· Città del Vaticano ·

La vittoria (pulita) è il mosaico di tante sconfitte

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05 giugno 2021

Non mi piace perdere. Ho sempre gareggiato per vincere, partecipare era meno importante. Allora perché davanti a Papa Francesco, il 10 maggio 2014, ho detto: «Meglio una sconfitta pulita di una vittoria sporca»? Innanzitutto perché nella mia carriera sportiva ho vissuto più sconfitte che vittorie. Poi perché non potrei mai accettare di violare le regole e questo messaggio va traslato non solo nello sport ma anche nella vita.

Quel giorno del 2014 fu straordinario. All’udienza c’erano le scolaresche e un gruppo di rappresentanti dello sport, della cultura, della musica. Quando mi chiesero di prendere la parola non sapevo cosa sarebbe uscito. Dissi quello che sento profondamente, sul valore dell’attività sportiva e sul senso della vita secondo me. Tornai al mio posto, si avvicinarono due giganti e mi chiesero di seguirli dietro il palco. In una stanza era seduto Papa Francesco. Mi chiese: «Posso usare nel discorso finale quello che hai detto sulla sconfitta?». Feci pure lo spiritoso: «Non saprei, se proprio deve Santità». È stato un momento di profonda emozione.

Lo sport è una scuola di vita notevole, una grande formazione: rispetto delle regole, relazione con gli altri proprio come ha detto Papa Francesco qualche giorno fa. Non so se sia la scuola di vita migliore o l’unica. Lo è stata per me: ti dà dei valori che sono poi utili anche andando avanti su strade diverse. Penso che il Papa sia nel giusto richiamando questi valori di aiuto reciproco, di solidarietà, di capacità di rialzarsi che sono anche nel cattolicesimo.

Lo sport mette tutti sullo stesso piano, quando perdi non è per sempre, quando vinci uguale. È meritocratico e può essere un faro per l’Italia dove troppo spesso si prendono scorciatoie, senza malafede spesso, ma solo perché è accettato, perché così fan tutti. Nello sport invece c’è poco da fare: o sei pronto o non lo sei.

La sconfitta, anche se non mi piace, la conosco bene. Ripeto: ho più perso che vinto. Sono quello che sono grazie alle sconfitte. Le ho metabolizzate, studiate, ho sempre saputo che avevo io sbagliato qualcosa e non c’entrava la sfortuna o il destino. Si può sempre cambiare quello che hai sbagliato, per diventare un atleta migliore e un essere umano migliore. Farlo insieme agli altri, come succede nello sport sia individuale sia di squadra, aiuta moltissimo.

Da qualche mese partecipo al progetto Legend di «Sport e Salute», la società che si occupa della promozione dello sport. Siamo in tanti, campioni non più in attività. Siamo diversi, ma ci uniscono i valori dello sport. Vogliamo portarli concretamente tra la gente, tra i praticanti di ogni età. Ho guardato i nomi della squadra dei Legend e ho visto subito un link che ci legava tutti: la credibilità. Se sei credibile è più facile far passare il messaggio. Così, l’obiettivo è cercare concretamente di avvicinare più persone all’attività fisica, ma anche comunicare il senso di fraternità, di educazione, e vale specialmente per i ragazzi, che lo sport ha dentro di sé.

Ho vinto, ho perso. Ma lo sport mi aiuta ancora a fare ordine nella mia vita.

di Jury Chechi


Jury Chechi è uno dei più forti ginnasti di sempre nella specialità degli “anelli”. Ha vinto un oro e un bronzo olimpici. Oltre a 5 titoli mondiali e 4 europei, 3 vittorie alle Universiadi e 13 ai Giochi del Mediterraneo. Fa parte del progetto Legend di «Sport e Salute spa» per testimoniare il valore formativo ed educativo dello sport.