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I dodici passi

 I dodici passi I dodici passi  QUO-037
15 febbraio 2021

La giornata è soleggiata e i ragazzi sono riuniti in circolo nel cortile. Qui ci si sveglia alla stessa ora, si ripetono gli stessi gesti lungo il procedere della giornata. Si parla, si ascolta, si mette ordine negli spazi personali e in quelli comuni. Chi vuole prega. Si partecipa a laboratori di scrittura, lettura, arti e mestieri. Chi non sa scrivere ha l’occasione di imparare.

Se c’è qualcosa che la pandemia non ha alterato del tutto è la vita quotidiana negli Hogar de Cristo, dove vivono giovani e meno che lottano per sfuggire alle grinfie della droga. Una quotidianità fatta di passi guidati. “Andare avanti” è il primo di dodici che scandiscono il percorso di recupero. Il più importante, quello che decide l’efficacia e i tempi dei passi che seguiranno. Esige di accettare di essere impotenti, di ammettere di non poter farcela da soli, riconoscere di dover essere aiutati. Ne discende la necessità di confidare in chi guida il transito tra le pareti d’acqua che provvisoriamente si ritirano al passaggio dei fuggitivi ma possono precipitare addosso e inghiottire chi ha intrapreso il viaggio.

«Siamo arrivati a un punto in cui vediamo le conseguenze della nostra vecchia forma di vita e accettiamo che abbiamo bisogno di una nuova, ma è probabile che ancora non ci rendiamo conto di tutte le possibilità che questa nuova forma di vita racchiude in sé» recita il manuale in uso negli Hogar, quelle case che Bergoglio incoraggiò negli anni a Buenos Aires e che si sono moltiplicate in tutta l’Argentina nel solco di una stessa ispirazione, quella di «Tomar la vida como viene».

L’esperienza di chi guida la fuga dalla schiavitù della dipendenza verso la terra di una ritrovata libertà raccomanda di non accontentarsi della determinazione raggiunta, non irrigidirsi nelle posizioni conquistate e neppure nei propositi pur faticosamente maturati. Occorre andare oltre le Colonne d’Ercole che delimitano il territorio conosciuto, quello probabilmente già battuto inutilmente nel passato.

È il secondo passo, quello che dovrà riempire il vuoto che si apre alle spalle del primo, far fronte alla risacca della svogliatezza che torna a ghermire e alla voglia di retrocedere dopo che le difese sono state finalmente abbattute. «È facile non prendere sul serio questo passo» previene l’esperienza dei più navigati tra i passeggeri di questa strana imbarcazione che sobbalza sui flutti senza affondare. «Lo si guarda con scarso interesse finché non ci si rende conto che gli altri passi non potrebbero funzionare senza questo che li precede».

La dipendenza è un nemico baldanzoso che riprende il sopravvento quando meno te lo aspetti. Come la pandemia, la peste come la chiamano i ragazzi degli Hogar: il mondo credeva di averla messa all’angolo e di poterla finalmente controllare. Poi ha dovuto prendere atto che non è così. Non basta essere disposti a un taglio netto con il passato. “Rompere” è l’inizio del cammino, un cammino arduo e talvolta lungo. Ma a questo punto, quando si è deciso di lasciare la droga, inizia il dolore di vivere senza di essa e senza nient’altro di altrettanto tangibile che la sostituisca. «Questa sofferenza ci costringe a cercare un potere più grande di noi stessi a cui affidarci, più grande della nostra dipendenza, più sicuro dei nostri propositi» avverte il manuale in uso negli Hogar de Cristo. «Un potere che ci ami, e mostri di poter prendersi cura di noi». Non occorre essere religiosi per accettare una tale idea. A questo genere di potere ci si può affidare molto prima di sentirlo consonante. «E quando vedremo i miracoli accadere nella nostra vita, l’accettazione si trasformerà in un abbandono fiducioso. Cominceremo a sentirci a nostro agio con il nostro potere superiore come fonte di forza. Non saremo più gli stessi, la vita cambierà e il pendolo non si fermerà nello stesso identico punto da cui ha iniziato la sua oscillazione».

È arrivato il momento di concentrarsi sul terzo passo, quello della decisione. La prima vera decisione della vita di chi lascia la droga, che nei quartieri popolari e nelle villas miseria dell’Argentina ha ripreso a circolare come prima, più letale della peste. La peste ha depresso lo spaccio per un tempo, quello della quarantena, ma non l’ha fermato. E adesso che la grande paura si è attenuata è tornata la minaccia di sempre: la droga è più longeva del coronavirus, e più letale. Trecento pesos ogni bustina, cinquecento se sono due, l’equivalente di cinque euro. E chi non ha come pagarla la compra a credito pagandola con lo smercio.

Il nuovo giorno inizia. La linea d’ombra retrocede lentamente e la luce entra negli Hogar. Le insidie sono acquattate dietro la soglia come la peste, ma oggi non avranno l’ultima parola. Si cammina, un passo davanti all’altro come in montagna.

di Alver Metalli