· Città del Vaticano ·

Il 22 febbraio di cent’anni fa nasceva Giulietta Masina

La compagna di viaggio

Giulietta Masina nel film «La strada» (1954)
22 febbraio 2021

In alcuni comuni italiani c’è una strada immaginaria denominata via Gelsomina, in omaggio alla ragazza senza età interpretata da Giulietta Masina nel film La Strada, così povera da esser venduta dalla madre al saltimbanco Zampanò, per girare «coi suoi stracci colorati» tra paesi e contrade, dormendo sotto le stelle. Questo indirizzo fittizio sui documenti di chi è senza fissa dimora, previsto dalla cosiddetta “legge anagrafica” (del 1954, come il film di Fellini) tra tutti i riconoscimenti postumi a Giulietta Masina, che si stanno moltiplicando in occasione del centenario della sua nascita (22 febbraio 1921), è il più aderente alla sua personalità, in quanto mette insieme la sua arte d’attrice con l’attenzione che riservava agli ultimi, gli emarginati, i deboli.

Con tutta probabilità è l’attrice che ha vissuto lo scarto maggiore tra il suo modo d’essere e le sue interpretazioni, chiamata a rivestire i panni di donne disarmate che compongono un campionario vivente della femminilità offesa — in La Strada, Le Notti di Cabiria, Fortunella e Giulietta degli spiriti — mentre nella vita Masina era una donna tenace, combattiva e ottimista. Nel 1958, quando accompagna Le notti di Cabiria a Los Angeles, Giulietta parte senza il marito, rimasto a Roma per preparare un film intitolato La dolce vita, a cui lei non parteciperà. Con autoironia, Giulietta dichiara di dover «smaltire i personaggi» che Federico le ha cucito addosso. Il periodo in cui il successo dell’attrice è al culmine corrisponde anche a una sua grande crisi, non solo artistica.

Mentre il marito inizia un viaggio interiore, attraverso i suoi fantasmi privati, che culminerà nell’autoritratto di , Giulietta si interroga su come trovare la propria voce dentro il mondo. È proprio nel corso del tour trionfale di Cabiria negli Stati Uniti che Giulietta viene a conoscenza della storia di madre Francesca Saverio Cabrini, «la santa degli italiani in America» che, dal 1899, attraversa più volte l’Atlantico con un piccolo gruppo di suore, per portare aiuto agli immigrati italiani, aprendo scuole e ospedali. Nel carattere di questa suora missionaria — nata in Italia, ma prima santa americana, canonizzata nel 1946 — capace di trasformare un sogno in una realtà attiva, Giulietta riconosce il suo stesso modo di essere donna e, soprattutto, ritrova se stessa.

In quel periodo anche se lavora con altri registi, come Castellani e De Filippo, è incerta su quale direzione prendere come attrice tanto che arriva a rifiutare di girare La notte con Michelangelo Antonioni. È a questo punto che Giulietta confida a Federico di voler interpretare Madre Cabrini, un personaggio che le «somiglia dentro».

Dopo che La dolce vita si è affermata a livello internazionale, Fellini si è visto proporre dal commendator Angelo Rizzoli di mettersi in società insieme, fondando la Federiz e Madre Cabrini è il primo film messo in cantiere. Secondo una modalità del tutto originale, Fellini commissiona due sceneggiature a due autori diversissimi, che poi andranno fuse. La prima al cattolico Salvato Cappelli, giornalista e commediografo, che compose il ritratto di una santa moderna. La seconda al laico Tullio Kezich, che sottolineò la grande intelligenza organizzativa della Cabrini, oggi diremmo le sue capacità imprenditoriali.

Nell’autunno 1966 i giornali americani danno per imminente il primo ciak di Infinity Is At the Corner of the Street coprodotto dalla Paramount. Il film avrebbe avuto una doppia regia: Pietro Germi per la parte italiana e John Ford negli Usa. Una staffetta insuperabile, come se un unico regista non bastasse a rimpiazzare Fellini nella direzione di un’attrice del calibro di Giulietta Masina. Il cuore del racconto porta a New York, dove Madre Cabrini con un gruppo di suore è testimone della povertà assoluta in cui vivono gli immigrati e dello sfruttamento cui sono sottoposti. Con tenacia le suore riescono ad aprire scuole e ospedali a Little Italy.

Il film però non decolla: il Fellini produttore non si concilia col Fellini regista, quindi la Federiz si scioglie e progetti qualificati restano solo sulla carta. Tra le vittime eccellenti oltre i film di Pasolini, De Seta, Olmi vi è anche quello su Madre Cabrini.

Intanto Giulietta — che recita sempre più all’estero — ha iniziato a curare una rubrica di posta alla radio che dai dieci appuntamenti iniziali si prolunga a tre anni (1966/1969) continuando su «La Stampa» (fino al 1976): sono soprattutto donne a scriverle, con cui Giulietta, più che dispensare consigli, apre un dialogo, facendo emergere il suo carattere operativo, dinamico, ottimista. L’intensità del dialogo con le sue lettrici è tale, che Giulietta, parlando “da madre a madre”, arriva a raccontare per la prima volta del piccolo Pier Federico, il figlio che ha perso a un mese dalla nascita. Giulietta ha trovato la propria voce.

Nel frattempo, non abbandona mai l’idea del film su Madre Cabrini che matura e cresce con lei, pur consapevole che quel film non si farà mai. Forse, più che una figura congeniale alle sue corde d’attrice, Giulietta ha trovato in Francesca Saverio Cabrini una compagna di viaggio, in cui riversa tutta la sua sete di spiritualità che si fonde con un senso pragmatico della carità. Sensibile alle sofferenze degli innocenti, non è un caso che Masina sia stata la prima italiana Ambasciatrice di buona volontà dell’Unicef per i problemi dell’infanzia, impegno che ha rivestito per più di vent’anni, fino all’ultimo giorno della sua bellissima vita.

di Antonio Farisi