· Città del Vaticano ·

Si apre l’Anno «Famiglia Amoris laetitia»

Una buona notizia

 Una buona  notizia  QUO-063
18 marzo 2021

Giovedì 18 marzo, alla vigilia dell’apertura, si è tenuta presso la Sala stampa della Santa Sede la conferenza online per la presentazione dell’Anno «Famiglia Amoris laetitia», che si concluderà il 26 giugno 2022. Pubblichiamo in queste pagine gli interventi integrali del cardinale prefetto del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, e della professoressa sottosegretario del medesimo, e la sintesi di quello della coppia di coniugi italiani invitati a portare la loro testimonianza.

La perdurante situazione di pandemia a livello internazionale crea in tutti noi preoccupazione e sofferenza, ma non per questo deve paralizzarci. Al contrario, proprio in questo particolare tempo di smarrimento, noi cristiani siamo chiamati ad essere testimoni di speranza. Appartiene, infatti, alla missione della Chiesa essere sempre annunciatrice della buona notizia del Vangelo. È da notare che l’esortazione apostolica Amoris laetitia si apre proprio con queste parole: «L’annuncio cristiano che riguarda la famiglia è davvero una buona notizia» (Al 1). È quanto mai opportuno, perciò, dedicare un intero anno pastorale alla famiglia cristiana, perché presentare al mondo il disegno di Dio sulla famiglia è fonte di gioia e di speranza; è davvero una buona notizia!

Il Santo Padre ha deciso di indire questo Anno speciale sulla famiglia, che avrà inizio domani, 19 marzo, nella solennità di san Giuseppe e nel quinto anniversario della pubblicazione di Amoris laetitia. Entrambe le ricorrenze sono significative.

Anzitutto, è stato provvidenziale che il Santo Padre abbia dedicato quest’anno a san Giuseppe, sposo e padre, tanto amato da essere stato scelto da Dio per accudire la santa Famiglia. Come lui, ogni coppia di sposi deve sentirsi amata e scelta da Dio per generare, nella carne e nello spirito, i figli di Dio Padre. La pandemia ha avuto conseguenze molto dolorose per milioni di persone. Ma proprio la famiglia, pur colpita duramente sotto tanti aspetti, ha mostrato ancora una volta il suo volto di “custode della vita”, come lo è stato san Giuseppe. La famiglia rimane per sempre “custode” delle nostre relazioni più autentiche e originarie, quelle che nascono nell’amore e ci fanno maturare come persone.

I cinque anni dalla pubblicazione di Amoris laetitia, poi, rappresentano uno stimolo per tutta la Chiesa a riprendere in mano questo importante documento, frutto di un lungo cammino sinodale. L’Anno «Famiglia Amoris laetitia» è una preziosa opportunità per far maturare i frutti di questo cammino, non solo nei vari contesti ecclesiali, ma nelle famiglie stesse. Tutti i documenti ecclesiali pongono sempre una grande sfida: non parlo qui della loro composizione — che pure può essere complessa e laboriosa — mi riferisco alla sfida ancora più grande della loro ricezione. Le indicazioni della Chiesa, dopo essere state pubblicate, vanno conosciute, accolte — con la mente e soprattutto con il cuore — e vanno poi tradotte in pratica. Questo vale anche per Amoris laetitia. In questo Anno, abbiamo l’opportunità di presentare meglio, a tutti, la ricchezza dell’esortazione, che contiene parole di coraggio, stimolo, riflessione, e in termini più ampi, contiene suggerimenti per percorsi pastorali anche pratici, che non dobbiamo lasciar cadere nel vuoto.

Le famiglie hanno bisogno di cura pastorale, di dedizione. Nella pastorale ordinaria, infatti, per molte questioni siamo ancora a uno stadio iniziale: pensiamo all’accompagnamento delle coppie e delle famiglie in crisi, al sostegno a chi è rimasto solo, alle famiglie povere, disgregate. Tante famiglie vanno aiutate a scoprire nelle sofferenze della vita il luogo della presenza di Cristo e del suo amore misericordioso. Questo Anno, perciò, è una opportunità per raggiungere le famiglie, per non farle sentire sole di fronte alle difficoltà, per camminare con loro, per ascoltarle e per intraprendere iniziative pastorali che le aiutino a coltivare il loro amore quotidiano.

Sappiamo bene che Papa Francesco ci esorta ad un rinnovamento pastorale. E questo vale anche per la pastorale familiare.

Un primo aspetto di questo rinnovamento pastorale che vorrei sottolineare è la necessità di maggiore collaborazione. Anche nell’ambito della pastorale familiare la Chiesa deve imparare a condividere le esperienze che nel corso degli anni si sono mostrate fruttuose e sono riuscite a portare l’annuncio del Vangelo nella vita degli sposi e delle famiglie. Tanto si è fatto e si sta già facendo per le famiglie, non si parte da zero. Tutto questo lavoro e queste esperienze potrebbero essere di esempio e di ispirazione per altri, ma sono ancora poco conosciute e condivise.

Un secondo aspetto di questo rinnovamento pastorale è un cambio di mentalità. Mi riferisco al fatto che bisogna passare dal pensare alle famiglie come semplice “oggetto” della pastorale a pensarle invece come “soggetto” della pastorale. Le famiglie sono piene di potenzialità e di doni per l’intera società e per la Chiesa e perciò vanno riconosciute e coinvolte attivamente come protagoniste della pastorale ordinaria delle parrocchie e delle diocesi. Un aspetto importante di questo protagonismo delle famiglie è il loro esempio vivente. Non di rado, esse si distinguono per il fatto che rappresentano una fede vissuta, sono una “catechesi vivente”. Vi sono molte famiglie, infatti, che vivono la loro fede e la loro vocazione al matrimonio e alla famiglia in modo esemplare. Ed è molto edificante vedere come non si arrendono e affrontano le difficoltà della vita con gioia profonda, quella gioia che si trova al “cuore” del sacramento nuziale e che alimenta tutta l’esistenza degli sposi e delle persone che vivono con loro. Bisogna, dunque, dare maggiore spazio alle famiglie. La loro stessa vita è un messaggio di speranza per il mondo intero e soprattutto per i giovani, perché, come emerge da molti sondaggi in ogni parte del mondo, il desiderio di avere una propria famiglia è ancora oggi fra i sogni più grandi che i giovani desiderano realizzare.

Un terzo aspetto di questo rinnovamento pastorale è la formazione dei formatori. Siamo sempre più consapevoli del fatto che bisogna promuovere la formazione di tutti coloro che svolgeranno un lavoro pastorale con le famiglie: a partire dai futuri pastori — fin dal tempo del seminario — per arrivare ai laici e alle famiglie che si dedicheranno a questo apostolato. I formatori devono essere in grado di mostrare alle famiglie come la grazia che scaturisce dal sacramento del matrimonio possa rispondere alle sfide della vita pratica, non in astratto, ma nelle circostanze concrete che si vivono all’interno delle varie culture e zone geografiche del mondo.

Questo Anno «Famiglia Amoris laetitia» avrà certamente bisogno di pastori che raccolgano l’invito del Papa con generosità ed entusiasmo. Pastori che, come fratelli e padri, siano disposti ad aiutare le famiglie, ma anche ad imparare da loro. C’è infatti una grazia speciale che scaturisce dagli sposi e dalle famiglie: la grazia della sponsalità. La grazia, cioè, di vivere l’amore come donazione di sé per gli altri, facendo di questo atteggiamento il “motore” che muove ogni azione. È la grazia del trovare la propria felicità, facendo della vita un dono. I pastori, stando con le famiglie, entrano più profondamente in contatto con questa grazia speciale della sponsalità e ne sono arricchiti. E quando il ministero sacerdotale è vissuto in modo veramente sponsale diventa anch’esso più gioioso e più fecondo spiritualmente. Per i pastori, dunque, possiamo dire: c’è molto da “dare” per le famiglie, ma ancor di più c’è da “ricevere” da loro.

Iniziamo, dunque, questo Anno, cercando di avere nei confronti delle famiglie l’atteggiamento di paternità che impariamo da san Giuseppe, una paternità fatta di accoglienza, di fortezza, di obbedienza, di lavoro. E cerchiamo allo stesso tempo di diventare sempre più una Chiesa “madre” per le famiglie, che sia tenera e sollecita ai loro bisogni, capace di ascolto, ma anche coraggiosa e sempre salda nello Spirito Santo.

di Kevin Farrell