· Città del Vaticano ·

Il coraggio di suor Ann

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01 marzo 2021

Si è inginocchiata e li ha implorati di fermarsi. «Nel nome di Dio, risparmiate quelle giovani vite. Prendete la mia». Suor Ann Nu Thawng, religiosa dell’ordine di San Francesco Saverio — congregazione di diritto diocesano nella diocesi di Myitkyina, nel nord del Myanmar — finora era rimasta tra le mura del suo convento, sostenendo con il silenzio, la preghiera, l’incoraggiamento spirituale quei giovani che sfilavano appassionati per le strade, chiedendo libertà e democrazia. Li guardava con l’atteggiamento materno e l’affetto discreto che gli adulti rivolgono ai teenagers e ai giovani così pieni di ideali, di sogni, di energie rivolte al bene. Ieri però, senza indugio ha trasformato quel supporto morale in un’azione coraggiosa che si è rivelata decisiva per evitare una carneficina.

In una giornata drammatica per il Myanmar, la più sanguinosa da quando è iniziata la protesta della popolazione birmana che si oppone al golpe militare del 1° febbraio, lo slancio umanitario e l’audacia di suor Ann ricordano il sacrificio di tanti martiri della fede. A quasi quattro settimane dall’inizio della crisi, mentre il movimento di disobbedienza civile è giunto quasi a bloccare la macchina statale e le pacifiche manifestazioni popolari continuano nelle maggiori città birmane, la repressione dell’esercito si è fatta più dura e violenta e la polizia ha aperto il fuoco sulla folla inerme. Sono almeno 18 le vittime accertate, come confermato dalle Nazioni Unite, laddove l’Ambasciatore del Myanmar all’Onu, Kyaw Moe Tun, si è distinto per un accorato intervento in favore dei manifestanti e, censurando la ferocia della giunta militare, ha concluso con il segno distintivo delle tre dita alzate, che gli è valso l’immediato licenziamento.

A Myitkyina, capitale nello stato Kachin, territorio dove i cristiani sono circa un terzo della popolazione (oltre 550mila su 1,6 milioni di abitanti ), i manifestanti scendono in strada da settimane. Ieri il confronto con i militari si è fatto più aspro e almeno 50 giovani sono stati arrestati nella città, dove la polizia ha usato granate assordanti e gas lacrimogeni per disperdere i dimostranti che si sono organizzati due distinti cortei di piazza, uno al mattino l’altro al pomeriggio.

In quel frangente il raduno ha lambito il convento cattolico di san Colombano, dove albergano le suore di san Francesco Saverio, che gestiscono un dispensario e una piccola clinica per i malati più bisognosi. Proprio in quei momenti concitati, gli spari, il fumo, le grida dei presenti hanno richiamato le suore che hanno assistito a scene di violenza e di percosse. I rischi di vedere il suolo bagnato di sangue innocente erano, a quel punto, altissimi. “Caritas Christi urget nos” ha detto suor Ann. In men che non si dica ha spalancato i cancelli ed è scesa in strada dirigendosi inerme incontro alla polizia schierata in tenuta antisommossa. In ginocchio ha alzato le mani verso Dio e ha implorato: «Non sparate, non uccidete innocenti. Se volete, colpite me». Il profetico e impavido gesto ha lasciato spiazzati gli agenti che non hanno affondato i colpi e hanno fermato la loro marcia armata di scudi e fucili. Quei soldati, anch’essi giovani, non hanno avuto la forza di andare oltre, mentre una lacrima rigava i loro volti.

Il coraggio di suor Ann ha permesso ad almeno cento dimostranti di trovare rifugio nel convento delle religiose, mentre oltre 40 feriti sono stati condotti nella clinica annessa, dove hanno ricevuto i primi soccorsi. La violenza è cessata e quel confronto, che poteva trasformarsi in tragedia, non ha avuto seguito. La spontanea mediazione di suor Ann ha avuto un inatteso successo. Patricia Yadanar Myat Ko, una delle ragazze che ha trovato riparo nel monastero, riferisce: «Siamo salvi per il miracoloso intervento della suora. È una vera eroina. Le dobbiamo la vita». «Solo con il suo appello accorato, suor Ann è riuscita frenare i militari che si accanivano sui giovani. È un modello per la Chiesa in tutto il Myanmar. E, dopo aver calmato gli animi, è corsa a curare i feriti» aggiunge Joseph Myat Soe Lat, un altro dei testimoni oculari.

di Paolo Affatato