· Città del Vaticano ·

Da san Domenico di Guzmán ai Pontefici

Quasi un compendio
del messaggio evangelico

Cosimo Daddi, «La Madonna consegna il rosario a san Domenico» (1586)
03 maggio 2021

Nel mese di maggio il popolo cristiano, armato di “ghirlanda” riscopre il volto di Gesù alla scuola della Vergine Maria, la Regina del Santo Rosario. Rosario è il sostantivo proveniente dal latino rosarium, rosaio, giardino di rose, che a partire dall’ambito del monachesimo del xii secolo, con i certosini e i cistercensi e ancor prima nel ix secolo nei monasteri d’Irlanda, assume la connotazione religiosa, segnata in specie dalla consuetudine di mettere una corona ovvero ghirlanda di rose, sulle statue della Madonna. Questo a simboleggiare le molte preghiere profumate offerte a Maria e a seguire poi l’uso oggi diventato consuetudine della collana di grani come strumento per la recita del rosario. Certo l’affermazione della pratica e il “copyright” di recita del Santo Rosario appartiene a san Domenico di Guzmán (1170-1221), fondatore dei frati predicatori, e ai suoi figli, per due principali ragioni: contrastare la diffusione dei movimenti ereticali dell’epoca come i catari e istruire il popolo sui principali misteri della fede e la devozione alla Madonna della misericordia. Motivo per cui oggi in ogni chiesa domenicana i frati riservano un posto d’onore alla Madonna del Rosario. E dopo tutto non può che essere la logica conseguenza, dal momento che il loro fondatore san Domenico «recitava mille volte al giorno la prima parte dell’Ave Maria meditando gli eventi principali della rivelazione cristiana, e i suoi figli hanno sviluppato la devozione del Santo Rosario e ne sono diventati i propagatori» (L’Arca di San Domenico, pagine 3-5, 2-2000).

La preghiera del Santo Rosario, in circa ottocento anni di storia, ha attirato e coinvolto e nutrito un numero sterminato e infinito di fedeli e ancora oggi si rivela fucina formidabile di devozione mariana, tanto più perché indicata soprattutto come strumento spirituale di fronte ai mali della società. E non è casuale che in questo mese di maggio da trenta santuari di tutto il mondo, come segno profetico di speranza per la fine della pandemia, s’innalzerà senza fine la maratona di preghiera del Santo Rosario voluta Papa Francesco. Dall’Italia, all’Inghilterra, alla Nigeria, Polonia, Bosnia, Ucraina, Libano, Cuba, Argentina, India, Algeria, Germania, Malta e molti altri. Un modo semplice ma carico di significato, direbbe la carmelitana santa Teresa di Lisieux (1873-1897) in uno dei suoi pensieri dedicati alla preghiera del Rosario, proprio perché è una lunga catena che lega il cielo alla terra; una delle estremità è nelle nostre mani e l’altra in quelle della Santa Vergine. «Il Rosario, infatti, pur caratterizzato dalla sua fisionomia mariana, è preghiera dal cuore cristologico. Nella sobrietà dei suoi elementi, concentra in sé la profondità dell’intero messaggio evangelico, di cui è quasi un compendio» (San Giovanni Paolo ii , lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, pagina 3, 2002). Tra gli allievi più insigni alla scuola di Maria Vergine, si distingue padre Pio da Pietrelcina (1887-1968) che scrivendo al suo padre spirituale spiegava: «Che gioioso mese è il mese di maggio! È il più bello dell’anno. Come predica bene le dolcezze e le bellezze di Maria! Innumerevoli benefici ha fatto a me questa cara mammina! Quante volte le ho confidato le penose ansie del mio cuore agitato e quante volte mi ha consolato! Vorrei volare per invitare le creature tutte ad amare Gesù, ad amare Maria» (Epistolario, i , 1 maggio 1912 e 1913). Come non richiamare il beato Bartolo Longo (1841-1926), apostolo del Santo Rosario e fondatore del santuario e delle opere di carità di Pompei, definito da san Giovanni Paolo ii , il giorno della beatificazione «l’uomo della Madonna», autore della supplica alla Regina del Santo Rosario.

Tracce indelebili sul Santo Rosario sono state incise nei secoli dai Pontefici. Il domenicano san Pio v (1504-1572), con la lettera apostolica Consueverunt Romani Pontifices definì la forma tradizionale del Rosario; Papa Leone xiii (1810-1903) fu detto il Papa del Rosario, cui dedicò dodici documenti; san Paolo vi (1897-1978), autore della celeberrima esortazione apostolica Marialis cultus, del 1974. Un posto significativo va inoltre a san Luigi Maria Grignion de Montfort (1673-1713), autore di un importante scritto sul Rosario dal titolo «Il segreto meraviglioso del Santo Rosario per convertirsi e salvarsi» (Opere, 1, Scritti spirituali, Roma, pagine 729-843). Oppure sant’Ignazio di Loyola (1491-1556) che abitualmente portava al collo la corona del Rosario; e ancora, santa Maria Goretti (1890-1902) che affrontò il martirio con il Rosario al polso.

Quella del Santo Rosario è la preghiera che permette a ogni persona di poter meditare e contemplare i momenti salienti della vita di Gesù, così come la stessa Maria fece continuamente in silenzio durante i giorni di vita terrena. «Belle adunque, sublimi, efficaci, semplici, facili, divine sono le due preghiere che compongono la corona di rose a Maria, e tali che d’ogni famiglia cristiana possono e debbono essere carissima consuetudine […]. Vi pare egli possibile, che Maria insegnasse agli uomini una orazione, senza intenzione d’esaurirla?» (Antonio Rosmini, Sulla devozione del Santo Rosario, in Alcuni Scritti sopra Maria Santissima, a cura di B. Balsari, 1904, pagine 9-30). Il senso del Rosario sta in questo: «Per recitare il Rosario occorre una fede viva; ma anzitutto saper far silenzio e meditare» (Romano Guardini, Introduzione alla preghiera, Brescia, 1994, pagina 120). Da evidenziare infine come il Santo Rosario sia “affare” di tutti anche di Wolfgang Amadeus Mozart. Scrive al padre Leopold nel luglio 1778: «Subito dopo la sinfonia, per la gioia sono andato al Palais Royal, ho preso un gelato, ho recitato il rosario che avevo promesso e sono andato a casa» (A. Torno, Wolf-gang Amadeus Mozart: un profilo, in A. Torno - P. A. Sequeri, Divertimenti per Dio, Mozart e i teologi, Casale Monferrato, 1991, pagine 33-38).

In cauda, a proposito del problema della preghiera rispetto alla spiritualità contemporanea, si narra che a san Bonaventura da Bagnoregio un giorno, salendo verso il convento di Monteripido a Perugia, uno degli allievi al seguito abbia chiesto: «Maestro, cosa può sapere quella vecchierella a bordo strada di teologia?». Attenzione, rispose san Bonaventura: «E più facile trovare una solida fede in una vecchierella che in dotto teologo».

di Roberto Cutaia