· Città del Vaticano ·

La settimana di Papa Francesco

Il sogno come ricerca
di un “oltre”

Georges de La Tour «Il sogno di Giuseppe» (1630-1635)
25 marzo 2021

Lo scorso 19 marzo, nella lieta ricorrenza della solennità di san Giuseppe, il Santo Padre ha donato alla Chiesa il messaggio per la 58ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, ispirato dalla vita e dalla “spiritualità” del padre putativo di Gesù e sviluppato intorno a tre parole chiave, cioè sogno, servizio e fedeltà.

Si tratta di un testo che si impone per chiarezza espositiva e profondità spirituale, invitando il lettore — i formatori e i seminaristi, ma anche gli operatori della pastorale vocazionale ne potranno trarre grande utilità per il loro cammino e il loro servizio — a confrontare la storia della propria chiamata con san Giuseppe, a porla idealmente davanti a lui.

In un contesto come l’attuale, dove è diventato normale volere tutto e subito, pretendere risultati immediatamente tangibili, il sogno si propone come uno spazio di libertà, che allarga gli orizzonti del chiamato, sino a una vastità inizialmente non pensata. La vocazione, infatti, è il dono specifico e personale che Dio affida a ogni persona e che costituisce l’inizio di un cammino, che si svela un passo alla volta.

Sognare allora libera dall’ansia del controllo, dal sentirsi padroni della via intrapresa, come se essa potesse essere gestita individualmente da chi la percorre, come un possesso. In tale senso la vocazione si distingue dalla carriera. Infatti, nell’intraprendere una carriera è normale contare solo su se stessi e sulle proprie forze, progettare i diversi passaggi per avanzare sino al punto desiderato, l’unica cosa che davvero interessa. Nella vocazione invece ci si affida a un Altro, si accolgono i suoi tempi e i suoi modi, facendo non progetti, ma sogni, in vista di una meta che è sempre qualcosa di diverso, ma di molto più arricchente di quel che si era previsto. Oggi poi, ancora sotto la pesante cappa imposta dalla pandemia, il sogno diviene anche lo strumento per guardare oltre il presente, per vivere la realtà senza scoraggiarsi né lasciarsi imprigionare da essa, consapevoli che per chi segue il Signore c’è sempre un “oltre” a cui tendere, un cammino positivo da percorrere e nuove mete da raggiungere.

In qualunque modo si concretizzi il sogno della vocazione, seguendo l’itinerario proposto dal messaggio, esso sarà finalizzato a un servizio ecclesiale. Infatti, va ricordato che tra le tante, infinite vocazioni possibili, Dio non chiama nessuno a essere spettatore dell’agire altrui, ma sempre in generale per servire, con le differenze e le sottolineature richieste da ogni vocazione.

Prendendo ancora la carriera come termine di confronto si può dire che essa è un percorso individuale, all’interno del quale la persona cerca di mettere a frutto le proprie capacità per ottenere vantaggi e promozioni, cercando la propria “gloria” terrena. Nel servire che deriva da una vocazione, invece, il chiamato si concepisce come strumento nelle mani di Dio e impara col tempo a lasciarsi “usare” da Lui per il bene della Chiesa e del mondo.

Il servizio quindi — quando è veramente tale — è vissuto “per la maggior gloria di Dio”, che reca con sé il vantaggio di chi è stato servito e la gioia di chi ha potuto donare e donarsi per amore.

Come san Giuseppe, ogni battezzato — e in special modo i pastori — è chiamato a vivere per servire, costantemente memore di essere stato chiamato per questo — la gloria di Dio e il bene delle anime — e non per cercare successi personali o riconoscimenti mondani. In ciò san Giuseppe è maestro ed esempio, lui che visse l’alta chiamata di essere custode e padre putativo del Redentore nell’umiltà e nel nascondimento, in quel silenzio che è nel Vangelo un suo tratto distintivo, come ricorda il messaggio: «(San Giuseppe) non era famoso e nemmeno si faceva notare: i Vangeli non riportano nemmeno una sua parola».

Si può forse pensare in modo particolare che le parole che san Giuseppe non ha pronunciato sono quelle di lamentela e di mormorazione, perché la sua situazione famigliare si era evoluta in un modo diverso da come lui lo aveva aspettato.

In fondo, san Giuseppe ha detto “sì” alla chiamata di Dio a essere sposo di Maria e a diventare padre, per prendersi nel tempo cura della sua famiglia. E così è stato, ma alla maniera di Dio, che sempre accoglie, modifica e amplifica i sogni e le attese umane. Di fronte a tale sorpresa — il Vangelo di Matteo la fa intuire — san Giuseppe non si è perso d’animo e non si è lasciato distrarre, ma ha continuato ad amare e a servire le persone a lui affidate. «Questa cura attenta e premurosa è il segno di una vocazione riuscita», leggiamo nel messaggio, che ci offre così un criterio per verificare il cammino percorso a partire dai suoi frutti concreti.

Per tale generoso e discreto servizio, portato avanti per tutta la sua vita, san Giuseppe ha raggiunto una gloria umanamente inimmaginabile, come custode del Redentore e patrono della Chiesa universale.

E questo ci porta alla terza parola, fedeltà, essenziale per ricordare che la vocazione è donata da Dio una volta per sempre, ma è affidata alla libertà dell’uomo per essere custodita e alimentata con dedizione e premura quotidiana, come ha fatto san Giuseppe. La fedeltà allora diviene la misura dell’amore, perché si è fedeli solo quando si ama, quando la vita è stata veramente donata a Dio, senza riserve e pienamente, tramite l’accoglienza della vocazione che viene da Lui.

Essere fedeli implica accogliere la realtà così com’è — la nostra storia personale, le persone che ci sono affidate, il contesto in cui viviamo — conoscendola senza giudicarla, per accompagnarla dove Dio ci indica, fin dove lui sa e vuole. In modo particolare, si può aggiungere che fedeltà rispetto a una vocazione significa cura quotidiana di tutto ciò che può custodirla e farla crescere, amministrare ogni giorno il dono di Dio con sapienza, e non servirsene per i propri fini personali.

Scegliendo la data del 19 marzo per la pubblicazione del Messaggio per la 58ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, il Santo Padre ha richiamato l’attenzione del popolo di Dio sulla speciale connessione tra la cura e la promozione della vocazioni e san Giuseppe, alla cui intercessione affidiamo volentieri coloro che si stanno interrogando sulla propria vita, come pure chi rinnova ogni giorno il proprio “sì” al Signore. 

di Andrea Ripa
Sotto-segretario della Congregazione per il clero