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Una ricerca condotta dall’Università Cattolica del Sacro Cuore

Comunità sempre connesse

 Comunità sempre connesse  QUO-021
27 gennaio 2021

«Nei giorni più drammatici della pandemia ci siamo resi conto di quanto fossero importanti le relazioni sociali e di quanto mancassero, al nostro vivere quotidiano, gli ambiti che rendevano possibili e accessibili tali relazioni. In particolare, abbiamo patito l’impraticabilità di contesti che creano “comunità”». Un esempio di questi ambiti, «prossimo alla vita quotidiana delle persone e delle famiglie è costituito dalle parrocchie»: così la sociologa, Lucia Boccacin, spiega al nostro giornale il significato della ricerca che ha condotto per conto dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, dal titolo: «Le relazioni sociali al tempo dei personal media nella realtà ecclesiale italiana. Soggetti, reti e opportunità di intervento pastorale, comunitario, educativo».

Dallo studio, al quale ha contribuito l’Ufficio comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana, emerge inoltre come le parrocchie facciano sempre più uso dei social, in particolare di WhatsApp, Telegram, ma anche della posta elettronica: tutti strumenti che hanno dimostrato di essere in grado di porsi in relazione con gli altri e di collaborare e favorire la partecipazione. I social sono riusciti, molto spesso, a ridurre le distanze. Una parrocchia su due ha un account Facebook, molto più raramente Twitter (solo il 15 per cento circa) o Instagram (26 per cento).

Grazie al loro utilizzo, migliaia di fedeli hanno potuto interagire con sacerdoti, religiosi e volontari che hanno provveduto a garantire aiuto e sostegno. La parrocchia, in poche parole, ha rappresentato per molte comunità, nonostante il lockdown imposto dalla crisi pandemica, l’unico vero luogo di incontro e di aggregazione, anche se in forma virtuale.

I ricercatori sono riusciti a verificare che la maggior parte delle parrocchie (70 per cento) usa le tecnologie digitali per entrare in relazione con gli altri, mentre nel 24 per cento dei casi il loro utilizzo è limitato alla finalità di facilitare l’accesso alle informazioni riguardanti le funzioni liturgiche. Una percentuale residuale di parrocchie (6 per cento) usa le tecnologie per collaborare e favorire la partecipazione alle attività. Quanto più il referente delle parrocchie è giovane, tanto più il profilo digitale tende a essere avanzato.

L’indagine è stata avviata nell’ambito di un progetto di ricerca triennale finanziato dall’ateneo «come progetto di rilevante interesse per focalizzare le relazioni sociali al tempo dei personal media nel contesto delle parrocchie e come i social media possono diventare una risorsa interessante nella rete di persone, famiglie e istituzioni». In particolare, dallo scoppio della pandemia si può notare come i social media e le nuove tecnologie abbiano contribuito a mantenere stabile il legame tra i sacerdoti e i loro fedeli.

La ricerca, spiega la sociologa, è stata condotta tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, «attraverso la somministrazione online di un questionario che ha raccolto i dati relativi di 420 parrocchie italiane». Il questionario ha cercato di indagare innanzitutto quanto, secondo la percezione del parroco, le relazioni “in presenza” all’interno della parrocchia possano avvalersi dei social media.

Dai dati è emerso, in particolare, il contributo distintivo delle parrocchie in favore della costruzione sia della comunità locale, sia di quella simbolica in cui le relazioni interpersonali e digitali svolgono un ruolo cruciale. «Tale apporto, che da sempre innerva capillarmente il tessuto del nostro Paese, oggi potrebbe costituire un tesoro nascosto che merita di essere meglio disvelato, soprattutto — aggiunge Boccacin — a fronte degli effetti prodotti dall’emergenza sanitaria in termini di isolamento sociale. Per questo, dopo la prima ondata della pandemia, abbiamo effettuato nell’ottobre 2020 una seconda rilevazione, non prevista nel progetto originale, al fine di evidenziare i cambiamenti avvenuti nelle relazioni interpersonali e in quelle mediate digitalmente nella costruzione di contesti comunitari». I risultati hanno evidenziato frequenti relazioni tra la parrocchia stessa e gruppi o associazioni parrocchiali, diocesi, enti pubblici e, seppur più raramente, enti privati. «Tali relazioni — sottolinea la docente — sono mediamente buone». In particolare, «la qualità di queste relazioni è più alta nelle grandi parrocchie rispetto a quelle medie e piccole, a significare che nei contesti di grandi dimensioni emerge l’importanza di creare reti di relazioni significative con altri soggetti operanti nell’ambiente circostante la parrocchia».

Nel contesto relazionale interno a queste realtà, è emerso complessivamente un indice medio di fiducia, aiuto e collaborazione. Il 53 per cento dei parroci ha affermato che la funzione principale della parrocchia è quella di offrire senso di appartenenza alla comunità. A seguire, altre funzioni rilevanti riguardano la capacità di offrire risorse pratiche (27 per cento), fornire ambiti intersoggettivi di socialità (13 per cento).

Per la sociologa Boccacin, i risultati preliminari della seconda parte dello studio hanno evidenziato «un uso più frequente delle tecnologie digitali nell’ambito delle attività pastorali e un atteggiamento mediamente più favorevole verso il loro impiego». Infine, la ricerca ha evidenziato che, quanto più il referente delle parrocchie è giovane, tanto più il profilo digitale tende a essere avanzato.

di Francesco Ricupero