· Città del Vaticano ·

In un libro del decano del Collegio cardinalizio

Tre Papi santi

 Tre Papi santi  QUO-006
09 gennaio 2021

Tre Papi santi conosciuti da vicino: Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II è il titolo del libro scritto dal decano del collegio cardinalizio (Libreria editrice vaticana, 2020, pagine 162, euro 17) del quale pubblichiamo di seguito l’introduzione. L’idea di scrivere il volume, con i ricordi personali che s’intrecciano con la grande storia, «è nata — fa presente l’autore — dalla ricorrenza di tre importanti centenari, che il coronavirus nel 2020 ha impedito di onorare con risalto: la nascita di Karol Wojtyła (18 maggio), l’ordinazione sacerdotale di Giovanni Battista Montini (29 maggio) e la chiamata da Bergamo a Roma di monsignor Angelo Roncalli per dirigere la Pontificia Opera della Propagazione della Fede (10 dicembre)». Il cardinale ha dedicato un capitolo anche a Giovanni Paolo I («un lampo di bontà»), riproponendo l’omelia pronunciata nel 2009, nella cattedrale di Vittorio Veneto, a 50 anni dall’ingresso del vescovo Albino Luciani in quella diocesi.

Tre Papi grandi per santità, che hanno lasciato un segno incancellabile nella Chiesa e nel mondo. Tre Papi legati al Concilio Vaticano ii : Giovanni xxiii lo ha voluto e aperto; Paolo vi l’ha guidato e portato a compimento; Giovanni Paolo ii , Papa “formato” dal Concilio, ha basato tutto il suo pontificato sugli insegnamenti conciliari.

Tre Papi diversi per origine, indole, formazione, esperienze, ma di eccezionale statura. Li accomunava l’identico amore a Cristo e alla Chiesa e il medesimo ardore nell’opera di evangelizzazione.

Ognuno seppe corrispondere sapientemente alle esigenze del proprio tempo a guida della Chiesa di Cristo.

Per aprire il Concilio Vaticano ii ci voleva un Papa come Giovanni xxiii , che aveva fiducia illimitata in Dio, ma anche grande fiducia negli uomini. Per questo non si è scoraggiato di fronte a possibili rischi. Senza Papa Roncalli il Concilio non ci sarebbe stato.

Per portare avanti il Concilio e guidare la sua applicazione era necessario un Papa con la preparazione di Paolo vi , che conoscesse il mondo contemporaneo, gli uomini e la Curia Romana; un uomo che avesse la finezza intellettuale di capire le situazioni e la fermezza di guidarle. Ci voleva Paolo vi , che la Provvidenza aveva ben preparato a Roma e a Milano.

Per imprimere poi una svolta alla storia ci voleva un Papa come Giovanni Paolo ii . Ma come è stato possibile che anziani cardinali abbiano potuto eleggere — certamente sotto la guida dello Spirito Santo, ma pur sempre con libera decisione personale — un Cardinale Arcivescovo di un Paese oltre la “cortina di ferro” in quel momento storico?

Per preparare questa scelta è bastato un Papa di 33 giorni. Giovanni Paolo i , un Pastore dalla parola semplice, con un sorriso spontaneo e cordiale, che affermò che Dio è Padre, ma possiede anche le finezze dell’amore materno. Il pontificato “lampo” di Giovanni Paolo i preparò l’arrivo di un Papa non italiano della straordinaria grandezza umana e spirituale di Karol Wojtyła.

Di fronte a questi eventi, non si può non restare sorpresi nel vedere come Dio invisibilmente guida il cammino della Chiesa e della storia.

Tre Papi che ho personalmente conosciuto e con i quali ho lavorato. Con Giovanni Paolo ii ho collaborato a fondo per l’intero suo pontificato, con incarichi impegnativi. Un primo contatto, del tutto occasionale, l’ho avuto il giorno dopo la sua elezione; stavo andando in Segreteria di Stato alle ore 17 e, nell’uscire dall’ascensore della Terza Loggia, mi trovai di fronte il nuovo Papa, che stava per andare a fare visita a S.E. mons. Andrea Deskur, ricoverato al Policlinico Gemelli. Spiegai al Papa che nel suo appartamento aveva l’ascensore per scendere al Cortile di San Damaso, mentre quello che stava per prendere andava pure bene, ma era più lontano dalla sua abitazione.

Quattro giorni dopo, mons. Jòzek Kowalczyk, sacerdote polacco che lavorava in Segreteria di Stato, mi portò la traduzione in italiano, fatta da polacchi, dell’Omelia scritta dal Papa nella sua lingua madre per la sua prima grande celebrazione in Piazza San Pietro, indimenticabile per quel suo: «Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo». Mi fu chiesto di rivedere il testo dal punto di vista della correttezza della lingua italiana. Lessi e rilessi quelle pagine, timoroso di tradire il pensiero del Papa, apportandovi lievi ritocchi lessicali, perché fosse reso bene il senso originale.

Il Papa seppe che ero io a rivedere la traduzione in italiano dei testi da lui scritti in polacco, e da lì incominciarono i primi contatti. Giovanni Paolo ii mi nominò quasi subito Assessore della Segreteria di Stato, poi per due anni Segretario della Congregazione per i Vescovi, quindi mi chiamò di nuovo in Segreteria di Stato come Sostituto, dicendomi una frase, che manifestava la sua grande umanità: «Con te Sostituto della Segreteria di Stato io mi sento sicuro». Alla fine dell’anno 2000, mi volle Prefetto del Dicastero per i Vescovi e mi creò Cardinale.

Con Papa Paolo vi la mia collaborazione va dall’inizio del 1971 fino alla sua morte (1978), ma i contatti diretti furono pochi; tuttavia egli era al corrente del mio lavoro e ogni tanto vedeva anche qualche mio appunto. Il mio compito era quello di segretario personale di mons. Giovanni Benelli, Sostituto della Segreteria di Stato, per quanto riguardava il lavoro di ufficio, fino a quando nel giugno del 1977 fu nominato Arcivescovo di Firenze.

Il cardinale Giovanni Benelli mi raccontò che, quando pensò di chiamarmi dalla Nunziatura a Teheran in Segreteria di Stato, disse a Papa Paolo vi : «Oltre ai due segretari che ho, ho bisogno di averne un terzo per seguire il lavoro di ufficio ed ho pensato ad una bresciano». Il Papa subito rispose: «Bene, un bresciano. Come si chiama?». Giovanni Battista Re, disse Benelli. E la risposta del Papa: «Non lo conosco». Poi però mi ha conosciuto e mi ha voluto bene.

I miei contatti con Papa Giovanni xxiii , invece, furono davvero pochi, ma sono rimasti profondamente impressi in me. Quando il card. Roncalli fu eletto Papa, mi trovavo a Roma come studente dell’Università Gregoriana ed ero in piazza San Pietro a battere le mani quando il nuovo Papa apparve al balcone della Basilica Vaticana per dare la sua prima benedizione. Qualche mese dopo, Giovanni xxiii ricevette in Udienza il Seminario Lombardo dove io risiedevo. Ci salutò uno ad uno in modo caloroso. Quando arrivò il mio turno e gli dissi che venivo dalla Val Camonica, subito commentò: «La Valle Camonica è terra di fede come quella bergamasca». Il Papa rimase un momento a dialogare col nostro gruppo e tutti restammo impressionati dalla sua bontà d’animo e dalla sua serenità.

Nel 1962, essendo allora alunno della Pontificia Accademia Ecclesiastica, fui chiamato ad essere Assignator locorum durante la prima Sessione del Concilio Vaticano ii , aperta l’11 ottobre di quell’anno. Ognuno dei 2.500 Vescovi aveva il posto fisso, per cui nei primi giorni il mio compito e quello di altri quattro incaricati, era quello di indicare ad ogni Vescovo quale fosse il proprio posto; poi si dovevano distribuire i documenti ed essere a disposizione per aiutare in caso di necessità. Ebbi così modo di essere presente nell’Aula Conciliare per tutta la durata della prima Sessione del Concilio Vaticano ii e, subito dopo, per tre mesi prestai servizio in Segreteria di Stato, in attesa di ricevere la destinazione a segretario della Nunziatura Apostolica in Panama.

Ringrazio di vero cuore Dio per aver vissuto una grande stagione della Chiesa e per aver avuto la possibilità di conoscere da vicino la bontà paterna di San Giovanni xxiii , l’incontenibile ansia apostolica di San Paolo vi e l’intensità della preghiera e la capacità di veder lontano di San Giovanni Paolo ii .

di Giovanni Battista Re