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PER LA CURA DELLA CASA COMUNE
Storia di un’azienda agricola del viterbese

Amore per la terra
amore per gli altri

 Amore per la terra  amore per gli altri  QUO-076
03 aprile 2021

Un sodalizio che nasce molti anni fa, addirittura verso i primi del Novecento, e che non finisce mai, anzi si rinnova e si evolve fino a diventare sempre più forte e più grande, mettendo radici profonde e durature. La storia dell’azienda Fornovecchino a Montefiascone, in provincia di Viterbo, nasce da un amore profondo per la terra, quello che ha spinto il fondatore Claudio Pagliaccia a mettersi in gioco per ritrovare le origini contadine della sua grande famiglia.

Nutrire per amore


«Noi — racconta Claudio — siamo agricoltori da generazioni: il mio bisnonno aveva un enorme appezzamento di terreno che visitava a cavallo, poi quei tanti ettari sono stati ridotti e suddivisi, tramandati da padre in figlio, fino ad arrivare a mio padre. Ma era diventato un appezzamento troppo piccolo per pensare di vivere lavorando la terra, tanto che ci aveva rinunciato. Siamo stati noi figli a volere fortemente questo ritorno alle origini». Claudio decide poi di fare ancora un passo ulteriore rispetto ai suoi fratelli. Non solo coltiverà la terra ma trasformerà quello che ne nasce in un prodotto che nutra con amore il prossimo.

Un’agricoltura consapevole


«Nel 1994 — continua Pagliaccia — avevo fondato già l’azienda, ma ho deciso di fare un passo ulteriore e di trasformarla in una azienda agricola biologica. Da quel momento ho cominciato a vedere gli effetti positivi di questa agricoltura differente, di cosa succede togliendo la chimica. Da lì ho iniziato anche un percorso di divulgazione, in modo da essere di esempio per altri agricoltori. Perché se non facciamo un’agricoltura che possiamo definire sostenibile, mi sono chiesto, in questo momento quanto siamo di peso alla Terra? Infatti se continuiamo a depauperare e a consumare senza sosta quello che ci dona il nostro pianeta, arriveremo ad un punto che non ci sosterrà più. Portando avanti invece un'agricoltura consapevole a livello globale, possiamo tutti salvaguardare il creato. Ma dobbiamo lavorare insieme».

Claudio non si ferma al biologico. La sua ricerca continua perché punta, come obiettivo, alle origini. E allora amplia lo studio verso quelli che erano grani creati dalla natura stessa, capaci di difendersi da soli dall'attacco degli infestanti. «I grani antichi che ho recuperato — sottolinea il produttore — sono dei semi nati spontaneamente, che si sono adattati a quello che è un po' la loro natura e al suolo dove vengono coltivati e quindi riescono a difendersi dai parassiti in modo naturale, così non c'è bisogno della chimica». Papa Francesco, nell’enciclica Laudato si’, si sofferma sul tema dell’educazione ambientale. «Se all’inizio era molto centrata sull’informazione scientifica e sulla presa di coscienza e prevenzione dei rischi ambientali — scrive il Pontefice — ora tende a includere una critica dei “miti” della modernità basati sulla ragione strumentale e anche a recuperare i diversi livelli dell’equilibrio ecologico: quello interiore con sé stessi, quello solidale con gli altri, quello naturale con tutti gli esseri viventi, quello spirituale con Dio» (210).

Una grande famiglia


Man mano che passano gli anni l’azienda di Claudio si ingrandisce e ha bisogno di un ampliamento anche nel personale che vi lavora. Nasce l’idea di creare ancora qualcosa di nuovo, al di là del semplice rapporto proprietario — dipendente. «Nel 2005 quando ho iniziato — racconta ancora Pagliaccia — ero io da solo insieme a mia moglie. Poi il progetto si è ampliato, da subito abbiamo deciso non di introdurre all'interno del laboratorio delle macchine, proprio per avvalerci dell’aiuto delle persone, per un discorso anche etico, perché volevamo dare lavoro a più gente possibile e da lì creare come una grande famiglia, dove non c'è più l'orario fisso, ma c'è da portare avanti un progetto, dove coloro che sono addetti alle varie mansioni possono tranquillamente svolgerle negli orari più comodi. Ad esempio, se oggi ho degli impegni con la famiglia, vengo un’ora più tardi e poi magari mi fermo un po' di più la sera. Questo ha fatto sì che si siano creati dei legami, proprio come una grande famiglia, in cui siamo uniti anche al di fuori del lavoro. E ritengo che proprio quel ritrovare un rapporto umano sia forse il miglior obiettivo che ho raggiunto».

La dimensione familiare del lavoro nasce proprio dai ricordi d’infanzia di Claudio, con i nonni che gli raccontavano di quando la sera, finito il lavoro, si ci trovava tutti insieme nel cortile o intorno al focolare per condividere quanto vissuto durante la giornata. «Era veramente una grande famiglia, nei casolari — spiega ancora Pagliaccia — c'erano sei o sette famiglie che vivevano tutte insieme. Io ho voluto un po' ripercorrere quella strada, perché per me è fondamentale ritrovare proprio l'aspetto umano, non semplicemente produrre dal punto di vista economico».

Un’economia non legata all’io


In questa idea di una economia al servizio dell’uomo e non il contrario, torna ancora l’eco degli insegnamenti di Papa Francesco. «In questo tempo in cui viviamo — riflette Claudio — sono state calpestate l'etica e la dignità umana, in quanto ci sono persone che si arricchiscono sulla pelle degli altri e questo è veramente espressione della debolezza umana. Invece dovremmo arrivare ad una condizione in cui siamo tutti uguali. La persona non deve soffrire. Se si sta bene, si dovrebbe imparare a condividere il proprio benessere con gli altri. E credo che sia questa la soddisfazione più grande quando si rientra a casa la sera».

di Marina Tomarro