· Città del Vaticano ·

Un viaggio attraverso il pensiero di Tommaso d’Aquino, Florenskij e Severino

Misurarsi con la verità dell’essere

Raffaello, «Filosofia» (1508)
03 aprile 2021

Chi si appresta alla lettura di questo libro deve sapere che è un libro importante, e lo è per tanti motivi. Lo è innanzitutto per come nasce. Gli autori, che appartengono a diverse scuole filosofiche, hanno pianificato l’approfondimento dell’aumento per svariati anni e si sono regolarmente incontrati presso l’Istituto Filosofico studi tomistici di Modena per un confronto «serrato e non necessariamente conciliante», capace, però, di restituire alla riflessione filosofica un suo tratto originario: il coraggio di pensare al di fuori degli schemi, a cominciare dai propri.

Il libro Ai confini della contraddizione: Tommaso d’Aquino, Florenskij e Severino (Savona, Insedicesimo, 2021, pagine 332, euro 16) di Giuseppe Barzaghi, Mario Enrico Cerrigone, Nicoletta Cusano, Federico Perelda, Silvano Tagliagambe e Claudio Antonio Testi, è importante poi per l’argomento. Riflettere sulla contraddizione e sul principio di non contraddizione significa riflettere sulla verità, sulla sua stessa possibilità e sulle eventuali condizioni del suo darsi. Significa misurarsi con la verità dell’essere, con il fondamento che accettato, negato o “obliato” ha determinato l’intera storia dell’Occidente.

Ovviamente sono importanti, proprio con le loro differenze, anche i contributi dei singoli autori. Perelda (Scacco al re. La sfida al principio di non contraddizione tra Aristotele, Priest e Severino) e Cusano (Sull’élenchos) sono studiosi di Severino ed entrambi ne propongono la teoresi imprescindibile per chiunque voglia misurarsi con il «principio di determinatezza ontica», inteso come unione dei principi di identità e di non contraddizione, e quindi con la realtà e la verità di ogni ente. Entrambi, dopo aver ripercorso la storia e le differenti interpretazioni di questo principio, fino ai tentativi di negarlo o, almeno, di relativizzarlo, ne riscontrano l’«ottima salute», con l’importante differenza che mentre Perelda sembra escluderne l’assolutezza («non dobbiamo chiedergli di vietare ciò che eccede la sua giurisdizione»), Cusano, invece, confrontandosi con Tommaso, afferma che «la logica di identità - non contraddizione è (…) una potenza più potente» di Dio stesso.

Questa signoria della logica e della dimostrazione, che nella filosofia di Severino ritorna alla luce, appare in assoluta contraddizione con l’intera proposta di Florenskij. Tagliagambe (Florenskij e il principio di non contraddizione) lo illustra in maniera rigorosa: per Florenskij la verità deve poter accogliere la contraddizione proprio per poter essere se stessa («Tesi e antitesi costituiscono insieme l’espressione della verità: in altre parole la verità è antinomica e non può non essere tale»).

Cerrigone (Il diritto all’ultima parola. Contraddizione e verità in Pavel A. Florenskij ed Emanuele Severino), che per primo mette a confronto i due autori, lo afferma con parole che sembrano conclusive: «Per Severino la contraddizione è quella falsità che va negata, per Florenskij, invece, la contraddizione è quella verità all’interno della quale occorre mantenersi»; nonostante ciò Cerrigone non si sottrae al tentativo di esplorare le possibili interazioni tra questi due grandi, consapevole che potrebbero scaturirne «modi addirittura imprevisti» di interpretare l’intera tradizione occidentale. Una possibile strada per questa interazione la suggeriscono i saggi di Barzaghi (La mediazione) e Testi (Contraddizione e contrarietà: da Tommaso D’Aquino a Florenskij e ritorno). Ancora una volta Tommaso si rivela essere un indicatore del percorso da intraprendere al “crocevia” a cui siamo giunti, dove forse sembrava impossibile arrivare.

Barzaghi, distinguendo innanzitutto tra contraddizione e principio di contraddizione e individuando la presenza costitutiva della mediazione come ciò che è, in ogni giudizio, partecipazione e relazione col tutto, può far propria l’affermazione di Severino che «l’analisi di ogni significato è manifestazione della totalità» e, nello stesso tempo, può affermare (florenskijanamente?) che il principio di non contraddizione è «espressione dell’intendimento assoluto dell’Assoluto», e anche che «nel “principio” di Parmenide si assaggia Dio nello stesso principio che presiede alla prova della sua esistenza». Testi, con un’analisi rigorosa e originale, riconduce le esemplificazioni florenskijane di antinomia-contraddizione alla tipologia aristotelico-tomista delle proposizioni dei contrari, normalmente incompatibili, ma che «divengono compatibili quando il loro predicato o soggetto si relaziona all’infinito massimo in cui i contrari non solo sono presenti nel medesimo soggetto, ma coincidono».

Che Florenskij e Severino, per quanto grande sia la differenza tra loro, si possano cominciare a confrontare grazie a Tommaso, senza fermarsi alla reciproca negazione, sembra il guadagno più prezioso e originale del “filosofare insieme” dei nostri autori.

Concludo con un’osservazione di tipo formale: questo libro potrebbe sembrare molto difficile a chi si limitasse a sfogliarlo, in quanto ogni autore utilizza (anche) la logica formale moderna e il suo specifico linguaggio simbolico. In realtà, chi sceglierà di intraprenderne la lettura scoprirà con gratitudine che gli autori si sono anche preoccupati di “tradurre” le formule che utilizzano per farle capire anche a chi non le pratica abitualmente. Anche quest’attenzione è indizio della consapevolezza, da parte degli autori, della posta in gioco: la realtà e la verità di ogni ente, quindi anche di ciascuno di noi.

di Adriano Nicolussi Golo