· Città del Vaticano ·

La settimana di Papa Francesco

La penitenza
al tempo dell’emergenza

 La penitenza al tempo dell’emergenza La penitenza al tempo dell’emergenza  QUO-040
18 febbraio 2021

Proprio quando la rinuncia, il sacrificio e la penitenza sembravano ormai bandite dal lessico di un Occidente divenuto sordo a ogni forma di mortificazione, perché ebbro di opulenza e di comodità, ecco che queste medesime parole rientrano prepotentemente dal varco dell’attuale emergenza pandemica: ai cittadini di tutto il mondo viene chiesto di rinunciare, almeno in parte, all’esercizio delle libertà personali, di sacrificare il proprio “stile di vita” con l’adozione delle necessarie precauzioni igienico-sanitarie, di obbedire alle indicazioni dell’autorità costituita, anche quando impedissero l’assistenza — se non l’estremo saluto — a un familiare ricoverato.

L’uomo del xxi secolo si scopre così sopraffatto dalle paure, capace di una fiducia — talvolta smisurata — nei confronti dell’autorità e disponibile a forme di privazione, fino a ieri impensabili, pur di salvaguardare il bene della salute fisica, personale e collettiva. Per sollecitare in tutti questa disponibilità, la comunicazione massmediatica sembra muoversi, senza sosta, in una triplice direzione: denunciare un pericolo imminente, di fronte al quale ciascuno è responsabile per sé e per gli altri; dischiudere un orizzonte futuro, sostanzialmente positivo, all’interno del quale tutto potrà risolversi per il meglio; assicurare che all’attesa e al sacrificio richiesti è fissato un termine.

In parte, queste sono sempre state le coordinate anche della penitenza cristiana, ancora così presente nel retroterra culturale d’Occidente, che, nella santa Quaresima, viene proposta e offerta a tutti. Preghiamo infatti nella Colletta del Mercoledì delle Ceneri: «O Dio, nostro Padre, concedi al popolo cristiano di iniziare con questo digiuno un cammino di vera conversione, per affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male».

Viene indicato un pericolo imminente, un nemico in agguato — lo spirito del male — di fronte al quale tutto il popolo cristiano è chiamato “alle armi” della penitenza. Viene dischiuso un orizzonte positivo, che è la vittoria conquistata dalla Croce di Cristo e partecipata a quanti Lo accolgono nella propria esistenza; viene assicurato un termine a questa battaglia, rappresentato dal “numero sacro” dei quaranta giorni, tempo di vera conversione e di salvezza.

Questo male, questa vittoria e questo tempo hanno, però, un’importanza imparagonabile per la vita dell’uomo, perché riguardano non soltanto il bene temporale della salute corporale, ma quello ben più radicale della salvezza eterna, e dell’anima e del corpo; non solo la guarigione o l’immunità dal contagio, ma la vittoria sul peccato, che rende l’uomo schiavo, e sulla morte, che pone fine a ogni aspirazione solo umana, troppo umana; non solo il tempo del lockdown e delle misure straordinarie di contrasto alla pandemia, ma il tempo nella sua globalità, inverato dalla prospettiva della fine e illuminato dalla luce della risurrezione.

Per questa ragione, il tempo quaresimale comincia con il gesto dell’imposizione delle ceneri, accompagnato dalla formula penitenziale: «Ricordati che polvere sei e in polvere ritornerai». In questo modo, vengono suscitati nei fedeli il sentimento e la consapevolezza della propria creaturalità, della dipendenza di tutto il proprio essere da Dio, Creatore e Salvatore, della finitezza della propria vita, che ha nel grande Cielo di Dio, e non nelle cose della terra, il senso pieno e lo scopo ultimo.

La penitenza cristiana, inoltre, porta racchiusi in se stessa una profondissima gioia e un senso di irriducibile giustizia, che vanno riscoperti, annunciati e vissuti, con rinnovato slancio, in tutta la compagine ecclesiale e a ogni livello. La penitenza cristiana, infatti, non si pone come il tentativo faticoso e incerto di ottenere, con le proprie forze, un qualche favore divino, laddove i tentativi umani abbiano mostrato tutta la propria insufficienza. Al contrario, essa consiste nell’insopprimibile esigenza, che sorge in ogni cuore autenticamente cristiano, di rispondere con tutto se stessi a quell’Amore, tutto divino e tutto umano, che in Cristo si è addossato il male del mondo e, con la propria croce e risurrezione, ha rinnovato l’universo sconquassato dal peccato.

Così la penitenza è diventata ed è stata sempre concepita dalla Chiesa come una vera e propria virtù, donata e animata dallo Spirito Santo, che è sempre Spirito di Cristo Redentore, per mezzo della quale l’uomo si apre alla grande vittoria di Cristo, lascia che tutta la propria vita, d’ora innanzi, Gli appartenga radicalmente e accetta di imparare a soffrire con il suo Signore, per assumere responsabilmente le conseguenze del proprio peccato, offrendo una giusta riparazione, ma, soprattutto, per conoscere i misteri del Cuore di Cristo e aver parte, fin d’ora e sempre più, alla vita nuova di Colui che, «in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l’ignominia, e si è assiso alla destra del trono di Dio» (Ebrei 12, 2).

Dalla grande e viva presenza del Redentore dell’uomo, Gesù Cristo, centro del cosmo e della storia (cfr. Giovanni Paolo ii , Redemptor hominis, n. 1), nasce e prende forma il “pensiero” cristiano, capace di giudicare ogni cosa sotto lo splendore di questa luce e di vivere tutto nel rapporto vivo e vivificante con il Mistero che fa e rinnova tutte le cose. Da questa grande e viva Presenza, nascono e prendono forma anche tutte quelle attenzioni che la tradizione liturgica e spirituale della Chiesa ha maturato lungo i secoli e che vedono nei sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia la più concreta e piena attuazione: una giusta considerazione di sé nell’esame di coscienza; la conversione del rapporto con Dio, con se stessi e con i fratelli attraverso le pratiche della preghiera, del digiuno e dell’elemosina; la memoria quotidiana di Cristo Presente attraverso l’offerta dei “fioretti quaresimali”; la memoria della Sua Passione redentrice nella pia pratica della Via Crucis; la recita dei salmi penitenziali; le litanie dei santi, che sono la vera grande “maggioranza” nel mondo di Dio; le rogazioni, mai abolite e oggi così urgenti; la contemplazione amorosa di Cristo, Crocifisso e Risorto, nella celebrazione e adorazione eucaristica; la preghiera, fiduciosa e accorata, alla beata Vergine Maria Addolorata, che tutti ha generato e continuamente genera, unita com’è alla Croce del suo Figlio e, perciò, già pienamente partecipe della gloria della Risurrezione.

Ci ottenga lei, Madre del Dio fatto uomo e Madre di tutti i viventi, di aprire le nostre menti e i nostri cuori all’Amore vittorioso di Cristo e di maturare la vera penitenza cristiana, che sola è capace di abbracciare e vedere trasfigurata in occasione di salvezza l’attuale emergenza pandemica, facendo maturare nel cuore dell’uomo la gioia e la libertà di chi sa di non appartenere a nessun potere di questo mondo, ma soltanto a Cristo e alla Sua salvatrice potestà.

di Mauro Piacenza
Cardinale penitenziere maggiore