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A 90 anni dalla nascita di don Moioli

Memoria di un maestro

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04 maggio 2021

Novant’anni fa, il 4 maggio 1931, a Vimercate nasceva don Giovanni Moioli, sacerdote della diocesi di Milano dal 1954 e uno dei più apprezzati teologi italiani del xx secolo. Molti lo hanno conosciuto personalmente prima della sua prematura scomparsa, il 6 ottobre 1984. Molti di più lo “incontrano” ancora oggi leggendo i suoi scritti. Da quelli più accessibili: L’esperienza spirituale, Temi cristiani maggiori, La parola della croce, a quelli più impegnativi per il rigore e la qualità della riflessione teologica: Cristologia. Studi e Cristologia. Proposta sistematica, L’escatologico cristiano, Matrimonio e verginità; solo per ricordare alcuni dei titoli che, dal 2014, il Centro Ambrosiano pubblica nell’opera omnia, giunta all’ottavo dei quattordici volumi previsti.

Nel 2004, in occasione del ventesimo anniversario della morte, l’amico e collega monsignor Giuseppe Colombo ricordava come don Moioli avesse «insegnato soprattutto due cose: Gesù Cristo — come si deve fare per conoscerlo e amarlo effettivamente — e la vita cristiana — che cosa si deve fare per viverla veramente». Due, infatti, le discipline teologiche delle quali fu docente nel seminario di Milano, a partire dal 1961, e presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale, dal 1969: la teologia sistematica e la teologia spirituale. Ed egli seppe metterne in luce le profonde relazioni: «Nel suo insegnamento — prosegue Giuseppe Colombo — concordavano in unità strettissima e indissolubile, perché non si può conoscere e amare Gesù Cristo senza imitarlo, cercando di vivere come Lui ha vissuto; e, d’altra parte, non si può cercare di imitare Gesù Cristo, senza conoscerlo».

Unità tra conoscenza e imitazione di Gesù che ha effettivamente caratterizzato l’intera esperienza e il pensiero di Moioli, come emerge con chiarezza sia dalle sue pagine più personali che da quelle più propriamente teologiche. Nel suo testamento, redatto alla vigilia del primo ricovero in ospedale, il 21 novembre 1981, quella “unità” appare come il fil rouge della sua esistenza: «Dietro il passato, il presente, il futuro voglio vedere il Figlio dell’uomo, al quale mi affido; supplicandolo di “lavarmi i piedi”, e di purificarmi per l’incontro con lui, come e quando gli piacerà». Un’unità profonda che è anche il principio ispiratore e l’obiettivo finale di tutta la sua teologia, alla quale dedicò lunghi e intensi anni di studio e che lo guidò nel suo appassionato impegno per la formazione di seminaristi, sacerdoti, consacrati e laici. In una delle pagine conclusive del volume Cristologia. Proposta sistematica sottolinea come il compito del teologo sia quello di esercitare un’attenta e rigorosa riflessione critica sulla fede, ma anche quello di guidare e orientare la propria vita cristiana e quella di tutta la Chiesa: «Se per il teologo la “cristologia di Gesù” deve identificarsi con la “cristologia della fede che — in maniera critica, riflessa, consapevole — sa Gesù”, non gli sarà permesso se non di verificare rigorosamente che il discorso cristologico risponda e sia omogeneo con questa fede; e che conseguentemente le proposte e i comportamenti cristiani ed ecclesiali siano verificati e giudicati su di essa. In tal senso il teologo contribuisce a formare, in sé e nella Chiesa, una coscienza critica di fede, riproponendo dal suo livello proprio la “memoria di Gesù”» (G. Moioli, Cristologia. Proposta sistematica, Milano 2015, p. 389).

Con le sue stesse parole si può provare a sintetizzare la “lezione” che ci ha lasciato, della quale, mentre riconosciamo il valore, avvertiamo la mancanza: «L’uomo spirituale è memoria di Cristo […] in questo mondo, secondo la propria vocazione e la propria modalità […] in questo tempo e per questo tempo» (G. Moioli, L’esperienza spirituale, Milano 2014, pp. 31-32).

di Claudio Stercal