, di partiti diversi. Alcuni prevedono riforme di tipo costituzionale, altri di tipo ordinario. Probabilmente nessuno di questi progetti sarebbe in grado di risolvere interamente i problemi. Ne affrontano una parte. Come Osservatorio stiamo lavorando per cercare una mediazione, un denominatore comune, qualcosa che metta un po' di ordine. I punti fondamentali sono questi: oggi abbiamo due realtà, Roma Capitale e Roma Città Metropolitana. Il sindaco è lo stesso, però il meccanismo dei rapporti è abbastanza confuso, Roma Metropolitana di fatto è una realtà che comprende 121 Comuni, fra cui Roma con 3 milioni di abitanti e uno con 300. I Comuni vivono male questa compartecipazione perché non hanno reale voce in capitolo e non hanno benefici anzi temono di avere conseguenze negative. Tornando alla sua domanda, cosa manca? Manca soprattutto una visione. Cosa deve essere Roma nel suo insieme per il prossimo futuro? La maggior parte delle altre capitali hanno fatto già da anni il masterplan fino al 2030, oggi bisognerebbe già programmare il 2050, ma soprattutto bisognerebbe capire quali sono gli obiettivi, le priorità e poi su questo disegnare una struttura organizzativa snella. Oggi Municipi, Roma Capitale, Roma Città Metropolitana, Regione si sovrappongono e qualche volta invece pare che non ci sia competenza di nessuno (soprattutto quando si tratta di faccende scomode). I Municipi lamentano di avere poco potere e poche risorse. Uno dei progetti di legge immagina la loro trasformazione in Comuni ma anche in questo caso: se non viene fatto in maniera accurata e senza tenere conto delle conseguenze, si rischia di peggiorare le cose. Per fare un esempio, potrebbe capitare che il “Comune 1” appalti la mobilità a un'azienda e il “2” a un'altra... lo stesso per i rifiuti. Va chiarito che alcune materie devono avere una gestione superiore.
Così però rimarrebbe ben poco come competenza esclusiva delle autorità locali...
È un discorso lunghissimo. Qualcuno dice: il Municipio potrebbe avere una funzione importante di prossimità. Ad esempio a Parigi si parla molto della “città dei 15 minuti”, dove il cittadino in quel lasso di tempo deve poter are tutto quello che gli serve. Il Municipio potrebbe fornire questo tipo di servizi anche se poi sono appaltati a livello di Città metropolitana. Se per esempio viene appaltata la raccolta dei rifiuti dall'Ama, questa poi deve mantenere degli standard qualitativi che possono essere verificati dai Comuni, i quali naturalmente dovrebbero avere gli strumenti sanzionatori per intervenire.
Da 30 anni a questa parte, a partire dallo slogan “Roma ladrona”, la città è sempre più stata identificata con la “casta”. Quanto di questo atteggiamento, che da politico è diventato culturale, ha contribuito all'incuria nei confronti della città?
L'immagine negativa di Roma pesa tantissimo. Tutti i parlamentari con cui ho parlato mi hanno detto che ogni volta si propone qualcosa per Roma o si stanzia qualcosa per la Capitale buona parte del Parlamento reagisce appunto con luoghi comuni, con un atteggiamento preconcetto, negativo. Per molti Paesi, invece, la Capitale è l'elemento trainante, il modello cui ispirarsi, basta guardare la la Francia, dove Parigi, pur essendo di dimensioni molto più piccole di Roma è un esempio per i francesi… Roma non è sentita come Capitale, sia a livello politico sia a livello di cittadini, perché si è costruita nel tempo questa immagine negativa che si può superare solo con un forte slancio, con qualche idea. Roma deve tornare a essere propositiva, non può, tanto per essere chiari, cavarsela con il “piano buche” o asfaltare le strade; i dibattiti su Roma oggi riguardano la spazzatura, i cinghiali...
È sempre una narrativa politica...
Sicuramente è una narrativa cavalcata politicamente. Fa gioco ad alcuni. Vediamo adesso la difficoltà a trovare dei candidati sindaci forti. Una volta quella di sindaco di Roma era una delle posizioni politicamente più appetibili, un trampolino di lancio. Oggi quasi nessuno è disponibile e i partiti non riescono ad esprimere personalità adatte. Si è assommata una serie di elementi negativi, per cui bisogna trovare qualcuno che prima di tutto è orgoglioso di fare il sindaco e che ha una visione di cosa fare e sappia circondarsi di una squadra valida, perché è difficile amministrare un Comune come Roma, così complesso, con una burocrazia contorta impersonata da funzionari che si mettono di traverso perchè sono del partito all'opposizione o perché gli si scaricano responsabilità anche penali di cui non dovrebbero farsi carico. Ci deve essere qualcuno con una forza tale da travolgere. Uno così potrebbe portarsi dietro anche i romani, che oggi si riparano dietro un apparente disinteresse, un atteggiamento anche ironico che secondo me in questo caso non è la loro vera espressione.
Il classico disincanto romano che a volte viene un po' frainteso da chi non lo conosce abbastanza... Anche in questo senso, abbiamo parlato del tema politico, amministrativo, culturale... Passiamo all'aspetto macreconomico: nel mondo postcovid abbiamo tutti scoperto di essere anti-neoliberisti. Senza voler fare del becero campanilismo, rispetto alla “Milano da bere” degli anni '80, tanto per fare un esempio, c'è lo spazio perché Roma sia trainante in una visione della vita e dei valori più a misura d'uomo?
C'è sicuramente. Anche perché Roma ha una serie di carte da poter giocare poco note e pubblicizzate. Per esempio, Roma è il più grande Comune agricolo d'Europa. Ha terreni che potrebbero essere utilizzati in maniera molto produttiva. Roma riunisce un numero di università e un polo tecnologico, il Cnr, il campo spaziale, tali che messi a sistema potrebbero benissimo farne un polo di attrazione. A Tel Aviv c'è un sistema fiscale per cui tutte le società del mondo informatico beneficiano di tassazione agevolata se mettono lì la loro sede. Dei meccanismi esistono. Se tutto il mondo accademico si muovesse in maniera più coordinata, anche con il mondo del lavoro, questo potrebbe accadere. Milano, tornando all'esempio precedente, ha avuto il vantaggio per cui i vari cambi di colore della gestione comunale non sono stati accompagnati dallo spoil system. A Roma c'è stato troppo spesso un azzeramento delle cose fatte dalle amministrazioni precedenti. Io, per mentalità, dico che non andrebbe mai demolito nessun monumento, neanche quello di un dittatore, perché appartiene alla storia di quel Paese. D'altra parte, certo, bisogna avere il coraggio di fare cose nuove. Negli ultimi anni a Roma cosa è stato fatto veramente? L'Auditorium, il Ponte della Musica, e poi tante altre opere abbandonate...ecco, già un sindaco che mettesse mano alle opere incompiute scatenerebbe dei meccanismi virtuosi. Certo, ci ci vorrebbe qualcuno che non avesse nulla da perdere, con il coraggio di dire alla gente: “Guardate, siccome non abbiamo la possibilità economica di fare tutto quello che serve, intanto faremo queste cose qui e abbiate pazienza”. Se io invece, come sempre accade nelle campagne elettorali, prometto tutto...
Tra le opere incompiute, qualcuna è legata al Giubileo, lei ha citato la linea ferroviaria Tva...In una città cosmopolita, multiculturale, multireligiosa, la Chiesa cattolica che ruolo ha?
Secondo me, potrebbe avere un ruolo più forte di quello che sta esercitando oggi. Storicamente la Chiesa cattolica a Roma ha avuto un peso e un'influenza notevole. Oggi ho la sensazione che sia un po' defilata su certi temi. Invece, in questo momento di confusione e di sbandamento, una Chiesa cattolica che fa sentire la sua voce ci potrebbe stare, e bene. Per carità, senza sostituirsi in ruoli che sono decisamente secolari e di competenza laica. Però, la Chiesa ha espresso anche tante persone qualificate che potrebbero dare un contributo di pensiero, di modalità. Prendiamo il tema grande dell'emarginazione: la pandemia ha esasperato i divari. Quando sarà finita ci sarà molta gente che starà molto peggio. Al di là del fatto etico e religioso, questo non fa bene a una città. Se c'è un divario troppo forte, le cose non funzionano. Leggevo su internet di gente che si lamenta perché ci sono molti barboni in centro storico che si lavano nelle fontane. Certamente è una cosa dannosa per il turismo, però non penso che queste persone lo facciano per sport...
C'è spazio per una maggiore saldatura tra quello che viene definito terzo settore e realtà istituzionali?
Ci deve essere. La politica si deve rendere conto che alcuni temi non sono più rinviabili. Come il tema in generale dell'immigrazione: non si risolve con piccoli accorgimenti. Ci sono cose che non dipendono da noi, semplicemente succedono. Anche qui, serve il coraggio di mettersi insieme trasversalmente, di non avere preconcetti. Forse proprio perché Roma per certi versi ha toccato un po' il fondo, per rispondere alla sua domanda precedente, avrebbe l'opportunità di fare un salto, di ripartire come negli anni '60. La gente poteva sognare, anche di avere piccole cose. Credo che Roma abbia bisogno di un sindaco che faccia sognare i romani. Inutile parlare di turismo come del petrolio del Paese: va bene, certamente è un'opportunità. Ma una città dove stanno male per primi i suoi abitanti non può essere accogliente nemmeno per i turisti. E' un salto però che va fatto rapidamente, altrimenti la situazione si incancrenisce. C'è un numero troppo alto di rassegnati.
Insomma, “Damose da fa'”, come disse Giovanni Paolo
Purtroppo anche la società, in tutte le sue articolazioni, anche imprenditoriali, non ha espresso negli anni delle figure trainanti. Uso un nome non romano per capirci: Olivetti. A suo modo, pur facendo i suoi interessi ha saputo farlo con una strategia, con uno spirito all'avanguardia. Dare la colpa ai politici è sbagliato, non fosse altro perché i politici li abbiamo eletti noi. Se continuiamo a sbagliare c'è qualcosa che non va. Di fondo c'è troppo egoismo, la gente fa fatica a impegnarsi mentre è prontissima a lamentarsi. Già da qualche anno esiste un sito internet che si intitola “Roma fa schifo”: ecco, già il fatto che esista una cosa del genere è grave. Non a caso noi abbiamo scelto il nome “Per Roma”. Troppe volte si vota contro più che a favore di qualcuno. Se vogliamo costruire una Roma eccezionale invece dobbiamo costruire dei cittadini eccezionali, che abbiano passione e voglia di fare.
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