· Città del Vaticano ·

LABORATORIO - DOPO LA PANDEMIA
«Le regole del cammino» di Antonio Polito

Con lo zaino (leggero)
in spalla

 Con lo zaino (leggero) in spalla  QUO-035
12 febbraio 2021

Un doppio itinerario, geografico e spirituale. All’interno di questa duplice dimensione, legata da un rapporto simbiotico, si sviluppa un viaggio nell’Italia minore: l’obiettivo è di ritrovare se stessi e comprendere, in tutto il suo valore, ciò che rende la vita degna di essere vissuta. Se l’atto di ricognizione ha luogo, non ci si deve fermare, appagati. Sarebbe una conquista a metà. Si è infatti solo al punto di partenza. L’urgenza è quella di imbastire una nuova ripartenza.

È un forte invito a riannodare, con lo sguardo rivolto al futuro, le fila del proprio ordito quotidiano nel segno della responsabilità e di un costruttivo spirito comunitario il libro, profondo e stimolante, di Antonio Polito Le regole del cammino. In viaggio verso il tempo che ci attende (Venezia, Marsilio, 2020, euro 17, pagine 158). C’è un’identità tra il singolo e la collettività, tra l’italiano e l’Italia. O meglio, una sovrapposizione che non è confortante. «Spesso nella vita di tutti i giorni — scrive l’autore, editorialista del “Corriere della Sera” — ci aggiriamo senza una meta. Da troppo tempo lo fa l’Italia: pensiamo di stare andando avanti, e invece giriamo intorno, senza più qualcuno che studi le mappe, cerchi indicazioni, tenga la bussola in mano e l’occhio teso. Forse si serve proprio una guida, un vademecum di consigli, un manuale di istruzioni per costruire l’Italia che verrà».

All’inizio del libro Polito cita una frase di Jean—Jacques Rousseau tratta da Le Confessioni: «Non riesco a meditare se non camminando. Appena mi fermo non penso più, e la testa se ne va in sincronia con i piedi». C’è una doppia verità in questa bruciante riflessione. Il camminare si pone in opposizione alla stagnazione. Attenzione però: se il camminare viene inteso come una semplice passeggiata soffusa di ozio, se ne elude lo straordinario potenziale. E di tale potenziale ne ha piena consapevolezza Polito che eleva il camminare a simbolo di una ricerca del senso della vita. In questo simbolo si specchia la precondizione per ritrovare se stessi e, al contempo, l’importanza della comunità.

«Il cammino — si legge in un passo del libro — non lo si può affrontare sventatamente, ludicamente, avendo nella testa una colonna sonora da palestra. Richiede riflessione e concentrazione. È più yoga che fitness».

Sulle tracce di san Benedetto si dipana l’itinerario materiale realizzato dall’autore. È un viaggio che visita e abbraccia l’Italia dei borghi e dei paesi: è un’Italia minore solo in apparenza. È un’esperienza utile a ripensare la gestione e la promozione della realtà urbana, drammaticamente segnata dalle chiusure e dal distanziamento. Nel frattempo dispiega le ali il cammino spirituale, ispirato dalla volontà di ghermire quei valori che ci accomunano come europei e che si richiamano alle esperienze monastiche. Viene così a configurarsi uno scenario entro il quale dare voci agli interrogativi sul rapporto con le cose che ci appartengono (anzitutto le care memorie) e con le cose che richiedono le nostre cure (la natura, la terra).

Polito, in questo viaggio polifonico, pone un forte accento sul valore della dimensione comunitaria, fondamento su cui basare il rilancio il ruolo della politica. L’auspicio è quello di rimettere al centro le responsabilità verso chi ci vive accanto, nella consapevolezza dell’importanza nevralgica rivestita dall’equilibrio tra libertà individuale e benessere collettivo. In questa prospettiva, sottolinea l’autore, spicca e torreggia il concetto di fratellanza, che invita ciascuno di noi a riconoscere nell’altro non un potenziale nemico o uno scomodo rivale, ma una fonte, sempre fresca, di ricchezza. «Siamo un Paese sregolato e individualista», lamenta Polito, Eppure, osserva, di fronte all’epidemia, «abbiamo saputo riscoprire nella “regola” la via di salvezza». Che cosa vuol dire? Perché abbiamo accettato gravi sacrifici, limitazioni della libertà di movimento che in altri Paesi hanno prodotto tensioni molto più forti che da noi? «Da decenni — evidenzia Polito — sapevamo solo rivendicare diritti, e all’improvviso abbiamo capito che se si vuol tenere in piedi una comunità bisogna rispettare anche i doveri». Dopo la presa della Bastiglia i francesi approvarono una solenne Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Dopo il Terrore, e l’abuso sanguinario di quei principi in testa alla Costituzione del 1795 comparve una piccola aggiunta: Dichiarazione dei diritti e dei “dover” dell’uomo e del cittadino. «Forse anche noi dovremmo fare la stessa cosa» scrive Polito. Per raggiungere questo obiettivo Benedetto può aiutarci perché «non è un santo come gli altri, e non ha qualcosa da dire solo a chi crede». Fu anche un progenitore dell’Europa, non a caso proclamato da Paolo vi , nel 1964, “patrono principale” del vecchio continente, per il rilievo che il monachesimo da lui fondato ha avuto nella costruzione di una koiné, nel cercare la via d’uscita dalla «notte oscura della storia», come si legge in un passo degli Insegnamenti di Giovanni Paolo ii .

In questo duplice viaggio si inserisce la riflessione sul ruolo delle donne nella società. Il capitolo intitolato “Le donne in campo” si apre con una citazione di Margaret Thatcher: «Se vuoi che una cosa venga detta, chiedi a un uomo. Se vuoi che venga fatta, chiedi a una donna».

«Nel nostro Paese — afferma Polito — sono ancora troppi a non aver capito che l’unica rivoluzione che possa dirsi riuscita nel secolo passato è stata quella femminile. Ha cambiato la storia per sempre, a differenza di quelle russa e cinese, che sono finite entrambe con il ritorno al capitalismo. Ci sono però posti del mondo in cui l’onda lunga di un tale epocale mutamento nel rapporto tra i sessi non è ancora arrivata. L’Italia — sottolinea l’autore — è purtroppo tra questi. Non si metterà mai sulla strada del futuro se non si libera di questo retaggio del passato». Ricorda Polito che quando un giovane Enrico Berlinguer, negli anni Cinquanta, propose alle ragazze comuniste l’esempio di Maria Goretti, la santa bambina morta per resistere a uno stupro, sembrò un’idea «bacchettona e ottocentesca». E oggi «abbiamo scoperto a nostre spese che proteggere la sessualità dei minori è invece un tema di assoluta e drammatica modernità». Per il felice coronamento di un cammino che, geloso custode delle lezioni del passato, si rivolge comunque fiducioso al futuro occorrono utili consigli, tra cui spicca quello di essere leggeri. Calzante dunque è il riferimento a Calvino che nelle Lezioni americane invita a «prendere la vita con leggerezza» precisando che «leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore». E se dunque s'intraprende un cammino, è bene che nello zaino vi sia solo l'essenziale.

di Gabriele Nicolò