Ecumenismo e Parola di Dio
Da un paio di anni, ma soprattutto in queste ultime settimane, siamo stati testimoni come cittadini del mondo, e in particolare come persone di fede, di una escalation di manifestazioni di fondamentalismo, integralismo e divisioni socio-religiose che è culminata con una tragica serie di immagini di un caos politico per molti inimmaginabile.
Rileggendo il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune (Abu Dhabi, 4 febbraio 2019) nel quadro sopracitato, molte sue dichiarazioni hanno assunto nuovo peso. Soprattutto quella in cui si fa un appello «in nome di questa fratellanza lacerata dalle politiche di integralismo e divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose, che manipolano le azioni e i destini degli uomini». Il fatto che tali dichiarazioni costituiscano il sostrato di Fratelli tutti e che a esse sia dedicato un intero capitolo (n. 285) ci porta necessariamente a rileggere l’enciclica per comprendere il divenire di questi eventi politici, sociali e religiosi. Alcuni paragrafi attirano allora in modo particolare la nostra attenzione, come, per esempio, quello in cui Papa Francesco dice che «occorre riconoscere che i fanatismi che inducono a distruggere gli altri hanno per protagonisti anche persone religiose, non esclusi i cristiani, che “possono partecipare a reti di violenza verbale mediante internet e i diversi ambiti o spazi di interscambio digitale. Persino nei media cattolici si possono eccedere i limiti, si tollerano la diffamazione e la calunnia, e sembrano esclusi ogni etica e ogni rispetto per il buon nome altrui”. Così facendo, quale contributo si dà alla fraternità che il Padre comune ci propone?» (n. 46).
Allo stesso modo, e senza alcun anelito di autoreferenzialità, molti colleghi e fratelli hanno rivalutato l’articolo «Fondamentalismo evangelicale e integralismo religioso. Un sorprendente ecumenismo» («La Civiltà Cattolica», 15 luglio 2017) che ho scritto insieme al padre gesuita Antonio Spadaro. Risulta interessante rileggerne alcuni brani per confrontarli profeticamente con l’attualità e farli entrare in dialogo con la spiritualità sociale di Fratelli tutti. Alcune affermazioni di quell’articolo, scritto circa tre anni fa, si potrebbero accostare bene a questa duplice dinamica. Come per esempio quando sosteniamo che «facendo leva sui valori del fondamentalismo, si sta sviluppando una strana forma di sorprendente ecumenismo tra fondamentalisti evangelicali e cattolici integralisti, accomunati dalla medesima volontà di un’influenza religiosa diretta sulla dimensione politica... Sia gli evangelicali sia i cattolici integralisti condannano l’ecumenismo tradizionale, e tuttavia promuovono un ecumenismo del conflitto che li unisce nel sogno nostalgico di uno Stato dai tratti teocratici... La parola “ecumenismo” si traduce così in un paradosso, in un “ecumenismo dell’odio”. L’intolleranza è marchio celestiale di purismo, il riduzionismo è metodologia esegetica, e l’ultra-letteralismo ne è la chiave ermeneutica... Oggi più che mai è necessario spogliare il potere dei suoi panni confessionali paludati, delle sue corazze, delle sue armature arrugginite. Lo schema teopolitico fondamentalista vuole instaurare il regno di una divinità qui e ora. E la divinità ovviamente è la proiezione ideale del potere costituito. Questa visione genera l’ideologia di conquista. Lo schema teopolitico davvero cristiano è invece escatologico, cioè guarda al futuro e intende orientare la storia presente verso il Regno di Dio, regno di giustizia e di pace. Questa visione genera il processo di integrazione che si dispiega con una diplomazia che non incorona nessuno come “uomo della Provvidenza”».
Il dialogo con Fratelli tutti ci aiuta nuovamente a discernere in quelle riflessioni una luce attuale e più profonda e a riscoprirne l’innegabile validità. Inoltre, Papa Francesco viene in nostro aiuto con riflessioni come questa: «Mentre vediamo che ogni genere di intolleranza fondamentalista danneggia le relazioni tra persone, gruppi e popoli, impegniamoci a vivere e insegnare il valore del rispetto, l’amore capace di accogliere ogni differenza, la priorità della dignità di ogni essere umano rispetto a qualunque sua idea, sentimento, prassi e persino ai suoi peccati. Mentre nella società attuale proliferano i fanatismi, le logiche chiuse e la frammentazione sociale e culturale, un buon politico fa il primo passo perché risuonino le diverse voci. È vero che le differenze generano conflitti, ma l’uniformità genera asfissia e fa sì che ci fagocitiamo culturalmente. Non rassegniamoci a vivere chiusi in un frammento di realtà» (n. 191).
Questa selezione di fatti, eventi politici, visioni religiose, e soprattutto la ricerca di una fraternità in cui si pratichi l’ecumenismo politico dell’amore, mi porta a concludere la mia riflessione riprendendo alcune parole del Documento con cui l’ho iniziata: «In tale contesto, desidero ricordare che, insieme con il Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb, abbiamo chiesto “agli artefici della politica internazionale e dell’economia mondiale, di impegnarsi seriamente per diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace; di intervenire, quanto prima possibile, per fermare lo spargimento di sangue innocente». E «quando una determinata politica semina l’odio e la paura verso altre nazioni in nome del bene del proprio Paese, bisogna preoccuparsi, reagire in tempo e correggere immediatamente la rotta» (Fratelli tutti, n. 192).
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