Sempre più aspro il confronto tra Unione europea e il colosso farmaceutico anglo-svedese AstraZeneca sulla fornitura di vaccini.
In una nuova riunione con la responsabile europea dell’azienda, Iskra Reic, Bruxelles è tornata ad insistere sul rispetto dei patti, ha chiesto che il contratto sia reso pubblico, ed ha contestato le motivazioni dei ritardi, innescando nuove potenziali tensioni con Londra, a poco meno di un mese dalla Brexit. «Un taglio nelle consegne ingiustificato e inaccettabile. AstraZeneca faccia arrivare le dosi di vaccino dalle fabbriche del Regno Unito», si legge in una nota da Bruxelles.
Ma il primo ministro britannico, Boris Johnson, alle prese con curve epidemiche di covid-19 sempre più preoccupanti, è rimasto alla finestra, limitandosi a sottolineare: «Siamo molto sicuri delle nostre forniture e dei nostri contratti».
Alla vigilia dell’attesa autorizzazione dell’Agenzia europea del farmaco all’antidoto di AstraZeneca, attesa per venerdì, ad incendiare un clima già arroventato, sono state le dichiarazioni dell’amministratore delegato dell’azienda farmaceutica, Pascal Soriot. «Non c’è alcun obbligo» sul numero di dosi da fornire all’Ue, ha affermato, visto che nel contratto con gli europei c’è scritto chiaramente. Soriot ha aggiunto che l’Esecutivo britannico ha «la priorità sulle dosi prodotte nel proprio Paese» e che sarà necessario attendere un numero di vaccinazioni sufficiente prima di potere «usare gli stabilimenti britannici anche per la fornitura» ai 27.
Una ricostruzione smontata dalla Commissione Ue, che ha richiamato «gli sviluppatori dei vaccini ai loro obblighi morali e contrattuali». La responsabile europea alla Salute, Stella Kyriakides, ha chiarito. «Abbiamo firmato un contratto di pre-acquisto per fare in modo che producessero determinati volumi di vaccini prima dell’autorizzazione dell’Ema», rigettando la logica del «chi prima arriva meglio alloggia».
Bruxelles ha insistito che non c’è una gerarchia negli impianti di produzione tra i quattro elencati nell’intesa siglata, due nel Regno Unito, uno in Belgio, e uno in Germania. Anche quelli britannici rientrano «nell’accordo di pre-acquisto», in base al quale l’Unione europea ha assunto il rischio d’impresa, finanziando con 336 milioni di euro di soldi pubblici gli stock prodotti prima del via libero al vaccino. Tranche versate per il momento solo in parte, con il pagamento, che dipenderà dalle consegne.
Inoltre, visto che il contratto lo prevede, c’è l’intenzione di fare ispezioni ai siti produttivi. Quello in Belgio, indicato da AstraZeneca come la fabbrica responsabile dei ritardi, con un taglio delle consegne tra il 50% ed il 60%, ed una riduzione ad un quarto dei numeri da tre cifre, è già stato fatto. I risultati del sopralluogo saranno resi noti nei prossimi giorni.
Intanto, mentre infuriano le polemiche e le Borse europee sono scivolate in rosso per l’effetto vaccini, le autorità sanitarie di Madrid hanno sospeso le immunizzazioni per due settimane, perché, hanno detto «stanno per finire le scorte».
Anche la Federal reserve (Fed, la Banca centrale statunitense) è intervenuta sulla questione dei vaccini. In una nota, il presidente della Fed, Jerome Powell, ha avvertito che la ripresa economica negli ultimi mesi si è indebolita e il suo andamento «dipenderà in modo significativo dal virus e dalle vaccinazioni».
Pur intravedendo un’accelerazione nella seconda parte dell’anno, Powell ha aggiunto: «Non abbiamo ancora vinto la sfida della pandemia, dobbiamo finire il lavoro e ci vorrà del tempo per l’immunità di gregge». Così come ci vorrà del tempo per vedere «significativi progressi» sul fronte dell’occupazione e dei prezzi. Insomma, «la strada è ancora lunga per una ripresa piena», ha concluso Powell.