Il sei gennaio di quest’anno, in tutto l’Ordine dei predicatori è stato inaugurato il giubileo dell’ottavo centenario della morte — dies natalis — di san Domenico di Caleruega (1274 circa – 1221) che avveniva il sei agosto in una Bologna umida e afosa. Con la lettera apostolica Praedicator gratiae, indirizzata a tutta la famiglia domenicana sparsa nel mondo, Papa Francesco ha inteso ricordare e onorare la figura del grande santo che, insieme a quella di Francesco d’Assisi, non solo ha impresso una decisiva e originale svolta nella storia della Chiesa, ma rappresenta, ieri come oggi, un esempio fulgido di vita consumata al servizio della carità evangelica e della salvezza delle anime.
L’Ordine dei predicatori nasce dal cuore apostolico di quest’uomo che, come efficacemente ricorda santa Caterina da Siena «prese l’Ufficio del Verbo» e «riarso di zelo per le anime […] intento a parlare [con Dio o di Dio]», coniugando in mirabile equilibrio apostolato e contemplazione «si votò totalmente al rinnovamento della Chiesa» (Prefazio della Messa del santo).
La santità di Domenico, riconosciuta ufficialmente da Papa Gregorio
Il cardinale Ugolino di Ostia conobbe di persona Francesco e Domenico e, divenuto Papa con il nome di Gregorio
Per chi lo conobbe, Domenico «aveva una volontà ferma e sempre lineare e un cuore irremovibile nelle cose che aveva giudicato secondo Dio ragionevoli a farsi» e l’equilibrio dell’uomo interiore «si manifestava fuori nella bontà e nella gioia del volto»; uomo di autentica e ininterrotta preghiera, era un amabile fratello per i suoi compagni: «Di notte nessuno più di lui assiduo nelle veglie e nelle preghiere, di giorno nessuno più socievole di lui (nemo communior) con i fratelli, nessuno più allegro». Lo era anche con le prime monache dell’Ordine, con le quali si intratteneva con amabile e affettuosa amicizia.
San Domenico era bruciato dall’amore e dalla compassione per tutta l’umanità e, come afferma un testimone al processo di canonizzazione: «Estendeva la sua carità e compassione non solo ai fedeli ma anche agli infedeli e ai pagani e perfino ai dannati dell’inferno e piangeva molto per essi». Da qui nacquero l’apostolato e la preghiera notturna espressa nel grido: «Signore, che ne sarà dei peccatori?». Un altro testimone ricorda che «piangeva così forte che lo si sentiva dappertutto […]. Così trascorreva le notti senza dormire, piangendo e commiserando i peccati degli altri».
Tutto questo nell’assiduità quotidiana alla meditazione della Parola di Dio, nell’adesione alla sana dottrina e con un fecondo rapporto con la Chiesa istituzionale: egli fu un uomo in medio ecclesiae. Secondo uno dei primi agiografi del santo, Papa Innocenzo
San Domenico fu soprattutto un «umile ministro della predicazione / Predicationis humilis minister», come si firmò in un documento dell’inizio del 1215. L’anno dopo, stando al racconto degli agiografi, durante un altro soggiorno a Roma, il santo ebbe la famosa visione dei santi Pietro e Paolo: «L’uomo di Dio Domenico, dunque, si trovava a Roma. Mentre si effondeva, nella basilica di San Pietro, al cospetto di Dio, nella sua preghiera per la conservazione e la propagazione dell’Ordine […] la mano del Signore fu su di lui e subito vide, in una visione dell’immaginazione, i gloriosi principi Pietro e Paolo venire verso di lui: il primo, Pietro, sembrava dargli un bastone, Paolo un libro, e aggiungevano dicendo: “Va’, predica, poiché sei stato scelto da Dio per questo ministero”. Subito, in un istante, gli sembrava di vedere i suoi figli sparsi in tutto il mondo, avanzare due a due e predicare ai popoli la parola di Dio».
Il sogno di Innocenzo
Il concilio Vaticano
Nelle fonti ricorre molto spesso l’immagine del santo che celebrava — cantava — la messa tutti i giorni e quando poteva anche in viaggio, versando abbondanti lacrime durante il canone e al Padre nostro. Questo perché la Parola si compie ed è compresa nell’Eucaristia, come insegna il cammino dei due discepoli di Emmaus (Lc 24, 27-31). Inoltre, sempre nelle fonti, vengono ricordate le sue estasi al momento dell’elevazione dell’ostia consacrata: «Frequentemente, poi, nell’elevazione del corpo del Signore durante la messa, veniva rapito in un’estasi tale, come se vedesse lì presente il Cristo incarnato; per questa ragione, per molto tempo non ascoltò la messa insieme agli altri».
La sua vita, come il suo messaggio, la sua eredità e la sua santità, restano ancora oggi la “pietra di fondamento” sulla quale si regge l’Ordine dei predicatori e un esempio per tutta la Chiesa al quale guardare per imparare a modellare la propria vita su quella del Cristo, nel servizio dei fratelli. Come fece Domenico.
di Gianni Festa, op
Postulatore generale dell’Ordine dei predicatori