· Città del Vaticano ·

La prima Giornata internazionale della fratellanza umana
L’incontro in modalità virtuale

La fratellanza è la nuova frontiera dell’umanità

S.S. Francesco - 2019.02.03 Viaggio Apostolico Emirati Arabi Uniti
04-02-2019 Incontro ...
04 febbraio 2021

«Sorelle e fratelli. Questa è la parola: sorelle e fratelli». È con questo saluto che Papa Francesco è intervenuto nella celebrazione — svoltasi in modalità virtuale — della prima Giornata internazionale della Fratellanza umana, istituita dalle Nazioni Unite, e della presentazione dei due vincitori del primo Premio Zayed per la Fratellanza umana.

Con il Papa è intervento il grande imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb, che proprio con il Pontefice ha firmato, il 4 gennaio di due anni fa ad Abu Dhabi, il Documento sulla Fratellanza umana per la Pace mondiale e la Convivenza comune.

Giovedì 4 febbraio l’evento è stato trasmesso in streaming, con sottotitoli in diverse lingue, dalle 14.30 (ora di Roma, 13.30 gmt ) da Vatican News e diffuso da Vatican Media.

Proprio durante questo incontro virtuale — organizzato dallo sceicco Mohammed Bin Zayed ad Abu Dhabi — è stato dunque assegnato il Premio Zayed al segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, e a Latifa Ibn Zaiaten che nelle periferie e nelle carceri francesi è stata capace di trasformare il dolore per la morte violenta del figlio nell’esperienza di essere una “seconda madre” per tanti giovani, prevenendo radicalismi.

A stabilire l’assegnazione del Premio, che si ispira al Documento firmato ad Abu Dhabi mettendone in rilievo le storie concrete, è stata una giuria indipendente scelta dall’Alto Comitato per la Fratellanza Umana.

Il discorso del Papa


Durante l’incontro il Pontefice ha pronunciato questo discorso:

Sorelle e fratelli. Questa è la parola: sorelle e fratelli. Affermare la fratellanza.

In modo speciale a Lei, fratello mio, amico mio, mio compagno di sfide e di rischi nella lotta per la fratellanza, Grande Imam Ahmed Al-Tayyeb, che ringrazio per la compagnia nel cammino per la riflessione e la redazione del documento che è stato presentato due anni fa. La Sua testimonianza mi ha aiutato molto perché è stata una testimonianza coraggiosa. So che non era un compito facile. Ma con Lei abbiamo potuto farlo insieme, e aiutarci reciprocamente. La cosa più bella è che quel primo desiderio di fratellanza si è consolidato in vera fratellanza. Grazie, fratello, grazie!

Desidero anche ringraziare Sua Altezza lo Sceicco Mohammed bin Zayed per tutti gli sforzi che ha compiuto perché si potesse procedere in questo cammino. Ha creduto nel progetto. Ci ha creduto.

E penso che sia giusto anche ringraziare — mi consenta, Signor Giudice, la parola — “l’enfant terrible” di tutto questo progetto, il giudice Abdel Salam, amico, lavoratore, pieno d’idee, che ci ha aiutato ad andare avanti.

Grazie a tutti per aver scommesso sulla fratellanza, perché oggi la fratellanza è la nuova frontiera dell’umanità. O siamo fratelli o ci distruggiamo a vicenda.

Oggi non c’è tempo per l’indifferenza. Non possiamo lavarcene le mani, con la distanza, con la non-curanza, col disinteresse. O siamo fratelli — consentitemi —, o crolla tutto. È la frontiera. La frontiera sulla quale dobbiamo costruire; è la sfida del nostro secolo, è la sfida dei nostri tempi.

Fratellanza vuol dire mano tesa; fratellanza vuol dire rispetto. Fratellanza vuol dire ascoltare con il cuore aperto. Fratellanza vuol dire fermezza nelle proprie convinzioni. Perché non c’è vera fratellanza se si negoziano le proprie convinzioni.

Siamo fratelli, nati da uno stesso Padre. Con culture, tradizioni diverse, ma tutti fratelli. E nel rispetto delle nostre culture e tradizioni diverse, delle nostre cittadinanze diverse, bisogna costruire questa fratellanza. Non negoziandola.

È il momento dell’ascolto. È il momento dell’accettazione sincera. È il momento della certezza che un mondo senza fratelli è un mondo di nemici. Voglio sottolinearlo. Non possiamo dire: o fratelli o non fratelli. Diciamolo bene: o fratelli o nemici. Perché la non-curanza è una forma molto sottile d’inimicizia. Non c’è bisogno di una guerra per fare dei nemici. Basta la non-curanza. Basta con questa tecnica — si è trasformata in una tecnica —, basta con questo atteggiamento di guardare dall’altra parte, non curandosi dell’altro, come se non esistesse.

Caro fratello Grande Imam, grazie per il Suo aiuto. Grazie per la Sua testimonianza. Grazie per questo cammino che abbiamo fatto insieme.

Il discorso del grande imam


Il grande imam Ahmed Al-Tayyeb ha rinnovato, da parte sua, l’impegno «a lavorare con mio fratello Papa Francesco per rendere i principi della fratellanza umana una realtà in tutto il mondo». Il Pontefice, ha detto il grande iman, è «fratello e amico sulla via della fraternità e della pace» e «il suo messaggio che siamo tutti fratelli è una pietra miliare».

E ha così lanciato un nuovo «messaggio di pace», un invito «alla cooperazione e alla fine delle guerre», a «promuovere tolleranza e armonia, rifiutando le politiche di intolleranza, odio e potere».

Ahmed Al-Tayyeb ha inoltre auspicato che «il 4 febbraio di ogni anno sia un campanello d’allarme per il mondo e per i suoi leader», un richiamo «a consolidare i principi della fratellanza umana», nella consapevolezza che «siamo tutti fratelli con il diritto di vivere in pace».

Durante l’incontro ha preso la parola anche il primate della comunione anglicana, Justin Welby, arcivescovo di Canterbury, ribadendo che il Documento di Abu Dhabi «ispira ciò che possiamo fare insieme e ci chiama ad agire in solidarietà» e in amicizia. Quindi Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, ha ricordato che «il dialogo permette la comprensione, la comprensione ispira la tolleranza e la tolleranza conduce al rispetto e questa catena di virtù rende possibile pace e fratellanza».

Inoltre, nella prospettiva del dialogo e dell’amicizia senza barriere, il giudice Mohamed Abdel Salam, segretario generale dell’Alto Comitato per la Fratellanza umana, ha chiesto ai giovani di «non smettere mai di sognare: siate ottimisti, pensate al futuro con un sorriso».

A tenere il filo-conduttore dell’incontro è stata Michaelle Jean, già governatore generale del Canada, membro della giuria insieme con Adama Dieng, senegalese, già advisor dell’Onu per la prevenzione del genocidio, Catherine Samba-Panza, già presidente della Repubblica Centroafricana, il cardinale Dominique Mamberti, prefetto del Supremo tribunale della Segnatura apostolica, e Muhammad Jusf Kalla, già vice presidente dell’Indonesia.

E a presentare i vincitori del Premio Zayed è stata Leymah Gbowee, liberiana, Premio Nobel per la pace nel 2011: «Sono due persone che inviano un messaggio forte sulla coesistenza pacifica e sul ruolo che ognuno di noi può giocare nel rendere il mondo un posto migliore», ha detto.

Il saluto del Pontefice al segretario generale dell’Onu


Il segretario generale dell’Onu, Guterres, ha indicato nella pandemia, nelle questioni legate al clima, nelle guerre e nei conflitti, nel razzismo, nelle divisioni, nelle violenze, negli estremismi e nella discriminazione, soprattutto religiosa, le grandi e urgenti sfide da affrontare. Spingendo l’umanità verso l’unità nel dialogo per la pace. Si tratta, ha affermato, di «sconfiggere l’odio e assicurare che la solidarietà vinca la battaglia».

A Guterres, il Papa ha espresso il proprio ringraziamento con queste parole: «Desidero congratularmi per questo Premio con il Segretario Generale delle Nazioni Unite e ringraziarlo per tutti gli sforzi che compie per la pace. Una pace che si può ottenere solo con un cuore fraterno. Grazie per quello che fa».

L’incoraggiamento di Francesco a Latifa Ibn Zaiaten


Latifa Ibn Zaiaten ha testimoniato, a sua volta, come una storia personale possa ispirare una visione di pace e di speranza. Invitando alla certezza che «siamo tutti fratelli». E Francesco ha subito colto, nel suo ringraziamento alla donna, proprio questa realtà: «Cara sorella, le tue ultime parole non sono dette per sentito dire o per convenzione: “siamo tutti fratelli”. Sono la convinzione. E una convinzione plasmata nel dolore, nelle tue piaghe. Hai speso la tua vita per il sorriso, hai speso la tua vita per il non risentimento e, attraverso il dolore di perdere un figlio — solo una madre sa cosa significa perdere un figlio —, attraverso questo dolore hai il coraggio di dire “siamo tutti fratelli” e di seminare parole d’amore. Grazie per la tua testimonianza. E grazie di essere madre di tuo figlio, di tanti ragazzi e ragazze; di essere madre oggi di questa umanità che ti sta ascoltando e che impara da te: o il cammino della fratellanza, o fratelli, o perdiamo tutto. Grazie, grazie!».