· Città del Vaticano ·

Atlante - Cronache di un mondo globalizzato

L’America Latina
dopo un anno di pandemia

Un cimitero per le vittime del covid-19 a Manaus in Brasile (Afp)
26 marzo 2021

Nella regione flagellata dal covid si contano 22 milioni di poveri in più


Più di tremila morti in ventiquattro ore, oltre trecentomila vittime accertate e un numero complessivo di contagi che supera i dodici milioni. I numeri del Brasile fanno comprendere con quale violenza l’epidemia da covid-19 si sia abbattuta sul Paese, che, come le altre Nazioni del subcontinente latinoamericano, ha avuto pesantissime ripercussioni economiche e sociali. Se c’è una cosa che la pandemia ha aiutato a chiarire questa è la distanza tra la finanza e l’economia reale. Perché se gli indici borsistici, dopo un primo pesante arretramento, veleggiano da tempo in territorio ampiamente positivo, le tasche delle persone, come è facilmente percepibile, sono sempre più vuote. E questo è ancora più vero nei luoghi dove non esiste un’adeguata rete di protezione sociale. Come in America Latina, appunto, che secondo i dati dell’Onu, è la regione maggiormente colpita dalla pandemia, sia da un punto di vista sanitario che socio-economico. Con l’8,4 per cento della popolazione mondiale, l’America Latina ha registrato il 18,6 per cento dei contagi (15,6 milioni) e secondo alcuni dati oltre 700.000 morti. Una situazione dovuta anche all’urbanizzazione, dato che l’81 per cento della popolazione vive in città e il 35 per cento in metropoli con più di un milione di abitanti. Ed è davvero difficile immaginare che si possano adottare efficaci misure di distanziamento sociale in quei caotici agglomerati urbani come le favelas brasiliane. Presentando, lo scorso 4 marzo, lo studio della Commissione economica dell’Onu per l’America Latina e i Caraibi (Cepal), la segretaria esecutiva, Alicia Bárcena, ha reso noto che nell’anno di pandemia il prodotto interno lordo complessivo della regione è calato del 7,7 per cento con la chiusura di 2,7 milioni di imprese. La povertà è tornata ai livelli di 12 anni fa, la povertà estrema (quando una persona può contare su meno di 1,90 dollari al giorno) a quelli di vent’anni fa: nel subcontinente il tasso di povertà estrema è salito al 12,5 per cento della popolazione, quello di povertà al 33,7. Ciò significa che attualmente si contano 22 milioni di poveri in più. Dal punto di vista sanitario, oltre a un sistema di salute deficitario e spesso penalizzato dalle scelte della politica, risalta la diseguaglianza nell’accesso ai vaccini, anche perché i Paesi latinoamericani sono penalizzati dal forte processo internazionale di accaparramento. Come ha commentato Alicia Bárcena «la pandemia è piombata su un continente che da sette anni era in bassa crescita, con un aumento di povertà e crescenti tensioni sociali. L’ultimo anno ha acutizzato le diseguaglianze strutturali del continente, soprattutto per quanto riguarda il lavoro informale, la mancanza di protezione sociale e la bassa produttività. Sono emersi tutti i limiti del sistema sanitario ed educativo». Non poche ombre si addensano sul futuro della regione, ma se di futuro si deve parlare serviranno, secondo il Cepal, forti politiche di sostegno pubblico e soprattutto bisognerà progettare sistemi di welfare universali e sostenibili. Servirà, in poche parole, un nuovo patto sociale autenticamente latinoamericano.

di Giuseppe Fiorentino