· Città del Vaticano ·

Sulla crisi: tra Sapienza e Apocalisse

La fratellanza
è l’unica alternativa

Pablo Picasso, «Amicizia» (1908, particolare)
10 febbraio 2021

Il prossimo viaggio del Papa in Iraq, annunciato per il 5 marzo, è un viaggio “oltre l’Apocalisse”. Questo è il titolo dell’articolo apparso sul primo numero de «La Civiltà Cattolica» di questo 2021 a firma del direttore padre Antonio Spadaro. È la fratellanza la risposta concreta, positiva, ai rischi di una visione apocalittica della storia che può portare alla chiusura, spezzando i legami tra persone e popoli e quindi i semi generativi di pace. Questa riflessione, il padre gesuita l’aveva già offerta all’attenzione del lettore nell’introduzione a Fratelli tutti, di cui pubblichiamo uno stralcio, edita da Marsilio in occasione dell’uscita dell’enciclica. 

Fratelli tutti resta un messaggio dal forte valore politico, perché — potremmo dire — capovolge la logica dell’apocalisse oggi imperante, la logica che combatte contro il mondo perché crede che questo sia l’opposto di Dio, cioè idolo, e dunque da distruggere al più presto per accelerare la fine del tempo. Il baratro dell’apocalisse, appunto, davanti al quale non ci sono più fratelli: solo apostati o «martiri» in corsa «contro» il tempo. Il «no» secco del Papa echeggia in questa Enciclica — anche con il punto esclamativo, che ricorre una ventina di volte — ed è affidato alla nostra responsabilità. Non siamo militanti o apostati ma fratelli tutti.

La fratellanza non brucia il tempo né acceca gli occhi e gli animi. Invece occupa il tempo, richiede tempo. Quello del litigio e quello della riconciliazione. La fratellanza «perde» tempo. L’apocalisse lo brucia. La fratellanza richiede il tempo della noia. L’odio è pura eccitazione. La fratellanza è ciò che consente agli eguali di essere persone diverse. L’odio elimina il diverso. La fratellanza salva il tempo della politica, della mediazione, dell’incontro, della costruzione della società civile, della cura. Il fondamentalismo lo annulla in un videogame. Spesso questa Enciclica si scaglia contro un’astratta virtualità delle relazioni umane, richiamando la carne, l’incontro, il faccia a faccia, il tu per tu e lo scambio tra differenze.

Ecco perché il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi, Francesco, il Papa, e Ahmad Al-Tayyeb, il Grande Imam di Al-Azhar, hanno firmato uno storico documento sulla fratellanza. I due leader si sono riconosciuti fratelli e hanno provato a dare insieme uno sguardo sul mondo d’oggi. E che cosa hanno capito? Che l’unica vera alternativa che sfida e argina la soluzione apocalittica è la fratellanza. E così — davanti a una situazione mondiale «dominata dall’incertezza, dalla delusione e dalla paura del futuro e controllata dagli interessi economici miopi» (n. 29) — hanno cominciato a parlare non solamente in nome di Dio, ma anche in nome di poveri, orfani, vedove, cioè di coloro la cui soggettività appare mutilata o persa. Il Papa e l’Imam hanno cominciato a parlare come fratelli e a strappare cristiani e musulmani dal bordo del baratro.

Occorre riscoprire questa potente parola evangelica, ripresa nel motto della Rivoluzione francese, ma che l’ordine postrivoluzionario ha poi abbandonato fino alla sua cancellazione dal lessico politico-economico. E noi l’abbiamo sostituita con quella più debole di «solidarietà», che in Fratelli tutti comunque ricorre ventidue volte (contro le quarantaquattro di «fraternità»).

di Antonio Spadaro