· Città del Vaticano ·

Riflessioni sulle disparità nella distribuzione del vaccino anti-covid

Gesù e l’immunità di gregge

 Gesù e l’immunità di gregge  QUO-052
04 marzo 2021

In questo tempo di pandemia, abbiamo imparato e assimilato nel nostro vocabolario parole con un nuovo significato. È il caso dell’espressione “immunità di gregge”. Secondo l’Oms l’“immunità collettiva”, l’“immunità di gregge”, nota anche come “immunità della popolazione”, è un concetto utilizzato per la vaccinazione, secondo il quale una popolazione si può proteggere da un determinato virus se si raggiunge una data soglia di vaccinazione. Questa percentuale, ancora in fase di studio nel caso del covid-19, può andare dal 60 al 75 per cento della popolazione.

In questi giorni António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, dalla rete sociale ha informato che «solo dieci Paesi hanno somministrato il 75 per cento di tutti i vaccini contro il covid-19. Ma più di 130 Paesi non hanno ancora ricevuto neppure una dose». Ci tornano in mente le parole di Papa Francesco nel suo videomessaggio all’Onu del 25 settembre 2020: «Rinnovo l’appello ai responsabili politici e al settore privato affinché adottino le misure adeguate a garantire l’accesso ai vaccini contro il covid-19. E se bisogna privilegiare qualcuno, che sia il più povero, il più vulnerabile».

Gesù ha utilizzato spesso l’immagine delle pecore e del gregge per i suoi insegnamenti, non solo nelle sue parabole, ma anche nelle sue prediche più importanti. Così ha fatto nel discorso del “Buon Pastore”, contenuto in Giovanni, 10, 1-21. Al centro del suo insegnamento il Maestro presenta un paragone didattico tra il pastore buono che offre la vita per il gregge e quello che è mosso solo dal lucro che lo rende insensibile alla popolazione in pericolo. «Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde. Egli è un mercenario e non gli importa delle pecore» (Giovanni, 10, 11-13).

Nella scandalosa cifra percentuale di disuguaglianza nella somministrazione del vaccino sopracitata, risulta chiaro che una minoranza di Paesi con maggiore capacità economica si sta accaparrando le dosi disponibili mentre un numero tredici volte superiore di Paesi più poveri non hanno nulla. S’inverte così l’equazione profetica del regno di Dio, espressa dalla Vergine Maria nel Magnificat: «Ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote» (Luca, 1, 53). La logica insensibile del dio denaro, del potere del mercato e dell’egoismo autosufficiente in questo modello tecnocratico non dissimula neanche nell’attuale tempo di pandemia la sua pochezza verso l’intera umanità. Mentre alcune persone anonime e culture dimenticate stanno offrendo letteralmente la propria vita in questa impari lotta, i mercenari attuali fanno risuonare nel cosmo con forza profetica la diagnosi che ha fatto Gesù: «Non importa loro delle pecore».

Riprendendo il concetto di immunità di gregge, si comprende facilmente che nella follia di questa disuguaglianza del potere monetario si nasconde il germe della propria autodistruzione. «Nessuno si salva da solo», ripete da mesi Papa Bergoglio. Il fatto è che l’immunità della popolazione si ottiene solo se si copre l’intera umanità. Quelli che pensano che si salveranno come minoranza grazie alle loro possibilità economiche si scontreranno con la realtà della co-dipendenza di vaccinare tutti, anche quelli che ignorano, i più poveri. Questo concetto universale della salvezza attraverso l’immunità della popolazione si coniuga nuovamente nelle parole della soteriologia universale di Gesù che riunisce generosamente non solo tutte le pecore, ma anche tutte le greggi: «Ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore» (Giovanni, 10, 16).

Sempre in termini di equazione di pecore e greggi, è pertinente ricordare a questo punto la parabola della pecorella smarrita narrata in Matteo, 18, 10-14: «Guardatevi dal disprezzare alcuno di questi piccoli, perché io vi dico che gli angeli loro vedono continuamente nei cieli la faccia del Padre mio, che è nei cieli. Poiché il Figlio dell’uomo è venuto per salvare ciò che era perduto. Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore ed una di esse si smarrisce, non lascerà egli le novantanove sui monti per andare in cerca di quella smarrita? E se gli capita di ritrovarla, io vi dico in verità che si rallegrerà più di questa, che delle novantanove che non si erano smarrite. Così è la volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neppure uno di questi piccoli perisca». Il Signore inverte di nuovo la piramide della logica del mondo corrotto, alla luce della semiotica e della prassi del regno di Dio. Non si deve proteggere solo il 99 per cento della “popolazione del gregge”, ma anche l’un per cento debole, smarrito e dimenticato deve essere oggetto di un anelito di salvezza così grande da spingere il guardiano ad andare alla sua ricerca.

L’immunità di gregge, secondo la logica di Gesù e del suo regno, non conosce percentuali legate alle possibilità economiche e, se le utilizza, lo fa in un rapporto prioritario esattamente opposto a quello della società anestetizzata rispetto alla giustizia distributiva. L’appello unificatore e universale di Gesù, come il buon pastore capace di attrarre a sé tutte le greggi, ci ricorda che la cecità dell’egoismo impedisce a tanti “potenti” di vedere in questo mondo malato il germe della loro stessa distruzione, se insistono a comportarsi in maniera iniqua con i vaccini contro il covid-19. C’è un bisogno urgente di leader mondiali con anima di buoni pastori che diano la priorità ai poveri per salvare l’intera umanità da questa pandemia di disuguaglianza e d’ingiustizia che il coronavirus ha riportato in superficie.

di Marcelo Figueroa