· Città del Vaticano ·

Organizzazioni umanitarie internazionali denunciano il trasferimento forzato
di migliaia di migranti nel campo Moria 2

I prigionieri di Lesbo

(Yara Nardi/Reuters)
28 aprile 2021

Crudele e irrazionale. Due parole, dette dall’associazione Medici senza frontiere, per riassumere l’assurdo tormento inflitto a oltre 6.000 migranti prigionieri, di fatto, nell’isola di Lesbo, Grecia. Famiglie, anziani, donne incinte e sole, bambini anche con gravissimi e documentati segni di disagio psichico, persone abusate: tutti in marcia da un campo all’altro. Obiettivo finale il concentramento a Moria 2, un campo sorto provvisoriamente dopo un incendio e che sembra, invece, destinato ad essere usato stabilmente come meta finale di tutti gli sciagurati che hanno avuto in sorte Lesbo nella loro fuga per la vita. L’inferno della migrazione globale ha anche i volti di tremila bambini — quasi tutti sotto i 12 anni — bloccati sull’isola dove l’ultimo campo considerato praticabile, quello di Kara Tepe, è stato «irrazionalmente e crudelmente» chiuso nei giorni scorsi. Lo denuncia non solo Medici senza frontiere ma anche un rapporto dell’Oxfam e del Greek refugees council. In mille marciano verso il ghetto di Moria 2. Presto saranno quasi 7.000 stipati là dentro. Vengono da Afghanistan, Siria, Somalia, hanno diritto ad asilo e protezione internazionale: invece Oxfam ne ha contati almeno 248 in detenzione, due dei quali sono morti. Nel centro di Magal Therma, dove si dovrebbero accudire le persone in quarantena per il covid, 13 ospiti sarebbero stati picchiati e ributtati a mare, verso la Turchia, denuncia l’Oxfam che lancia il richiamo all’Unione europea: il nuovo patto per le migrazioni non perpetui così tanto dolore.

di Chiara Graziani