· Città del Vaticano ·

Nel Regno Unito mostra itinerante con la Croce di Lampedusa

Simbolo insieme
potente e umile

Le croci di legno prodotte da Francesco Tuccio che vive e lavora nell’isola  di Lampedusa
27 maggio 2021

Senso di comunità e di rifugio, simbolo di identità e di condivisione, sentimento di appartenenza e di accoglienza: sono molteplici e profondi i significati che trasmette quella conosciuta in tutto il mondo come la Croce di Lampedusa, che per la prima volta è la protagonista di una mostra itinerante. L’opera è stata realizzata otto anni fa dall’artista-falegname Francesco Tuccio, che nell’isola vive e lavora, in seguito al terribile naufragio del 3 ottobre 2013 in cui morirono oltre trecento migranti, soprattutto eritrei e somali, in una delle più grandi tragedie del mare. La croce è composta da due travi di legno provenienti proprio dall’imbarcazione affondata, che trasportava più di cinquecento persone, e da allora è la testimonianza del dramma di coloro che sono in fuga da guerre, carestie e persecuzioni.

Nel dicembre 2015 l’opera d’arte è entrata nelle collezioni del British Museum di Londra, acquisita come donazione da parte dello stesso Tuccio: posizionata nella Room 2, rappresenta un messaggio di salvezza della vita, di speranza verso il futuro e di ammonimento per quanto avvenuto nel passato. La notizia dell’arrivo nella capitale britannica della croce di Lampedusa aveva fatto il giro del mondo e oggi, dopo cinque anni e mezzo, sta per iniziare una nuova avventura. Da questo mese è la protagonista di una mostra itinerante in tutto il Regno Unito, prima esposizione di questo genere nel Paese, tanto che si protrarrà fino a novembre 2022: Crossings: Community and Refuge (“Attraversamenti: comunità e rifugio”). Il lavoro di Tuccio toccherà numerose località: Coventry, Manchester, Hastings, Derby, Ipswich, Bristol e Rochester. «La Croce di Lampedusa — ha spiegato in occasione della mostra Jill Cook, curatrice del British Museum — Ci ricorda tutte le storie che si perdono e le migliaia di persone che non vengono altrimenti ricordate». E già in un’altra dichiarazione, del 2016, aveva definito l’opera d’arte come «simbolo potente e umile» allo stesso tempo.

Francesco Tuccio ha messo a disposizione il proprio talento in quella che è diventata la sua missione di vita. Dodici anni fa, era il 9 aprile 2009, non aprì la bottega per andare a salvare, assieme con i suoi compaesani, le vittime dell’ennesimo naufragio. Da allora realizza croci con il legno delle imbarcazioni che trasportano i migranti in fuga a bordo di quelle che ormai vengono chiamate carrette del mare e che molto spesso si trasformano in tombe. Come lui stesso ha più volte dichiarato ogni croce è una persona che perde la vita nella speranza di una migliore. Toccante l’incontro con Papa Francesco: il Santo Padre stringeva una delle sue croci durante la santa messa a Lampedusa l’8 luglio 2013, nel suo primo viaggio fuori dalla città di Roma dalla sua salita al soglio pontificio. In tour con la croce di Lampedusa è possibile ammirare l’opera dell’artista siriano Issam Kourbaj. Nato ad As-Suwayda, città montana a maggioranza drusa, dagli anni Novanta vive nel Regno Unito. Sua è l’installazione Dark Water, Burning World (“Acqua scura, mondo in fiamme”): composta da dodici piccole barchette realizzate con materiale di riciclo, come parafanghi di biciclette e fiammiferi, a testimoniare la fragilità delle imbarcazioni utilizzate dai migranti in fuga, la paura e la spossatezza della traversata e l’incertezza, una volta sopravvissuti, verso la nuova vita tanto sognata. Anche la decisione di utilizzare materiale di riciclo ha un significato ben preciso: il migrante porta con sé, senza sprecarlo, quel poco che riesce a salvare dal proprio Paese di origine. Nella maggior parte dei casi non si tratta di beni materiali, bensì di sogni e conoscenze che i migranti portano con loro a bordo delle carrette del mare, senza occupare spazio ma dando forza e speranza durante la traversata.

di Simona Verrazzo