· Città del Vaticano ·

Filosofia della religione e antropologia metafisica al centro del volume

Una visione ottimista
dell’umano

Salatiello_22_x.jpg
22 febbraio 2021

Quest’anno ricorre l’ottantesimo anniversario della pubblicazione della prima edizione di Uditori della parola di Karl Rahner e ciò può costituire l’occasione per alcune riflessioni sull’opera, sul suo significato, sulla sua originalità e sulla sua attualità. Il libro si inserisce in un vasto panorama di scritti di filosofia della religione, che ha contraddistinto tutto il secolo scorso e lo fa con una sua peculiare ed inconfondibile fisionomia che lo distanzia dalle altre opere. Non è certo possibile ripercorrere qui tutta la complessa struttura del testo, ma si intende evidenziare alcuni nodi fondamentali che scaturiscono da quella che è la concezione di fondo, ovvero l’affermazione della coincidenza della filosofia della religione con l’antropologia metafisica.

Tale antropologia metafisica pone di fronte ad un soggetto caratterizzato da un’illimitata apertura sulla vastità dell’essere e, quindi, non rinchiuso nei limiti della sola materialità. In virtù di tale apertura l’essere umano può configurarsi come colui che è in grado di ascoltare un’eventuale parola che Dio volesse pronunciare, poiché la sua apertura non pone limiti estrinseci alla portata di quella parola. Inoltre, si tratta di un soggetto radicalmente storico, non nonostante la sua spiritualità, ma proprio grazie ad essa e, di conseguenza, la parola pronunciata da Dio deve essere cercata nella storia umana, poiché da quest’ultima l’uomo non può uscire e lì Dio dovrebbe raggiungerlo se volesse essere udito.

Da queste affermazioni scaturiscono i nodi fondamentali ai quali si è accennato in precedenza. In primo luogo, Uditori della parola si colloca nel quadro degli ampi dibattiti sui rapporti tra la filosofia e la teologia, con particolare riferimento alla teologia fondamentale che deve argomentare la credibilità della Rivelazione, per la quale non è sufficiente mostrare che Dio può aver parlato, ma è necessario rilevare che tale messaggio può essere accolto dal soggetto.

In questo senso, l’antropologia metafisica, coincidente con la filosofia della religione, si configura come un’antropologia teologica fondamentale che «costituisce la parte più importante di una perfetta teologia fondamentale, che per lo più viene molto trascurata» (p. 48). A tale proposito, Rahner parla di una «ontologia della potentia oboedientialis», poiché, avendo l’essere umano la capacità di ascoltare un’eventuale Rivelazione, tale capacità costitutiva rappresenta un preciso dovere che pone il soggetto nelle condizioni di accedere alla più alta realizzazione della propria essenza.

Dibattiti ancora più accesi di quelli segnalati in precedenza hanno caratterizzato il novecento riguardo alla possibilità ed alla legittimità di una filosofia cristiana, registrando prese di posizione tra loro molto distanti, che vanno dall’accettazione al deciso rifiuto, senza appello, di Heidegger, di cui Rahner era stato allievo. Per Rahner, al contrario, la filosofia è intrinsecamente cristiana perché «costituisce l’uomo nell’ascolto di un messaggio di Dio» (p. 51), quel messaggio che la teologia rivelata attesta non essere puramente eventuale, ma di fatto pronunciato nella storia.

Il tema della filosofia cristiana, poi, di cui Rahner asserisce con vigore la legittimità, riporta a quello dei rapporti tra la filosofia e la teologia, in quanto la filosofia, per sua intrinseca necessità, si “supera” nella teologia che mostra come quella parola per la quale il soggetto è predisposto, sia stata storicamente pronunciata, passando dall’eventualità alla realtà.

Molti altri temi oltre a quelli già individuati, se lo spazio lo consentisse, meriterebbero di essere trattati, ma qui, dopo quelli già individuati, è sufficiente menzionarne sinteticamente due, prima di procedere ad un tentativo di rilettura attualizzata dei contenuti fondamentali e del significato di Uditori della parola.

Innanzi tutto, deve essere ricordato il tema dell’autocoscienza come ritorno completo del soggetto su di sé, che Rahner rielabora originalmente muovendo da san Tommaso, e che ci pone di fronte ad un soggetto che è sempre presente a se stesso e che non si disperde nel mondo anche quando lo conosce od agisce su di esso. Strettamente connessa con questa, vi è poi, la questione della libertà che solo la coscienza di sé rende possibile, garantendo un’ampia presa di distanza dall’alterità e consentendo di poter disporre di se stessi, assumendo le personali decisioni con responsabilità.

Infine, rileggere oggi il libro non è primariamente un gesto simbolico per la ricorrenza degli ottant’anni dalla pubblicazione, ma ha un profondo valore per la filosofia e per la spiritualità contemporanee. In primo luogo, questo testo offre strumenti per arginare chiusure solipsistiche ed intimistiche che sovente costituiscono una deriva della spiritualità odierna, dal momento che ci ricorda che «L’uomo è essere storico anche in quanto spirito» (p. 42), essendo essenzialmente uno Spirito nel mondo, come attesta il titolo di un’altra opera fondamentale di Rahner. Nella stessa direzione va la sottolineatura, vigorosamente argomentata, della storicità umana, perché la storia, e, quindi, il mondo degli uomini, è il luogo in cui si incontra la parola di Dio e, pertanto, la salvezza e non è consentito disinteressarsene, rinchiudendosi in un individualismo astratto. Si può sicuramente affermare che la visione complessiva del soggetto che il volume trasmette è sostanzialmente ottimistica, in quanto si tratta di un soggetto aperto, capace di trascendere il già dato ed, ultimamente, anche se stesso, tendendo all’Assoluto, ed oggi, in un momento in cui enormi crisi sfidano l’umanità, ciò appare particolarmente stimolante ed incoraggiante.

L’ultimo rilievo da effettuare riguarda l’affermazione della religiosità come dimensione costitutiva dell’essere umano e tale affermazione può offrire spunti preziosi per il dialogo ecumenico ed interreligioso, dei quali Rahner si è ampiamente occupato in altri scritti, in quanto addita un terreno comune sul quale tutti possono incontrarsi, pur nel pieno rispetto delle differenti fedi e convinzioni religiose.

Conclusivamente, volendo sintetizzare in poche parole quello che si è cercato di mostrare, si può con certezza affermare che Uditori della parola è un testo ancora pienamente valido ed attuale, proiettato verso il futuro ed in grado di stimolare la riflessione di coloro che sono attenti al soggetto ed alla sua intrinseca apertura religiosa.

di Giorgia Salatiello