· Città del Vaticano ·

La settimana di Papa Francesco

Una Pasqua per rinascere
dopo la lunga quaresima
della pandemia

 Una Pasqua  per rinascere   dopo la lunga  quaresima   della pandemia Una Pasqua per rinascere  ...
08 aprile 2021

Dalla gioia della Risurrezione l’invito alla speranza 
rilanciato da Papa Francesco


La Quaresima può sembrare lunga, con i suoi richiami alla penitenza e alle abitudini di privazione. Essa riflette i 40 giorni che Gesù trascorse nel deserto, digiunando e lottando contro le tentazioni all’inizio del suo ministero (Mc 1, 13). Ma per mesi è sembrato che la Quaresima fosse cominciata il Mercoledì delle Ceneri 2020. Era il 26 febbraio, e l’11 marzo l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato il covid-19 una pandemia. E questo si è poi trascinato senza sosta per oltre 400 giorni fino a questa Pasqua del 2021.

«L’anno scorso eravamo più scioccati», ricorda Papa Francesco, ma «quest’anno siamo più provati» (Angelus, 28 marzo 2021). Fin dall’inizio, la pandemia è stata assai dura per molti, e continua a pesare su tutti noi.

Quindi, se guardiamo indietro a una Quaresima davvero impegnativa di oltre 400 giorni, come possiamo immaginare e abbracciare una Pasqua appropriata, proporzionata e tempestiva? Questa Pasqua non dovrebbe essere in qualche modo dieci volte «la lunghezza e la larghezza, l’altezza e la profondità» (Ef 3, 18) di una Pasqua ordinaria?

La nostra prima risposta potrebbe essere: «Oh, se solo potessimo recuperare la Pasqua del 2019!». Se solo potessimo tornare alla vecchia normalità! Ma no. Come insiste Papa Francesco, «da una crisi non si può uscire uguali, o usciamo migliori, o usciamo peggiori. Questa è la nostra opzione» (Udienza generale, 26 agosto 2020). Quindi il modo in cui stavano le cose non è un’opzione praticabile.

«L’annuncio di Pasqua non mostra un miraggio, non rivela una formula magica, non indica una via di fuga di fronte alla difficile situazione che stiamo attraversando. La pandemia è ancora in pieno corso; la crisi sociale ed economica è molto pesante, specialmente per i più poveri» (Messaggio Urbi et Orbi, 4 aprile 2021).

Infatti, non possiamo fare a meno di sentirci disorientati e scoraggiati, non solo per il covid-19, ma ancor più per i problemi economici, sanitari, politici e ambientali, per le ingiustizie di lunga data e sempre più gravi, che esso continua a portare alla luce e a ingigantire. Una triste e vergognosa “normalità” che abbiamo ereditato da prima del covid è l’incapacità, come comunità globale di nazioni e farmaceutica, di assicurare un’equa distribuzione del vaccino.

Tedros Adhanom Ghebreyesus, il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, ha twittato la sua eco del messaggio pasquale Urbi et Orbi: «Mi unisco a Sua Santità @Pontifex nel suo appello della domenica di Pasqua per la #VaccinEquity e incoraggiando i Paesi che hanno accesso alle scorte di vaccino a non dimenticare i loro vicini meno fortunati. Solidarietà!». Ma in realtà, il “ritorno alla normalità” non è mai la strada giusta, e soprattutto non è corretto dopo quello che abbiamo visto in questi ultimi sedici mesi. Come dice la scritta che abbiamo visto su qualche muro delle nostre città: «Non voglio tornare alla normalità, la normalità era la malattia». Non ci deve essere la nostalgia di un allegro ritorno alla nostra esistenza pre-covid con un sospiro di sollievo per il fatto che la nostra lunga quaresima è finalmente finita.

Nel Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, dove lavoro nella sezione che si occupa di migranti, rifugiati e altre persone vulnerabili in movimento, i primi due passi che sottolineiamo sempre sono: accogliere coloro che ci avvicinano nella loro condizione minacciata e proteggerli da ulteriori danni.

La pandemia ha esteso il bisogno di accoglienza e protezione a molte, molte più persone. Eppure tanti Paesi e comunità hanno ridotto l’accoglienza, e non riescono a proteggere molti all’interno della loro popolazione residente così come quelli in movimento.

Per esempio, i lavoratori peggio pagati nelle attività sospese — ristoranti, hotel, navi da crociera, visite turistiche, intrattenimento — sono improvvisamente indigenti e lasciati a cavarsela da soli. Coloro che vivono in condizioni di affollamento e in aree impoverite sono altamente vulnerabili all’infezione da coronavirus. Abbiamo visto condizioni scioccanti in molte strutture di assistenza a lungo termine per gli anziani e siamo stati testimoni di un alto numero di morti. I lavoratori migranti hanno affrontato restrizioni che impediscono di raggiungere il loro posto di lavoro. D’altra parte, non possono tornare a casa per mancanza di denaro o per la chiusura delle frontiere.

Inoltre, lo spostamento all’interno dei territori e attraverso i confini nazionali non si è potuto fermare durante la pandemia. «Purtroppo, tra coloro che per vari motivi sono costretti a lasciare la propria patria, ci sono sempre decine di bambini e ragazzi soli, senza la famiglia ed esposti a molti pericoli». Il Santo Padre supplica: «Facciamo in modo che a queste creature fragili e indifese non manchino la doverosa cura e canali umanitari preferenziali» (Angelus, 7 febbraio 2021).

Un’altra minaccia globale non sospesa dalla pandemia è il cambiamento climatico. L’insorgenza del covid-19 è stata improvvisa e puntuale; il cambiamento climatico è una questione a lungo termine che ha iniziato il suo corso con la rivoluzione industriale. Nonostante le differenze, hanno entrambe una rilevanza globale e interessano molteplici dimensioni: etica, sociale, economica e politica. Riguardano tutti sulla terra e soprattutto la vita dei più poveri e fragili.

La risposta non deve essere il rifiuto, ma l’accoglienza; non deve essere l’abbandono, ma la protezione. Questa crisi combinata fa «appello alla nostra responsabilità di promuovere, con un impegno collettivo e solidale, una cultura della cura, che ponga al centro la dignità umana e il bene comune» (Videomessaggio in occasione dell’High Level Virtual Climate Ambition Summit, 12 dicembre 2020).

È una speranza eccessiva? Può l’umanità nel 2021 confessare i propri peccati ed emendare i comportamenti distruttivi su cui la pandemia ha acceso la sua luce impietosa? Abbiamo quello che i cattolici chiamano un “fermo proposito di emendamento”? Quando Papa Francesco dedica un capitolo di Fratelli tutti a una «migliore politica», pensiamo che questo sia effettivamente possibile? Sì, sappiamo con chi dobbiamo essere solidali, ma siamo confusi perché non sappiamo di chi possiamo fidarci. Tuttavia non mancano i segni di speranza. La sezione Migranti e rifugiati è venuta a conoscenza di molte iniziative, molti atti di eccezionale compassione per alleviare la situazione di persone in grande difficoltà durante la pandemia.

Lo spirito del buon Samaritano, la cui storia è centrale nell’enciclica Fratelli tutti, è vivo in molti luoghi. Sono sorti veri e propri santuari e scuole di solidarietà, sia di persona che online: «Nel mezzo della crisi, una solidarietà guidata dalla fede ci permette di tradurre l’amore di Dio nella nostra cultura globalizzata... tessendo comunità e sostenendo processi di crescita veramente umana e solida» (Udienza generale, 2 settembre 2020). E così la nostra speranza, sebbene messa a dura prova durante la pandemia, non è perduta; il suo vaccino è la buona notizia della Risurrezione che risana e trasforma: «È possibile ricominciare sempre, perché sempre c’è una vita nuova che Dio è capace di far ripartire in noi al di là di tutti i nostri fallimenti» (Veglia pasquale, 3 aprile 2021).

Anche i discepoli erano rannicchiati nella paura a porte chiuse dopo la crocifissione. Pensavano che nulla di buono potesse più accadere. E in un certo senso, potremmo dire che erano “razionali” o “ragionevoli” o “logici”. Ma la logica di Dio è che nulla è impossibile con il suo aiuto . Così, guardiamo al potere della risurrezione per aiutare a rafforzare la nostra determinazione e approfondire la nostra speranza.

La Pasqua ci insegna a rinnovare la nostra fede in Dio Padre Onnipotente, creatore del cielo e della terra, che possiamo implorare con fiducia: «Manda il tuo spirito e saranno creati, e rinnoverai la faccia della terra» (Salmo 104, 30). Pensate all’enorme gioia pasquale di credere in modo tale da innescare una effettiva conversione che potrà rallentare, arrestare e infine invertire la crisi climatica. L’enorme gioia pasquale di un nuovo sguardo che ci rende capaci di distribuire equamente i vaccini anti-covid e amministrarli in modo efficiente per dare a tutti l’immunità e la sicurezza di una vera famiglia. L’enorme gioia pasquale di vivere la Fratelli tutti e di accogliere nuovi membri nelle nostre comunità e parrocchie, nelle nostre scuole e nella nostra economia, nella nostra cultura e società.

«Cristo risorto è speranza per quanti soffrono ancora a causa della pandemia» (Messaggio Urbi et Orbi, 4 aprile 2021), affinché tutti «camminino in novità di vita» (Romani 6, 4). Ciò che la Pasqua dovrebbe portare — dovrebbe sempre portare, ma dovrebbe specialmente portare quest’anno — è una spinta energica che cambia la vita nella fede e nella speranza: «Non abbiate paura!». Il Signore Risorto è con noi.

di Michael Czerny
Cardinale sottosegretario della Sezione migranti e rifugiati del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale