· Città del Vaticano ·

A Roma beatificato il fondatore dei salvatoriani Jordan

L’annuncio
per la salvezza di tutti

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15 maggio 2021

«Annunciare a tutti, per salvare tutti». È in questi due verbi la sintesi dell’opera missionaria di Francesco Maria della Croce Jordan (1848-1918), beatificato stamane, sabato 15 maggio, nella basilica papale di San Giovanni in Laterano. Li ha sottolineati il cardinale Angelo De Donatis, vicario generale di Sua Santità per la diocesi di Roma, durante il rito presieduto in rappresentanza di Papa Francesco.

Ed è significativo che la cerimonia per la beatificazione del sacerdote, originario dell’arcidiocesi tedesca di Friburgo in Brisgovia, si sia tenuta a Roma, che è stata la patria d’adozione per il fondatore della Società del Divin Salvatore e della congregazione delle suore del Divin Salvatore. Infatti, come ha ricordato il cardinale De Donatis all’omelia, è nella “città eterna” che egli trascorse gli anni della formazione e ricevette «in dono dallo Spirito il carisma fondativo che l’ha ispirato a costituire la primitiva società apostolica l’8 dicembre 1881, in piazza Farnese». Inoltre, proprio in via della Conciliazione riposano le sue spoglie mortali. Per questo, il nuovo beato si può ritenere «a pieno titolo figlio della Chiesa di Roma».

Il cardinale ha sottolineato lo zelo missionario di Jordan (al secolo Johann Baptist) e ha ricordato che i due verbi «annunciare e salvare» ricorrono molte volte nei suoi scritti. Infatti, portava «continuamente nel cuore coloro che non riuscivano a percorrere la via del Vangelo per mancanza di istruzione religiosa e di formazione». L’evangelizzazione, ha aggiunto il celebrante, divenne «l’obiettivo principale della sua vita e della sua missione, e oggi è diventata la missione della famiglia salvatoriana». Jordan trovò in san Paolo «un modello di fervore apostolico, una guida, un maestro; si lasciò toccare così profondamente dall’instancabile azione di annuncio dell’apostolo da sperimentare nel suo cuore il desiderio di salvare tutti, come fuoco acceso e fiaccola ardente».

Citando la prima lettura, tratta dal capitolo 18 degli Atti degli Apostoli — nella quale si descrive l’esperienza di san Paolo che percorre la Galazia e la Frigia per confermare tutti nella fede — il cardinale De Donatis ha commentato che si tratta della storia «delle prime pulsazioni vitali della Chiesa; una storia che prosegue fino a noi, sostenuta e alimentata dalla carità amorevole di tanti testimoni, conosciuti o nascosti, che spendono la vita per annunciare a tutti e salvare tutti, come fece Francesco della Croce e come insegnò a fare ai suoi». Ecco allora, ha aggiunto, «l’attualità del nostro beato» e «la peculiarità del suo esempio».

Il porporato ha poi invitato a riflettere sul «seme della vocazione apostolica» di Jordan, che è «germinato attraverso lo studio e la meditazione della Parola». Egli, ha ricordato De Donatis, annota tra i suoi propositi personali, raccolti nel diario spirituale: «Leggi spesso la Scrittura!». È una raccomandazione che «rivolge a se stesso, perché la Bibbia è per lui la fonte a cui attingere i contenuti della formazione religiosa». Infatti, aveva compreso che solo dalla Parola di Dio «si può ricevere quella luce che rischiara coloro che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte»; solo frequentando la Scrittura, «leggendola, meditandola, si acquisisce la saggezza spirituale necessaria per l’annuncio».

Francesco della Croce sentiva di essere chiamato a fondare un’opera apostolica e comprese che «solo l’ascolto della Parola di Dio può essere il fondamento del percorso di evangelizzazione».

Nella Scrittura lo Spirito infatti «rivela che il Padre ci ha salvati, e non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia». Papa Francesco, ha rimarcato il porporato, lo sottolinea nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium. Infatti, tutta l’evangelizzazione deve «alimentarsi della Parola di Dio, è fondata su di essa, ascoltata, meditata, vissuta, celebrata e testimoniata». In questo senso, la Sacra Scrittura «è fonte dell’evangelizzazione». Lì si comprende ed «è declinata e descritta la storia d’amore tra Dio e il suo popolo». Pertanto, «bisogna formarsi continuamente all’ascolto della Parola».

La Chiesa non evangelizza «se non si lascia continuamente evangelizzare». È indispensabile, ha fatto notare il cardinale vicario, che la Parola di Dio «diventi sempre più il cuore di ogni attività ecclesiale». Del resto, non si può «testimoniare la buona notizia senza nutrirsi della Parola».

Il porporato ha infine fatto riferimento alla comunione apostolica, all’unità che «siamo chiamati a testimoniare nella vita, come ci raccomanda Paolo nella Lettera a Tito».