· Città del Vaticano ·

Dialogo interreligioso
Gli aspetti comuni delle due celebrazioni

Dalla cena di Pesach
all’eucaristia pasquale

Emanuele Luzzati, «Seder di Pesach» (1988)
31 marzo 2021

Noi cristiani stiamo percorrendo il cammino quaresimale che ci condurrà alle celebrazioni pasquali, che inizieranno giovedì 1° aprile con la lavanda dei piedi, proseguiranno con l’ultima cena, la morte sulla croce del calvario e il sabato di gloria, e si concluderanno domenica 4 aprile con la resurrezione vittoriosa di nostro Signore Gesù Cristo. I nostri fratelli maggiori ebrei quest’anno hanno cominciato Pesach con la vigilia di sabato 27 marzo, proseguendo poi per otto giorni, fino a domenica 4 aprile. La cena, chiamata Seder, è piena di simbolismi che ricordano l’esodo e la liberazione degli ebrei dall’Egitto, guidati da Mosè. Pertanto quest’anno il momento culminante della pasqua cristiana coinciderà con quello della Pasqua ebraica o Pesach.

La situazione sanitaria nel mondo continua a imporre il distanziamento fisico, ma non quello spirituale, né può impedire l’avvicinamento fraterno. Per questo, il 16 marzo, quaranta vescovi e leader ebrei si sono collegati via internet da una decina di città, da Città del Messico a Buenos Aires, per condividere un momento speciale, organizzato dal Congresso ebraico latinoamericano alla vigilia della Pasqua cattolica e di quella ebraica. I partecipanti della Chiesa cattolica e le comunità ebraiche hanno sottolineato gli aspetti comuni delle due celebrazioni. «La matzá (pane azzimo) e il vino della cena di Pesach sono divenuti l’ostia e il vino dell’eucaristia» — ha osservato Claudio Epelman, incaricato per il dialogo interreligioso del Congresso ebraico mondiale e direttore esecutivo del Congresso ebraico latinoamericano — per sottolineare fino a che punto le due celebrazioni religiose sono unite. Il cardinale Daniel Fernando Sturla Berhouet, arcivescovo di Montevideo, in questo periodo di vigilia, ha fatto una riflessione su alcuni concetti comuni a entrambi i credi: «Rileviamo quattro parole chiave: libertà, memoria, pane e vino. Se non ci ricorderemo di essere stati schiavi, non apprezzeremo la libertà».

Fra i partecipanti c’erano, tra gli altri, Jack Terpins e Jorge Knoblovits, rispettivamente presidente e segretario generale del Congresso ebraico latinoamericano, monsignor Óscar Vicente Ojea, presidente della Conferenza episcopale argentina, il cardinale Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di São Paulo, il cardinale Pedro Ricardo Barreto Jimeno, arcivescovo di Huancayo, e il cardinale Celestino Aós Braco, arcivescovo di Santiago de Chile. Marcelo Polakoff, incaricato del dialogo interreligioso del Congresso ebraico latinoamericano, ha aperto l’incontro parlando del ruolo centrale che hanno la solidarietà e l’inclusione a Pesach: «Durante quella notte, apriamo le porte due volte, la prima per condividere il pane e la seconda per l’ultimo calice di vino, come adesso, che vi invitiamo a celebrare con noi».

A Gustavo Kraselnik, rappresentante dell’organizzazione per il dialogo interreligioso in Centroamerica, è stato affidato il compito di moderare l’attività. «La parola eucaristica significa “grazie” e perciò voglio ringraziare per questo spazio. Ci arricchiremo vicendevolmente», ha affermato monsignor Pedro Javier Torres, vescovo ausiliare di Córdoba e presidente della Commissione per il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale argentina. A sua volta il vescovo di David (Panamá), cardinale José Luis Lacunza Maestrojuán, ha posto l’enfasi sul fatto che «a volte per pregiudizio o per scarsa conoscenza non riusciamo a percepire il vincolo tra le due tradizioni»; allora «è importante mettersi al posto dell’altro per avanzare nel dialogo».

di Marcelo Figueroa